15 giugno 2020
CRISI COVID-19 SIAMO STATI LASCIATI SOLI
Dov’era lo Stato? Dove la Regione? Dove la Città Metropolitana?
15 giugno 2020
Dov’era lo Stato? Dove la Regione? Dove la Città Metropolitana?
A conclusione di Milano Data Week, vi propongo la mia relazione alla sessione “Una città aumentata civitas oriented” organizzata dal Center for Complexity Systems & Biosistems dell’Università Statale di Milano, con l’adesione di MondoHonline. Siamo stati lasciati soli dallo Stato e dalla Regione, senza attendibili dati sanitari e ambientali, e siamo stati lasciati soli dalla Città Metropolitana, sempre senza alcun dato a scala territoriale, sociale e ambientale.
Questa mancanza è il risultato di una serie di carenze culturali e politiche:
– poiché viviamo in sistemi, interconnessi, la cui materia prima è l’informazione, senza dati non c’è informazione, non c’è interconnessione. Siamo condannati all’isolamento di cui il lockdawn è stata l’inevitabile conclusione;
– senza informazione non c’è predittività, per cui saremo sempre travolti da prevedibili e previsti eventi dirompenti;
– senza interconnessione e predittività non c’è resilienza, ossia capacità di gestire socialmente eventi complessi, da cui il cinico salto acrobatico dalla fase 1 alla fase 3, salviamo la vecchia produzione (forse), i cittadini anziani, poveri e con disagi siano sacrificati sull’altare di un’idea malata di economia.
In sintesi senza dati, informazioni, interconnessione, predittività e resilienza non c’è empatia, quindi c’è frattura fra gestione pubblica e cittadini.
Chi ci accompagnerà nei futuri eventi dirompenti?
Forse la Comunità europea, a condizione di comprendere il suo palinsesto fondato sul Green Deal, da attuarsi con il bilancio settennale 2021-2027 “EU Budget for the Future” e il programma straordinario per il 2020-2021 “Next generation”, destinato a favorire la ripresa dopo il crollo economico-sociale-ambientale causato dalla pandemia, dal cambiamento climatico, dalla perdita di biodiversità .
La Comunità dunque propone azioni eccezionali di stimolo, sollecitate dai Ministri dell’Ambiente di 17 paesi, che vanno oltre la ripresa fondata sull’usuale, con lo scopo di contrastare tre pandemie: sanitaria (una è in corso, ma altre sono prevedibili con aumento della frequenza), ambientale (per contrastare gli shock in corso del cambiamento climatico, e per affrontare il previsto collasso della catena alimentare entro 20 anni a causa della perdita di biodiversità), sociale (a causa del probabile collasso delle vecchie strutture gerarchiche di governo).
La programmazione comunitaria si basa sul Green Deal, un difficile tentativo di rendere operativi i parametri delle Convenzioni Internazionali sull’Ambiente, promosse dall’ONU, e sulla messa a punto delle opportunità del digitale in chiave civica (tentativo ancora più difficile). Le risorse con cui dare attuazione a tali programmi sono un ‘recovery’ immediato, per contenere i danni della pandemia, una quantità eccezionale di prestiti a condizioni ultra agevolate, per accelerare la realizzazione del Green Deal, cui si aggiunge il sistema resiliente di investimenti previsti dal bilancio ordinario settennale “EU Budget for the future”.
I processi che intende avviare la Comunità sono dirompenti e presuppongono, secondo il Green Deal, l’elaborazione nel periodo 2020-2021, di una serie impressionante di programmi operativi:
Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici;
Elaborazione della strategia per la biodiversità al 2030;
Piano inquinamento 0 di aria, acqua, e suolo;
Piano nazionale per l’energia e il clima;
Piani per la ristrutturazione edilizia e nuove normative per l’uso del suolo;
Piano nazionale di accorciamento della filiera “dal produttore al consumatore”;
Piani settoriali per l’economia circolare, con priorità ai settori tessile, edilizia, elettronica, materie plastiche;
E’ facile osservare che il Green Deal presuppone un sistema organico di piani-riforme che coincidono con le riforme che non siamo stati in grado di realizzare finora, se è sempre utile ricordare il principio comunitario: no programma, no fondi, è da chiedersi come i nostri apparati culturali, amministrativi e politici potranno tenere il passo di tale organico sistema programmatorio, vista la loro storica inefficienza. Infatti, stiamo parlando di programmi la cui urgenza data almeno dall’inizio degli anni ‘70’ (Conferenza di Stoccolma sul Clima).
Il Green Deal è elemento noto, lanciato nel 2010 alla Conferenza di Toledo, con la mia relazione “Una rigenerazione urbana integrata”, ripreso da Mariana Mazzuccato durante la sua permanenza al CISE, e oggi dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, propone il passaggio da criteri di produzione meccanica a biologica, quindi una ristrutturazione sostanziale della base produttiva.
Chi nel nostro paese realisticamente è in grado di gestire tale passaggio? Chi ha tale volontà?
Sulle opportunità del digitale la Comunità intende chiudere il cerchio con il concetto di ‘Digital twin’, ossia di replica in digitale delle infrastrutture. E’ un avanzamento sostanziale per la democrazia, perché offre l’opportunità di una risposta civica sistematica alla predatoria azione delle major della comunicazione.
Ancora, chi nella nostra metropoli si farà carico di un processo d’innovazione di tale portata?
Parafrasando Sciascia: i programmi ci sono, i soldi anche, ma la mente, la mente….
Come ce la caveremo?
Ho chiarito che il centro della strategia della Comunità europea è la realizzazione di azioni strutturali per il cambiamento ambientale, economico e sociale per contrastare pandemie in corso e prevedibili, alla realizzazione di queste azioni è subordinata la concessione di finanziamenti. Questi ultimi, se pur a condizioni agevolate, sempre finanziamenti sono, quindi destinati a incidere pesantemente sul nostro debito, se non realizzano adeguati livelli di produttività. E’ bene ricordare che esistono anche contributi a fondo perduto, ma sono sempre subordinati alla realizzazione di riforme qualificanti.
Per cui, l’efficacia dell’azione comunitaria dipende dalla nostra autonoma capacità di avviare virtuose politiche dirompenti. Qui la realtà è amara, come ci insegna la storia:
Data la storica ‘inefficienza’ nazionale, prevarrà la logica delle interdipendenze comunitarie, da cui dovremo affidarci a un tutoraggio della Germania?
Oppure, prevarrà la logica dei creditori finanziari, da cui un tutoraggio di Draghi, ma con l’incognita della lacuna operativo/programmatoria, che è stato il punto dolente del quantitative easing?
Un’utopia: prevarrà la logica della responsabilità nazionale, per cui i nostri operatori istituzionali faranno un passo indietro a favore di soggetti creativi, capaci di affrontare realtà impensabili?
Una speranza: impareranno i politici a imparare, quindi con modestia affronteranno il problema della loro educazione, per evitarci i quotidiani errori della loro obsoleta formazione lineare?
Sarà di tutto un po’, in un futuro sicuramente difficile, noi educatori possiamo offrire rigenerazione grazie a divulgazione del sapere e messa in rete di soggetti creativi, di cui l’incontro a Milano Data Week è un piccolo campione.
E’ tempo di costruire
La realtà della pandemia ha ribadito una forza storica della metropoli lombarda, la ricchezza delle sua reti sociali (di volontariato, di non profit,….) e la capacità di collaborare fra cittadini, ma purtroppo questa forza non si è ancora consolidata in forme innovative di leadership, capaci di rigenerare un sistema democratico in forte affanno.
Ma l’adesione al Green Deal e ai suoi strumenti operativi (Bilancio 2021-2027 “EU Budget for the Future” e sua anticipazione “Next generation UE”), pone severi problemi di evoluzione dei modelli di governance, che sembrano fuori dalla portata dei soli apparati amministrativi, a livello politico e burocratico.
Almeno a scala metropolitana è auspicabile quindi da parte della pubblica amministrazione un’apertura coraggiosa alla capacità di gestione delle istituzioni non profit perché supportino:
L’adesione ai programmi comunitari richiede indubbiamente un ruolo attivo di supporto ‘civico’ alle amministrazioni centrali (non facile da gestire), ma sopratutto creatività nell’adattare gli obiettivi generali a quelli di un’auspicabile evoluzione della città metropolitana.
Rispetto a questo si possono individuare alcuni momenti:
All’interno di questo si collegheranno i progetti prioritari per l’UE:
– della rigenerazione edilizia, destinata a chi ne ha veramente bisogno e con insediamenti a impatto 0;
– della rigenerazione del sistema sanitario, con la visione di nuove infrastrutture basate sulla miniaturizzazione – portabilità e accessibilità delle cure;
– delle smart grid, per un’accessibilità energetica a fonti rinnovabili di quartiere, che superi l’ottocentesco modello delle reti ‘pesanti’ di distribuzione.
L’adesione ai programmi comunitari diverrebbe così l’occasione per gli operatori sociali di definire una metropoli capace di nuove relazioni fra tutti gli ecosistemi, naturali, sociali, economici, per un rinnovo collaborativo della nostra democrazia.
Giuseppe Longhi
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