15 febbraio 2021

IL RECOVERY PLAN A MILANO

Un forum per il dibattito pubblico?


Che il Recovery Plan sia una grande occasione per ripensare la relazione globale tra produzione, ambiente e società, è cosa talmente nota da essere caricata di attese oltre le sue pur enormi risorse. Analoga consapevolezza non possiamo trovarla sulla necessità di un ampio dibattito pubblico, dove cittadini, forze politiche e sociali, associazioni, confrontano visioni, interessi e proposte, favorendo, con lo sviluppo di una maggiore conoscenza dei temi, anche l’elaborazione di un comune mainstream trasversale ed un’articolazione attenta al territorio ed ai suoi bisogni.

Pensiamo a cosa succede, è successo, a Milano ed alla Città Metropolitana. In città, nei luoghi della massima rappresentanza comunale, non se ne parla proprio. Salvo un timido tentativo promosso dalla consigliera Mariastella Gelmini, il Consiglio Comunale non ha ancora dedicato al Recovery Plan alcun vero dibattito, né tantomeno ha elaborato una sua visione: del resto, si sa, l’encefalogramma dell’istituzione è piatto.

Manda qualche modesto segnale di attività elettrico cerebrale solo quando viene chiamato dal Sindaco a sostenerlo, senza se e senza ma. Eppure, si dice, senza Milano l’Italia non riparte, senza il contributo e la capacità di farsi carico della “ripartenza” di Milano, il Paese non potrà superare questa crisi. Lo dice perfino Pietro Colaprico, che certifica il filo diretto tra Beppe Sala e Mario Draghi, o meglio non ne sa nulla, ma ne è assolutamente convinto. Beato lui, che scambia giornalismo per wishfulthinking (mah).

Né molto meglio, le cose vanno nella Città Metropolitana. Se è vero che alcuni mesi fa, sembra passato un secolo, veniva elaborato in fretta e furia dagli uffici competenti un elenco di opere da segnalare ad ANCI, che a sua volta le impacchettava per trasmetterle al Governo Conte, è anche vero che nulla si è più saputo, e neppure discusso, e neppure, che si sappia, ripreso pubblicamente ed approfondito. Eppure il tempo c’è stato.

Dunque le istituzioni politiche cittadine e metropolitane, indipendentemente dalle sensibilità e dai lodevoli tentativi dei singoli, persistono in un torpore tanto grave quanto più lontano dalle necessità, grandi ed urgenti, del momento.

È vero piuttosto che al silenzio dei luoghi deputati alla rappresentanza corrisponde l’iperattività mediatica della star system cittadino, uno spazio principalmente occupato dal Sindaco e condiviso con alcune personalità che, in proprio o conto terzi, gli fanno da corona.

In effetti, si sono moltiplicati negli ultimi tempi gli annunci, le interviste, le comunicazioni, che alludono a quanto e come la città ed il suo “contado” dovrebbero e potrebbero modificarsi, anche grazie all’utilizzo delle risorse del recovery fund. E così via con la “città a 15 minuti”, con la sanità distribuita, con il lavoro che dovrebbe essere offerto nei pressi (ma non si picchiava in testa ai lavoratori, già profeti allora, non disponibili a trasferirsi a 100 chilometri?), mischiando confusamente visioni condivisibili con altre meno, o nulla proprio.

In realtà, la materia del Recovery Fund è ormai pronta a diventare terreno (e greppia) della prossima contesa elettorale, senza però che la città, le sue forze politiche, sociali, culturali, trovino spazi, ambiti, occasioni in cui condividere analisi, valutazioni e proposte.

Eppure le energie, e quante non mancano. Eppure le sensibilità sono pronte sul terreno per sostenere un ampio dibattito pubblico.

Solo pensando all’esperienza di ArcipelagoMilano, sono davvero molte, autorevoli e qualificate le voci che in questi mesi si sono messe in gioco, formando tutte insieme un campo di confronto di assoluto valore. Uno per tutti, mi piace citare il contributo proposto da Giuseppe Longhi, di grande interesse non solo per la validità degli argomenti, non solo per la visione sistemica degli approcci proposti, ma per una certa “insensibilità” agli equilibri opachi dei poteri forti cittadini.

Sembra però di vivere in un acquario, dove le bocche di molti e colorati pesci si muovono, ma non sono intellegibili. Dico socialmente e politicamente intellegibili, dico culturalmente intellegibili in una larga cerchia, dico intese e comprese non da una rarefatta platea di “intenditori” ma da chi è portatore di interessi e da chi è chiamato ad organizzarli: il vastissimo mondo dell’associazionismo, del sindacato, dell’impresa, del welfare, il mondo degli interessi e dei bisogni.

Mettere in contatto idee ed energie sociali è sempre stata la massima questione e sfida per chi ha a cuore non solo la testimonianza intellettuale ma anche la trasformazione sociale, e questo sarebbe, a dire il vero, il primo compito dei partiti in una società moderna.

Così è stato nel secolo scorso, ma sempre meno in questo che viviamo ora. Senza andare troppo lontano nell’analisi dei motivi e delle responsabilità, la presa d’atto è dolorosa quanto obbligatoria, e purtroppo riguarda anche la sinistra, il campo democratico e lo stesso PD, che pare tanto soddisfatto dalla ricandidatura di Beppe Sala da acquietarsi timido all’ombra della sua iniziativa: “basta che ci porti in buca”.

È anche vero però che ognuno deve fare la sua parte, e che agli operatori culturali tocca il compito sussidiario di concorrere nella costruzione dei ponti, dei legami, delle connessioni tra i saperi e le vite delle persone e delle aggregazioni sociali. Cosa tanto più vera, se si considerano la rilevanza dei nodi che tuttora bisogna pur sciogliere per non sprecare l’occasione del Recovery Plan: la visione globale della città post covid, la priorità degli interessi nella allocazione delle risorse, la sostenibilità delle soluzioni, la governance nel rapporto tra ambiti dei problemi e poteri pubblici sul territorio: Una domanda per tutte: come si gestisce la “città in 15 minuti” con una struttura politico amministrativa centralizzata?

Mi pare allora, in definitiva, che ArcipelagoMilano potrebbe valutare un’ipotesi di lavoro che potremmo chiamare FORUM SUL RECOVERY PLAN A MILANO”, inteso come ambito di confronto, approfondimento ed elaborazione, finalizzato ad essere sia un luogo di libera discussione che di connessione tra saperi e bisogni, ma soprattutto di concreta elaborazione di proposte.

Organizzato per temi, il FORUM potrebbe essere uno spazio di dibattito pubblico capace di mettere a fuoco sia una “scatola degli attrezzi” (metodi e strumenti di elaborazione) che un “set di proposte” di intervento, da mettere a disposizione degli attori della vita pubblica milanese, anche e soprattutto diremmo dei soggetti politico istituzionali che, pur dormienti, prima o poi saranno chiamati a decidere, con il Recovery Plan cittadino e metropolitano, anche del nostro prossimo futuro

Giuseppe Ucciero



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  1. fiorello cortianaGiuseppe, avevo lanciato su Milano Ambiente una proposta in sintonia con quella che, giustamente, scrivi su Arcipelago. Direi che si può creare anche una sinergia virale tra testate. https://www.milanoambiente.net/post/milano-un-altro-sguardo-e-possibile
    17 febbraio 2021 • 23:40Rispondi
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