21 dicembre 2021

LETTERA A BABBO NATALE

Pochi regali, ma buoni


ucciero (1)

Progetto senza titolo (10) (1)

Caro Babbo Natale,

è un po’ di tempo che non ti scrivo, ma ora, che qualcuno mette in dubbio perfino la tua esistenza, riprendo la corrispondenza.

Non nego che la mia letterina sia un po’ interessata, dato che, come al solito, ti chiedo qualcosa in regalo, mentre a te non darò niente, salvo qualche promessa, certamente disattesa, di buona condotta. Ma tu ci sei abituato, facciamo tutti così, più i grandi a dire il vero che i piccoli.

In ogni caso, il fatto è questo, che la realtà che viviamo è così lontana da quella che ci immaginavamo negli anni più verdi da lasciarci solo la speranza che ci sia qualcuno o qualcosa capace, con le risorse a noi precluse, di cambiare uno stato di cose che pare quasi immodificabile.

Sì, lo so, che in realtà molte cose sono cambiate da quando hai cominciato il tuo dolce servizio, che la vita si è allungata, che la ricchezza è più diffusa, che i diritti delle persone sono maggiormente riconosciuti, ma a noi contemporanei tutto questo non basta, peggio accresce la sensazione di inadeguatezza ed infelicità. Perché, se tutto questo è vero, è anche vero che altri, drammatici, nuovi problemi si sono aggiunti, per larga parte generati anche dalle soluzioni che pensavamo di aver trovato senza pensare poi di pagarne il prezzo.

Avrai già capito che intendo la crisi ambientale, che pure tu tocchi con mano nelle latitudini estreme dove soggiorni, ma anche alle mille e una diseguaglianze, quelle antiche mai completamente annullate e quelle nuove che toccano in sorte ai giovani, e poi le guerre, le atrocità, le migrazioni di interi popoli, i genocidi. Ma di questo non ti voglio far carico, d’altra parte, come quell’ente che regna dei cieli, ci lasci al nostro libero arbitrio. No, mi accontenterei (si fa per dire) di qualcosa di più limitato, circoscritto al paesaggio attorno a me, locale.

Insomma di Milano, ma non di Milano città, sempre più “impacchettata” come prodotto da vendere sui grandi mercati immobiliari globali, ma della Milano metropolitana, tanto più ampia, complessa, dimenticata, dalla politica e dall’informazione. 

Questa Milano “grande”, tu lo sai bene, ogni santo giorno che viene in terra accorre nella Milano “piccola” e ne produce il valore, poi torna a casa, ma questa grande migrazione quotidiana sembra esistere poco nella mente e nel cuore di gran parte della politica, e non solo. Così, giorno per giorno, mentre degrada la qualità del vivere, sommersa da un sistema di mobilità insostenibile che spreca milioni di ore delle persone dentro scatole di metallo, non si pone rimedio, non ci si pensa proprio, alle questioni che questo modello di vita genera nelle vite, nell’ambiente, nell’aria e nelle acque.

Eccoti allora la mia prima richiesta, il primo dono che ti chiedo per l’anno che viene: per favore, fai capire a chi può, ma anche a chi subisce questa condizione, che così non si può andare avanti, che gestire i problemi di Milano come se davvero Milano terminasse ai cippi comunali è una fesseria in termini logici, un grave errore in termini politici, ed una sciagura disgraziata in termini sociali ed ambientali.

Ti prego caro Babbo Natale, cancella con tratto di carboncino (che se lo è meritato) la legge Del Rio e trova tu un bel rimedio, un nuovo vestito per il governo della “grande” Milano, che riconosca finalmente pari diritti e dignità di cittadini a tutti quelli che già oggi la fanno grande. Certo, non basta un cambiamento istituzionale per cambiare la città “larga”, occorre anche un vero cambiamento nel governo cittadino, nelle azioni e nella visione.

Caro Babbo Natale, noi di Milano, abbiamo un problema. Forse, non sappiamo accontentarci di quello che abbiamo, non sappiamo godere abbastanza per aver cacciato di nuovo la destra lontana dalle leve del governo, ma noi di sinistra, siamo fatti un po’ così, abbiamo pretese “esagerate” e pretendiamo di vederle in atto.

Il problema che abbiamo è che il nostro caro Sindaco, il Beppe, si è un po’ montato la testa. Dopo le elezioni cittadine, pensa davvero di essere il nostro amministratore delegato e va avanti un po’ troppo per conto suo. Ma così fa danni a sé stesso, a chi gli sta vicino e soprattutto a tutti noi. Senza tenere conto del fatto che la sua è una vittoria viziata dalla scarsa partecipazione, si muove come se avesse ricevuto effettivamente il consenso della maggioranza dei cittadini e non dei, molto meno, partecipanti al voto. Così, dispregia il Consiglio Comunale, che non convoca quasi mai ed anche il povero PD, suo maggior sostenitore, è stato messo un po’ da parte un momento dopo il voto. Tutti hanno paura di fare la fine del Maran. Certo, sappiamo bene che fa anche cose buone, che è sensibile (dice) all’ambiente, che difende (dice) i diritti, che tutela (dice) i lavoratori, ma si ha come la sensazione che, non dico spesso ma quasi, che si tratti di dichiarazione di intenti, utili anche per accrescere il valore del brand Milano sui mercati internazionali, ma di scarsa sostanza. Basta farsi un giro nel Far West di Corso Buenos Aires per capire la differenza tra qualità ambientale declamata ed effettiva vivibilità.

Ti prego allora, caro Babbo Natale, fai capire al Sindaco Sala che questo suo ultimo stile di gestione e comunicazione della comune casa municipale non va tanto bene, e che la città si aspetta non solo un decisore ma anche un interlocutore attento a tutte le istanze, senza privilegiare quelle dei soliti noti. Faglielo capire, che deve cambiare toni ed atteggiamenti e che dire al buon Massimo Moratti “comprati lo stadio” se il progetto non ti sta bene è qualcosa di più sgradevole di una caduta di toni. Fagli capire che la discussione in Consiglio Comunale non è una perdita di tempo, che quell’aula (che non è né sorda né grigia), con tutti i suoi limiti, non è da evitare ma da mettere al centro del confronto con la città.

Che poi, sappiamo bene, il vero problema è cosa ne vogliamo fare, di Milano. In questi ultimi anni si sono avvicendati molti progetti, molti tavoli e molte illustri menti si sono impegnate ad immaginare il suo futuro. Noi, siamo piccoli e neri, e come Calimero non siamo tenuti in conto da nessuno, ma un dubbio l’abbiamo, e lo diciamo forte: questa Milano, che scommette da tempo le sue migliori carte sul mercato dei grandi investimenti immobiliari, intrecciando cinicamente attorno ai grandi interessi le parole d’ordine del packaging pseudo ambientalista, potrebbe trovarsi presto con il fiato corto. Noi ci ostiniamo a pensare che Milano non debba ridursi a solo “teatro” dei grandi eventi, ma che la sua principale ragion d’essere debba ritrovarsi nella sua storica vocazione di città dell’imprenditorialità e del lavoro, e che questo suo profilo, così tenacemente costruito nei secoli, debba oggi essere creativamente aggiornato nel vivo delle grandi direttrici dell’innovazione. Qui il PNRR è risorsa chiave, ma non se ne sa niente. Tutto viene deciso in ambiti ristretti ed opachi.

Ti prego ancora di nuovo Babbo Natale, illumina la nostra classe dirigente (politica e non solo), fai capire che non si vivrà per sempre nella replica inesausta di EXPO 2015, dei grandi eventi che fanno marketing e richiamano risorse pubbliche. Porta a chi decide il nostro futuro la consapevolezza del ritardo già oggi maturato nella competizione con altre grandi metropoli, ben più avanti di noi nella generazione di politiche ed ambienti dove scienza, saperi, capitale sociale, sono gli ingredienti per lo sviluppo di servizi innovativi alle imprese, alla pubblica amministrazione, ai cittadini.

Avrei tante altre richieste, caro Babbo Natale, ma mi fermo qui. Perché non vorrei, come qualche anno fa, per aver chiesto in un colpo solo il trenino Rivarossi e la maglia di Sivori, ritrovarmi a piangere leggendo il libro Cuore.

Tuo, Giuseppe Ucciero

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