21 gennaio 2021
COSÌ FAN TUTTE DALLA SCALA IN STREAMING
Il Covid non uccide l’opera
È stata alquanto tiepida la critica nei confronti della coraggiosa iniziativa del Teatro alla Scala che sabato 23 gennaio – esattamente 11 mesi dopo l’ultima alzata di sipario del 23 febbraio dell’anno scorso (si dava il Trovatore) subito prima del lockdown – ha riavviato la programmazione riproponendo in live streaming, cioè “in diretta” ma a teatro vuoto, una gloriosa benché vecchiotta edizione del “Così fan tutte” di Mozart. Persino Stefano Jacini, l’amabile e acuto recensore di tante opere liriche, sul suo “Giornale della Musica” ha titolato “Così fan tutte non brilla in streaming”.
Sono rimasto sorpreso perché – pur essendo stato sempre estremamente critico nei confronti della musica non ascoltata dal vivo (e figuriamoci l’opera!) – l’ho invece trovata affascinante e godibilissima e sono riuscito a superare il fastidio dello schermo, probabilmente grazie a una ripresa intelligente che non tentava di imitare il cinematografo ma rispettava il teatro mostrandocelo come lo si vede seduti in platea.
Il “Così fan tutte” di cui parliamo, ancora visibile sulla piattaforma di RaiPlay, è quello del 1982 messo in scena da Michael Hampe con i meravigliosi costumi e le splendide scene di Mauro Pagano, l’allievo del grande Ezio Frigerio morto giovanissimo sei anni dopo aver portato a termine questo lavoro ripreso ora da Lorenza Cantini. Allora era diretto da Riccardo Muti mentre adesso, con un cast totalmente ed ovviamente rinnovato, è stato affidato alla direzione di Giovanni Antonini.
Antonini è un musicista molto serio, nasce come flautista, è il geniale fondatore del Giardino Armonico – lo ricordiamo giovane direttore di quel complesso in alcune splendide esecuzioni della famosa integrale delle Cantate di Bach, organizzata dalla Società del Quartetto – ed è un grande specialista di musica barocca; non ero dunque molto ben disposto nel saperlo impegnato in un’opera del Mozart più maturo, il Mozart che il barocco aveva totalmente lasciato alle spalle, era nel pieno del classicismo e mostrava già i primi sintomi dell’imminente periodo romantico.
Sorprendentemente invece il brio che ha impregnato tutta l’opera, la grande libertà dei tempi (che Muti al contrario rispetta con eccessivo rigore), e la morbidezza con cui ha sottolineato la fragilità dell’animo femminile, hanno dato un magnifico respiro all’opera e le hanno restituito la lievità, l’ironia, la bonomia di cui Mozart e Da Ponte sono indiscussi campioni. Il direttore milanese è stato anche ben assecondato dagli interpreti sul palco, in particolare dalla ventiquattrenne siciliana Federica Guida nella vivace parte di Despina, la servetta che la sa lunga e tiene le fila del gioco insieme al cinico Don Alfonso (Pietro Spagnoli), ma anche dalle due coppie di amanti – Eleonora Buratto e Alessio Arduini, Emily d’Angelo e Bogdan Volkov – le cui vicende perfettamente simmetriche hanno dato spunto alla settecentesca simmetria della costruzione scenica di Pagano e degli eleganti movimenti di scena creati da Hampe.
“Così fan tutte, ossia la scuola degli amanti” – questo il titolo completo dell’opera – prima di essere un capolavoro musicale è un impressionante gesto di amore e di rispetto per la delicatezza d’animo e la dignità femminile, ed anche una denuncia di quanto poco gli uomini conoscano e capiscano delle donne. Non è mai stato messo sufficientemente in evidenza il fatto che i due autori abbiano ambientato l’opera a Napoli, città riconosciuta patria del melodramma, dove centocinquant’anni anni dopo il grande Eduardo tornerà a raccontare l’animo femminile con lo stesso amore e la stessa bonomia. D’altronde come si potrebbe immaginare un Così fan tutte ambientato a Vienna, o anche a Venezia?
A sottolineare l’atmosfera napoletana, la scena è costruita davanti a una vetrata e a una terrazza affacciate su un mare le cui luci sfavillanti cangiano segnando il passar delle ore, in fondo al quale la sagoma di un’isola allude chiaramente a Capri o a Nisida. Ed è da quel luminosissimo mare che giungerà la grande barca che porterà al fronte i due finti soldati e li restituirà alle interdette amanti.
Pare che l’opera abbia avuto in questi giorni un ascolto straordinario, superiore ad ogni aspettativa, e che continui ad averlo, testimoniando così il bisogno disperato che abbiamo tutti di musica, di teatro, di spettacoli colti. Possibile che i nostri governanti e governatori non lo capiscano? Domenica scorsa alle messe di mezzogiorno nel Duomo di Monza ci saranno state cinquecento persone; la sera prima il Teatro alla Scala, per quest’opera, era totalmente vuoto.
Non si potevano ospitare due “congiunti” o due ragazzi per palco, se non altro per non sprecare le enormi energie necessarie a mettere in scena l’opera? Un dotto amico mi ha suggerito che la musica colta forse è penalizzata dall’impossibilità “politica” di distinguerla dall’altra – quella da stadio, delle band e dei cantautori – il cui pubblico è molto più difficile da contenere e da controllare, per le distanze e per l’uso delle mascherine. Se questa è la “sensibilità” della politica …… povero Paese, siamo messi veramente male.
Paolo Viola
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