5 aprile 2021

RECOVERY PLAN – NEXT GENERATION EU

Guardare al tutto olisticamente e non solo alle singole azioni


Transizione ecologica. E’ la parola magica con la quale l’Italia viaggia in corsa (e in affanno) verso il traguardo della consegna del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza a Bruxelles, prevista entro fine aprile. Dopo approvazioni, modifiche, integrazioni e aggiustamenti vari, anche a valle di precisi richiami EU, e dopo le molte critiche al PNRR quale mero elenco di progetti privo di visione d’insieme, strategia innovativa e governance, ora un nuovo governo e ministri tecnici sono al lavoro per correggerne le lacune più evidenti, anche giovandosi dei molti contributi nel frattempo inviati dai territori (enti locali, imprese, parti sociali, …) e dagli addetti ai lavori (ricercatori, professionisti, associazioni di categoria, …) afferenti le 6 missioni individuate: •digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, •rivoluzione verde e transizione ecologica, •infrastrutture per una mobilità sostenibile, •istruzione e ricerca, •inclusione e coesione, •salute.

vallone

In tanti abbiamo approfondito gli obiettivi-azioni-risorse indicati in PNRR (*), anche valutandoli per le necessarie trasversalità culturali-disciplinari-operative, proprio in un ottica di sistema per l’innovazione, come richiesto. Oltre quindi la mera sostituzione di tecniche/tecnologie obsolete (tipo FER vs carbone) ma anche e soprattutto attraverso una decisa riconversione dei processi necessari ad una “messa a terra” di ciò che sia: a) realmente utile e b) compatibile con il sistema ambientale su cui “poggeranno” (per stare in metafora governativa). Sistema ambientale che non è un inanimato supporto fisico ma sistema vivente cui necessariamente correlarsi (analisi-diagnosi-progetto) ad evitare di reiterare uno sviluppo antropico non più sostenibile.

Dall’Antropocene ad una pandemia globale come mai prima vissuta, tra alluvioni e desertificazioni, povertà e diseguaglianze sociali e territoriali, occorre urgentemente riorganizzare il nostro fare quotidiano, come peraltro da anni indicato da innumerevoli trattati internazionali (pur largamente disattesi) e cui il Recovery Fund europeo ora si aggiunge, stanziando oltre 750 MLD di euro di cui più di 1/4 destinato all’Italia. Obiettivo: crescita rigenerativa a favore delle Next Generation EU, per lasciare loro un Pianeta migliore.

La sfida ambientale. Imprescindibile comune denominatore è il paesaggio, sistema di ecosistemi già fortemente compromesso e che necessita di rapidi, precisi, competenti interventi antropici, rinnovati nelle logiche di fondo (economia circolare e sostenibilità ambientale) e nelle metodologie attuative (progettazione integrata + best practice). Per ottemperare agli obiettivi e piani internazionali (dai SDGs all’EU Recovery Plan) e per “restituire al Pianeta più di quanto si prende” occorre una transizione ecologica applicata al sistema ambientale e al paesaggio, più ampia e articolata (per contenuti e scala d’intervento) che non la sola transizione energetica e tecnologica.

Il PNRR sembra invece concentrato su digitale, intelligenza artificiale, wifi, fotovoltaico, mobilità sostenibile, … in una forte – quanto corretta- Transizione tecnologica priva però delle necessarie correlazioni a Biodiversità, Sviluppo equo-sostenibile, Ambiente, One Health, cioè salute e benessere dell’Uomo e del Pianeta, come chiaramente esplicitato negli obiettivi EU e già ben articolato (e da tempo) nei Recovery plan degli altri Stati membri.

Eppure NGEU e crisi ambientale ed economica forzano il Pianeta a virare verso nuove scelte: crescita rigenerativa, inclusiva e sostenibile, parità di genere, coesione territoriale e intergenerazionale tutti obiettivi che non possono che costruirsi sui territori e con le popolazioni locali, valorizzandone le vocazionalità e potenzialità intrinseche, e così promuovendo -oltre il PIL- diversità, bellezza, economia, identità, benessere e il genius loci sempre più a rischio globalizzazione.

Occorre “ricucire” Capitale Naturale e Capitale Umano, rafforzandone i Servizi Ecosistemici in una logica di sistema, olistica e scevra da incoerenti e parziali logiche di settore. Altrimenti il rischio è che in assenza di strategie sistemiche, cui far seguire obiettivi e azioni sinergiche, in un quadro di riforme che li rendano attuabili (tempi/modi), si inciampi in gravi errori e ritardi e che – nei tempi stretti che ci sono dati (5 anni)- si faccia male (magari tra semplificazioni e controlli light) quel che invece dovremmo finalmente fare meglio.

L’occasione è storica e immancabile per realmente rigenerare l’Italia, dalle città ai borghi minori, dalle campagne alle coste, riordinando – come in un vecchio castello avito che sta crollando – il genius loci e la bellezza che il mondo ci invidia. E dentro cui sono e devono essere liberate le energie di tutti, giovani, donne, l’intera società civile che vuole e deve partecipare alla Ricostruzione. Certo bisognerà attivare canali preferenziali, percorsi guidati compresa la necessaria Formazione per il nuovo Fare. Lanciando un piano di Cura del Paesaggio, potremo attivare scuole professionali per il Restauro del patrimonio storico e del territorio, programmi di prevenzione diffusa contro il dissesto idrogeologico, progetti per nuove Reti ecosociali lungo le quali moltiplicare accoglienza, mobilità, turismo, benessere, nuove opportunità di lavoro e economia, anche con e nella Natura.

Fondamentale sarà attivare Skills Match diffusamente e in partecipazione pubblico/privato, per attivare le competenze (e lavoro) utili per le necessità di più urgente risoluzione, dai georischi alla gestione sostenibile delle risorse (acqua, suolo, …), dalla rigenerazione urbana alla valorizzazione delle aree interne, delle coste e dei litorali marini e lacustri, dalle foreste all’agroecologia. E in parallelo anche percorsi di conoscenza innovativi (lauree STEM e corsi professionalizzanti IST) anche precoci (educazione ambientale sin dalla scuola primaria) fondati su nuovi paradigmi culturali e nuove attitudini al fare, compatibile (per l’oggi) e sostenibile (per il futuro e le NGEU), e direttamente rispondenti alle necessità/opportunità di impiego immediato (green jobs) anche per giovani e donne ai margini dei processi produttivi nazionali;

Poi aggiornamento della PA e formazione continua per i professionisti esterni, ed anche percorsi di “accompagnamento” dei progettisti per l’efficientamento dei risultati in termini di incremento della biodiversità (strategia EU/ONU) e resilienza del sistema ambientale (anche oltre il DNSH- Do No Significant Harm). Come fece la Francia oltre 40 anni fa, quando per la costruzione di 40 nuove autostrade emanò una direttiva che obbligava al miglioramento della diversità e al recupero del degrado territoriale, poi seguita dall’ istituzione del Collegio di esperti di Paesaggio e Ambiente diretto dal paesaggista Bernard Lassus.

Ulteriori leve sinergiche all’efficientamento dei risultati, dovranno essere anche quelle fiscali che tra premialità e penalità potranno opportunamente sostenere/promuovere le trasformazioni sostenibili non già tutte indifferenziatamente (cfr superbonus 110% e relative criticità).

Abbandonando facili slogan, Transizione ecologica deve diventare consapevole adattamento alle nuove sfide, in un processo win-win spiegato-condiviso-partecipato, che ci veda tutti convinti e coinvolti nel cambiare anche stili di vita e aspettative (inquinano di più i motori termici o gli allevamenti intensivi?) in un processo innovativo trasversale alle 6 missioni, dalla scuola al lavoro, ai giovani alla salute, e fondato sul sistema ambientale che tutto nutre e sostiene.

A noi sta tutelarlo e valorizzarlo inoculando nelle trasformazioni antropiche del territorio (tutte e ad ogni scala di intervento) il contagio benefico e diffuso di Nature Based Solutions, Green and Blue Infrastuctures, Urban Forestry, Sistemi verdi adattativi, … che possano sviluppare i Servizi Ecosistemici necessari al riequilibrio ecologico-paesaggistico, identitario e socio-economico del nostro Paese. Certamente in coerenza con Green technology e Smart cities, ma non solo.

Flora Vallone

(*) www.catap.eu



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