19 novembre 2020

LA TERZA SINFONIA DI MAHLER

La musica in video e un dibattito aperto


I miei lettori potranno sicuramente apprezzare, nell’articolo qui di seguito, la proposta di Eduardo Szego di inaugurare quella sorta di “convivio” (così l’ha argutamente chiamato) fra i musicofili e i musicomani di ArcipelagoMilano con la Terza Sinfonia di Mahler. E ne ha anche suggerito una esecuzione storica, quella dell’Orchestra del Festival di Lucerna del 18 agosto 2007 diretta da Claudio Abbado; una esecuzione che fece scalpore allora e che continua a mietere entusiastici consensi ancora adesso, a tredici anni di distanza, quando la si ascolta in video (sembra proprio una diretta!) su YouTube1.

szego

Dico subito che, a differenza di Eduardo, non sono uno sfegatato mahleriano, ma non posso disconoscere che questa Sinfonia è particolarmente interessante e, delle nove che il maestro boemo ha completato, forse la più complessa ed intrigante. E’ anche la più lunga (dura un’ora e 35 minuti), impiega la voce di un contralto e quelle di due cori, uno di voci bianche ed uno di sole voci femminili, e come sempre un’orchestra molto ampia, composta da 4 flauti e ottavino, 4 oboi e corno inglese, 3 clarinetti e clarinetto basso, 2 clarinetti piccoli, 4 fagotti e controfagotto, 8 corni, 4 trombe, 4 tromboni, bassotuba, timpani, tamburello, tamburo militare, tamtam, grancassa, triangolo, piatti, frusta, 4 campane, 2 glockenspiel, 2 arpe e tutte le sezioni degli archi; più di cento musicisti! Inusualmente è articolata in 6 movimenti, dai tempi e dai caratteri molto ben definiti dall’Autore che li ha così designati:

  1. Kräftig, Entschieden (con forza, deciso)
  1. Tempo di minuetto: sehr mässig (molto moderato)
  2. Comodo, Scherzando, Ohne Hast (senza fretta)
  3. Sehr langsam, Misterioso “O Mensch! gib acht” (molto lento, misterioso “Uomo sta’ attento”) assolo di contralto da “Also sprach Zarathustra” di F. Nietzsche
  4. Lustig im Tempo und keck im Ausdruck, “Es sungen drei Engel” (allegramente nel tempo giusto e vivace nell’espressione, “Cantarono tre Angeli”) per contralto, coro femminile e coro di voci bianche da “Des Knaben Wunderhorn”
  5. Langsam, Ruhevoll, Empfunden (lento, tranquillo, sentito)

Nel programma di sala dello Stadttheater di Krefeld, la cittadina della Renania Settentrionale-Vestfalia in cui – in occasione del festival della “Società Musicale Tedesca” del 1902 – venne eseguita per la prima volta diretta dall’Autore, i sei movimenti venivano così ulteriormente descritti:

  1. Pan si sveglia: arriva l’estate;
  2. Ciò che i fiori del prato mi dicono;
  3. Ciò che mi dicono gli animali del bosco;
  4. Che cosa mi racconta la notte (l’uomo);
  5. Che cosa mi raccontano le campane del mattino (gli angeli);
  6. Quello che l’amore (Dio) mi racconta”

La Sinfonia era stata scritta sette anni prima della sua presentazione al pubblico, durante le vacanze estive del 1895 e del 1896 in Austria, sull’Attersee, mentre Mahler era ancora impegnato a dirigere il Teatro dell’Opera di Amburgo, e dunque prima del suo trasferimento a Vienna (1897) per l’ambito incarico di direttore della già celebre Imperial Regia Opera di Corte (oggi la Wiener Staatsoper) e soprattutto prima di incontrare e sposare (nel 1902) Alma Schindler.

Anni relativamente felici, dunque, che precedono i lutti e le malattie che lo tormenteranno negli anni successivi fino alla morte precoce (a soli 51 anni, nel 1911), ed anche prima di quelle due decisioni, vere e proprie cadute di stile, che lo impoveriranno spiritualmente: l’abiura della fede ebraica con la fittizia adesione al cristianesimo (deplorevolmente necessaria per avere il posto di Direttore a Vienna) e l’imposizione alla sua giovane moglie di rinunciare alla vocazione di pianista e di compositrice per non fargli ombra (quando si sono sposati Gustav aveva quarantadue anni, Alma appena 23 e una carriera di musicista già ben avviata!).

La serenità di quegli anni si riflette molto bene nella terza Sinfonia, priva di grandi contrasti e di pulsioni drammatiche, di cui Giorgio Pestelli scrive che “Mahler intese delineare una sorta di cosmogonia, un grande «poema musicale che abbraccia tutti gli stadi dello sviluppo in ordine progressivo», procedendo a gradini dalla natura inanimata alla vita vegetale, a quella degli animali, all’uomo, e su su fino agli angeli e all’amore di Dio”. D’altra parte l’Autore stesso ebbe modo di dire “la mia (terza) Sinfonia sarà qualcosa che il mondo non ha ancora udito. La natura parla qui dentro e racconta segreti tanto profondi che forse ci è dato presentire solo nel sogno. Talvolta mi sento veramente a disagio e mi pare di non essere io a comporre: proprio perché riesco a realizzare ciò che voglio”.

Tutto ciò premesso, la mia sensazione nel riascoltare quest’opera diretta in modo a dir poco commovente da Abbado (più che dirigere sembra “raccontare” la musica, con lo sguardo e con le espressioni facciali, quasi come se la creasse lui all’istante), è che sia effettivamente un capolavoro, se non altro per due aspetti essenziali: la poeticità delle atmosfere sonore, intime e trasognate (ha ragione Mahler quando dice che la sua musica “racconta segreti tanto profondi che forse ci è dato presentire solo nel sogno”), e la ricchezza e l’intelligenza della orchestrazione di cui era un riconosciuto grande maestro e che pochi altri compositori, nella storia della musica sinfonica, hanno saputo eguagliare.

Una cosa però mi arrovella: la si gode molto, moltissimo, nel momento dell’ascolto, ne siamo estasiati, ma che cosa resta nella nostra memoria dopo averla ascoltata? La musica di Mahler mi fa pensare all’emozionante eruzione di un vulcano che fa fuoruscire dalle profondità della terra gas e lapilli spettacolari che poi rapidamente si disperdono nell’aria senza lasciare traccia; a differenza della lava che raffreddandosi diventa solida e resta per l’eternità sui pendii della montagna (pensiamo alle Sinfonie di Beethoven o di Brahms, giusto per fare un esempio).

Caro Eduardo, so che non sarai d’accordo, e mi porterai l’esempio di Claudio Abbado che ha adorato Mahler, al quale ha dedicato gran parte delle sue energie, e che lo ha fatto scoprire agli italiani; ma Abbado ha anche amato Luigi Nono e disprezzato il povero Puccini (non ne ha mai voluto dirigerne una nota!). Ai Geni, si sa, si deve perdonare tutto!

Paolo Viola



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