25 novembre 2020

MILANO. QUALE TRANSIZIONE

Confrontarsi con la realtà


La seconda ondata del Covid-19 ci ha colti impreparati, abbiamo perso tempo illudendoci che il peggio fosse passato. Ci sarà anche inevitabilmente un dopo-covid. Questo non deve coglierci impreparati senza aver avviato per tempo una riflessione.

gennai

Milano, capitale mondiale della moda e del design, è una metropoli italiana, capoluogo della Lombardia. Sede della Borsa Italiana è un polo finanziario famoso anche per i ristoranti e i negozi esclusivi. Il Duomo in stile gotico e il convento di Santa Maria delle Grazie, che ospita l’affresco “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, testimoniano l’eredità artistica e culturale della città.

Introduzione lapalissiana per molti, tuttavia fa bene ogni tanto rileggere, nero su bianco,la vocazione della nostra Città (repetita juvant,mi dicevano), giusto per non perdere di vista quali siano le evidenze che nascondono i “non luoghi”, quelle zone d’ombra in cui una certa vocazione, nasconde o riduce certe complessità.

Passata la prima ondata della pandemia, siamo alla seconda in una Milano ancora stordita e sbigottita, in cui non è facile essere lucidi, ognuno preso a dire qualcosa evitando di dire ovvietà, condizione imprescindibile per salire su un pulpito. La prima cosa che dovremmo imparare da questa pandemia,credo sia ritornare ad ascoltare la parola, cercando di allontanarci dagli algoritmi che ci catalogano e ci condizionano, intendo promuovere il confronto diretto anche via web, anche su una base del nostro Arcipelago Milano, nel quale tutti noi siamo rappresentanti di una civiltà intellettuale.

D’altra parte non possiamo fare a meno di confrontarci con la realtà che ci riserva diversi scenari, partendo dalla Transizione digitale già avviata da qualche mese a Milano,con la sperimentazione del sistema di comunicazione 5G. Mi pare sia del tutto evidente che la pandemia abbia accelerato questo processo necessario al paese per progettare un futuro al passo con gli altri paesi tecnologicamente avanzanti.

Su questo tema, Regione Lombardia ha organizzato l’evento: “Lombardia Digital Summit”, nel quale il 19 Novembre scorso, hanno parlato diversi protagonisti del processo in atto, tra di essi l’Architetto Stefano Boeri, chiamato a dare una sua “vision” del cosiddetto post covid-19, tra i tanti interventi, è quello che mi ha colpito maggiormente perché richiama in parte la mia visione d’insieme, in cui non c’è la sola Milano da prendere in considerazione, ma tutta la cintura milanese e i tanti borghi o piccoli paesi di cintura, pensandoli come luoghi in cui si possa vivere meglio che in città, la quale è vista come un luogo dove un qualsiasi evento inaspettato, possa sospendere la vita, in modo cosi pesante.

Da questa idea più vicina al concetto di transizione generica di quanto si possa pensare, ne deriva un processo che comprende tutto, e questo tutto riconduce alla riorganizzazione di tutto quanto impatta sulla vita della gente, sulla reale possibilità che si realizzi il cambiamento del modo di pensare,per esempio il passaggio definitivo dal concetto di vivere la città al concetto di vivere il territorio, tenendo conto di quali siano le esigenze del cittadino Lombardo, che decidesse di vivere fuori Milano, per esempio lavorando in smart working, studiando in DAD, ma anche recandosi in ufficio al mattino per poi rientrare la sera a casa, in tempi ragionevoli. Non è un caso che molti milanesi si siano comprati una casa fuori città, in luoghi dove si pensi possibile una dimensione del vivere migliore. Su questa linea di pensiero, dovremmo sviluppare il processo di transizione, pensando che ci sia una città da rendere migliore e un territorio di cintura, per molti anni dimenticato, da recuperare definitivamente o migliorare, da anni meta dei cittadini milanesi.

Dunque non c’è solo una transizione digitale necessaria a connettere adeguatamente un territorio ma anche una ristrutturazione globale del sistema di trasporto pubblico, della viabilità stradale e dei servizi necessari al cittadino che volesse andare a vivere il borgo o comunque un luogo fuori città, mantenendo uno standard di vita sostenibile,in sicurezza sanitaria, sicurezza sociale, confort. Una vera e propria transizione dei trasporti.

Non ha caso Boeri parla di una visione medievale in senso positivo, in cui i borghi erano luoghi dove si svolgeva la vita della maggior parte della gente, mentre le città erano dei contenitori in cui si concentrava il potere di un territorio, sia politico che economico, favorito da una grande capacità di connessione con il mondo, via fiume, strade ben fatte, ecc. Dunque una città connessa, che era al centro di un sistema, in un ambiente molto allargato, in cui il territorio era il feudo, un concetto da riprendere in senso buono, nel quale l’espressione della crescita, debba avere standard di vita livellati e comparabili in termini di qualità.

Il trasporto è senz’altro l’aspetto principale di un sistema che funziona, perché essenziale all’esercizio della libertà di spostamento del cittadino che oggi assume anche la necessità di farlo in sicurezza tout court. Per Milano e la Lombardia, vuol dire un investimento epocale, possibile solo con l’arrivo dei fondi europei, per me il Recovery found e non il MES (sul MES vorrei che tutti facessero una ricerca di cosa sia esattamente). Soldi che dovrebbero essere spesi sotto il controllo stretto della Comunità Europea, semplicemente perché sono dei cittadini europei, in questo sono radicale, non credo al controllo italico, troppe volte i soldi sono finiti nei “ buchi neri” della nomenclatura, nei caveau delle Banche, altrove.

Dunque una Commissione che s’insedi nei palazzi della Regione e faccia i dovuti controlli stretti e serrati nei cassetti pubblici e nelle aziende private vincitrici degli appalti necessari, con l’obbiettivo che non avvenga il solito dissanguamento delle risorse pubbliche. Quando si parla di adeguamento del trasporto pubblico, non necessariamente mi riferisco al treno ma al sistema che va dal treno all’ultimo miglio, dunque al taxi o altri mezzi dedicati allo spostamento capillare, cercando soluzioni che vadano incontro a un processo di controllo degli agenti inquinanti, basato su una visione d’insieme, dunque sicuramente non l’auto elettrica che si deve chiamare più specificatamente auto a batteria, anch’essa molto inquinante se si pensa facente parte di un processo e non solo come elemento di riduzione delle emissioni, hic et nunc.

Ricapitolando, c’è una transizione digitale già in atto, dovrebbe attivarsi anche una transizione dei trasporti sinergica a una transizione dell’abitare il territorio e non solo la città, pensando a un sistema dove Milano sia l’epicentro di una rete multicanale, nella quale ci sia un’efficace scambio d’informazioni digitali da A a B, una capacità di trasporto in sicurezza dei cittadini pendolari, dunque non solo un maggiore numero di mezzi e una ristrutturazione della rete ferroviaria e stradale ma anche un cambiamento delle tecnologie di gestione dell’aria all’interno dei mezzi di trasporto pubblico, passante per una cooperazione tra gestori e mondo scientifico e tecnologico, in grado di sviluppare progetti sostenibili a bordo veicoli dove il potenziale di diffusione di virus e batteri è altissimo e non solo per la trasmissione del virus covid-19.

Va sostenuta una transizione dell’abitare, in cui la città sia messa in condizione di ridurre il potenziale d’inquinamento in ogni declinazione, a partire dai sistemi di riscaldamento per arrivare al trasporto su gomma, pensando in primis alle tangenziali come elemento primario di una rete stradale non più adeguato alle prospettive di riduzione delle emissioni, soprattutto da mezzi pesanti alimentati a gasolio.

Infine non posso non fare cenno alle Autorità che dovrebbero controllare l’attuazione di questi processi e il loro stato d’avanzamento. Gli Enti dovrebbero equipaggiarsi di figure professionali adeguate e dovrebbero aprire a forme nuove di partecipazione civica, dando forma a modalità di confronto e controllo favorevoli all’ingresso della Cittadinanza, all’interno degli item decisionali veri e non propagandistici come oggi avviene nella maggior parte degli ambiti partecipativi.

Gianluca Gennai



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