11 agosto 2020
I MIEI SOGNI E GLI INCUBI DI MARAN
Riflessioni d’agosto
Ho fatto un sogno a sfondo burocratico perché l’argomento era l’articolo 175 del Testo Unico degli Enti Locali, quello che riguarda le rettifiche al Bilancio di previsione degli enti locali. Spesso si sogna quel che si vorrebbe accadesse e alle volte si è turbati dagli incubi.
Mi son sognato che la mattina aprendo il PC, dove ricevevo i comunicati del Comune ve n’era uno che diceva pressappoco così: “Il Consiglio comunale nella seduta di ieri ha deciso di procedere a una rettifica del Bilancio di previsione così come previsto all’art. 175 del TUEL in considerazione del fatto che il Bilancio di previsione vigente era stato votato alla fine dello scorso anno e ovviamente tra le sue previsioni non vi era quella del Covid e del relativo lockdown.
La Giunta decide dunque di dar corso alla redazione di un elenco di priorità delle attività che comportino spese e che il Comune intende svolgere d’ora in avanti, dando la priorità assoluta a tutte le attività necessarie a far fonte alle più urgenti necessità dei cittadini a cominciare dalla mancanza di reddito e la scomparsa dei posti di lavoro, necessità della cui gravità e dimensione non si è ancora in grado di valutare.
Vengono sospese tutte le attività di pianificazione e modificazione urbanistica e si procederà alla revisione del Piano di Governo del Territorio per tenere conto delle nuove necessità prepotentemente emerse a seguito dell’attuale e non ancora esaurita situazione di crisi.
I lavori pubblici non strettamente connessi con il contenimento dell’epidemia saranno sospesi.
Gli assessori Granelli e Maran si sono allontanati al momento della votazione.”.
Mi sono svegliato e mi sono domandato perché Granelli e Maran se ne siano andati?
Probabilmente perché Granelli ha capito che le nuove piste ciclabili, anche se costano relativamente poco, non c’entrano nulla con il Covid e, questo lo dico io, poco o nulla hanno a che fare con i problemi del traffico. Aggiungo un’altra malevola considerazione: se fossero state tanto necessarie, bisognava aspettare il Covid per farle? Lo stesso ragionamento per la ristrutturazione di Piazza Cordusio: c’eravamo abituati, faceva parte delle piazze non piazze come Piazza Cadorna, tutte molto milanesi. Urgente? Ma forse era la ripartizione Lavori Pubblici a premere, quanto la ripartizione Urbanistica, alla faccia delle periferie al centro.
Quanto a Maran questo stop alla sua politica urbanistica ovviamente non gli sarebbe andata bene e va ad aggiungersi alla congiura di architetti e costruttori- a sentir lui – che lo mettono sul banco degli imputati per le lentezze del suo assessorato nel disbrigo delle pratiche urbanistiche con l’obiettivo in realtà di volerne la testa. Pensa Maran che a costoro alcune sue scelte non siano piaciute e qui sbaglia: gli architetti – non tutti – sono ben contenti della sua attività a favore degli immobiliaristi e così pure i costruttori. Gli scontenti stanno altrove.
Vorrei comunque spezzare una lancia a suo favore: le lentezze del suo assessorato, in parte dovute a una legislazione che sembra nata all’insegna del “non fare”, non è da ieri che viene messa sotto accusa: nel 1972, quando ero vicepresidente dell’associazione dei costruttori milanesi, se ne parlava già. Lui ha ereditato una vecchia grana.
Poi ci sono anche i sogni ad occhi aperti, non necessariamente notturni: uno l’ho fatto qualche giorno fa leggendo l’intervista a Stefano Boeri a proposito del verde, di Forestami e della lotta alle automobili.
Ho sognato un confronto pubblico tra i responsabili di Forestami e l’ACEA, Associazione Costruttori Automobilistici Europei, per metter in chiaro la questione del rapporto tra le automobili e la città. La spinta all’acquisto di automobili è fortissima e impegna la maggior parte del tempo dei comunicati pubblicitari in TV che mostra automobili dove proprio non dovrebbero esserci – arenili, boschi, vette innevate – o dedite a infrangere comunque i limiti di velocità in città.
Non tiro in campo la questione dei pendolari anche se la loro condizione meriterebbe qualche considerazione.
Condivido con Stefano Boeri il desiderio di liberare le nostre città dal traffico automobilistico che inquina non solo l’aria ma anche il “panorama” urbano.
Siamo chiari una volta per tutte: perché ci mettiamo il lutto al bavero quando il mercato automobilistico frena, mentre la nostra anima verde dovrebbe gioire?
La risposta me la dò da solo: l’indotto automobilistico, in particolare in Italia, è fondamentale per l’economia dei Paese.
Le case automobilistiche si stanno tutte orientando verso l’elettrico proprio per mettersi al riparo dall’accusa di essere tra i principali inquinatori urbani ma, come ho detto, è un solo corno del problema.
Comunque il premier Conte qualche giorno fa li ha rassicurati, andrebbe volentieri a cena col presidente di FCA per parlare di automotive “ che in questo momento è una filiera che va sostenuta”.
Sempre nella sua intervista Stefano Boeri dice: «Bisogna avere coraggio, non indietreggiare dietro a qualche malumore di persone che ragionano con una mentalità vecchia». Verissimo ma coraggio per tutti. Se vogliamo città più verdi cominciamo con il ridurre gli indici di edificabilità e aumentiamo gli oneri di urbanizzazione destinati al verde. Perché non si fa promotore di una raccolta di firme tra gli architetti e gli urbanisti? Sarebbe un segnale dirompente. Di chi saranno mai i malumori?
Sempre in questi ultimi giorni chi mi ha stupito è l’architetto Carlo Ratti. Sono un suo assiduo lettore e mi era particolarmente piaciuto il suo Architettura Open Source ma confesso qualche perplessità a cominciare dalla sua intervista che ho citato nel mio editoriale del 28 luglio scorso.
Ora, in un’altra recente intervista, propone di risolvere il problema del folle turismo a Venezia suggerendo un ritorno a un turismo più pacato, meno folla, più genuino interesse culturale (magari di gente un po’ più ricca). Come arrivarci non dice e forse anche per lui mi piacerebbe un confronto con albergatori, tour operator e tutte le aziende che costituiscono la filiera del turismo. Che facciamo? Freniamo il turismo di massa? Un rimpianto dei “Grand tour”?
Gli ultimi dati dicono che nei primi 11 mesi del 2019 abbiamo incassato 42 miliardi di proventi da turismo – ovviamente irripetibile – e non sono certo io favorevole al massacro delle nostre città d’arte e a quella forma di turismo ma temo che gli unici cancelli possibili al momento siano biglietti di ingresso alle città, costosi ingressi ai musei, alle gallerie d’arte, ai monumenti ma questo sarebbe socialmente inaccettabile.
Per finire, e parlo anche per me, tutti quelli che in questi tempi lanciano proposte o danno suggerimenti dovrebbero avere la bontà di collocare le loro idee in uno scenario completo che preveda anche la soluzione delle ricadute negative e il destino di chi da queste scelte resta emarginato, in genere i più deboli, gli invisibili.
Luca Beltrami Gadola
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