4 giugno 2020

MAZZONCINI AMMINISTRATORE DELEGATO DI A2A

Polvere sotto il tappeto e una vicenda che incrocia la questione scali


Eccoci alla “società dello scambio” e dei pupazzi sempre in piedi. Una classe politica che si serve dei “grand commis” per restare al potere e lo stesso fanno questi ultimi per far carriera. Il danno collaterale è che le nuove leve, migliori nei due campi, ne restano fuori.

rigosi DEF

Nel maggio di quest’anno c’è stato un cambio al vertice di A2A la più grande multiutility italiana. Con l’arrivo di Renato Mazzoncini si chiude il cerchio con il Comune di Milano iniziato qualche anno fa quando l’ex renziano era a capo del gruppo FS. Qualche settimana fa il neo amministratore delegato di A2A, Renato Mazzoncini, in un’audizione in consiglio comunale aveva tolto ogni preoccupazione: si continua con il passato fatto di utili e di dividendi, A2A resterà una “gallina dalle uova d’oro” per il comune di Milano.

Nell’ultimo bilancio l’assemblea degli azionisti ha approvato dividendi di 60 milioni di euro ciascuno agli azionisti di controllo, i comuni di Milano e di Brescia, e di quasi 120 milioni al rimanente 49% in mano ai fondi d’investimento e al mercato.

Mazzoncini ha annunciato le strategie del gruppo. Ma non dovrebbero essere gli azionisti pubblici a indicarle?  A2A continuerà in campo energetico a bruciare tanti rifiuti per generare (nel mega impianto di Brescia) tanta energia elettrica e continuare nel trading della stessa.

Settore questo sempre più problematico per la transizione del sistema energetico verso la sostenibilità lanciato dall’ambizioso green deal lanciato dalla commissione europea adesso che il petrolio costa 41 dollari al barile ed è in discesa.

Proseguirà sulla strada dello sfruttamento delle rendite di posizione monopoliste dei servizi comunali (luce, gas, teleriscaldamento e acqua). Più economia circolare e green sono obiettivi ancora lontani visto che fino ad ora finora sono stati ben pochi gli investimenti in nuove tecnologie e sviluppo.

Ne sanno qualcosa i comuni di Cremona, Pavia, Lodi e del Varesotto che da quando hanno ceduto i servizi comunali ad A2A hanno visto solo crescere le bollette di acqua, luce, gas e dello smaltimento e raccolta rifiuti.

Le vecchie municipalizzate di mezza Lombardia (ASM Pavia, Cogeme Rovato, Astem Lodi, Scs Crema) e accaparrate senza gara pubblica dovevano costituire la “Multiutility dei territori” e invece sono diventate delle scatole vuote prive di autonomia.

Il settore delle utility sta pagando a caro prezzo l’assenza di un’efficace e forte regolatore pubblico capace di spingere il settore a innovazione e sviluppo, best practice, e alla determinazione di meccanismi tariffari tipo il price-cap, uno strumento capace di valutare allo stesso tempo diversi aspetti: tutela dei consumatori (e del loro portafogli), qualità e quantità degli investimenti, tecnologia, livelli occupazionali e ricadute ambientali, sganciando le gestioni da logiche autoreferenziali e di parte.

Infine come annunciato dall’ex a del gruppo FS, ci sarà più mobilità nel futuro della multiutulity soprattutto nella città metropolitana milanese. Il tentativo sarà quello di gestire attraverso il consorzio Next Milano – dove A2A è presente – i ricchi trasferimenti regionali del trasporto pubblico locale assieme ad ATM: un accordo tra mobilità, energia e utilitys per evitare la gara nell’affidamento dei servizi di trasporto. In questo modo per Mazzoncini, rinviato a giudizio dalle procure di Perugia e Parma, non sarà semplice continuare il Risiko societario con le FS (presenti anch’esse con Busitalia nel consorzio Next Milano) avviato con l’accordo con il comune di Milano sugli scali ferroviari dismessi e seguito dall’inspiegabile e costoso acquisto da parte delle FS della quota di Astaldi del 36% nel consorzio che ha realizzato in project financing la MM5. Fu un bel colpo per Astaldi che lasciò gli altri partners a grattarsi la rogna di tutti i difetti della MM5 (Viola) in particolare quelli legati al raggio di curvatura del tratto di Garibaldi.

La vicenda Mazzoncini-A2A è tipicamente italiana e fa parte di quel fitto intreccio tra grandi manager pubblici, politica, affari, scambi di favori. Si ha l’impressione che tutto questo assomigli a una grande loggia massonica anche senza esserlo di fatto. D’altro canto nelle varie inchieste sulle logge vi è mai capitato di veder citato qualche alto funzionario dello Stato? Qualche generale?

Pietro Rigosi



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