17 maggio 2020

HOUSING A-SOCIALE E COVID-19

La fragilità del social housing viene a galla


Pare che l’housing sociale sia la panacea per unire pubblico e privato a favore del cittadino e del suo diritto alla casa. Tra le tante criticità di Milano portate alla luce da Covid-19 possiamo contare anche la delega dell’edilizia popolare a soggetti privati, come racconta Giacomo Manfredi.

Manfredi-petr

Il villaggio di Expo ritorna alla città”: così titolava il Sole-24Ore il 26 gennaio 2016 annunciando l’apertura del bando per l’affitto di 93 alloggi sociali nel Social Village Merlata1.

Il 25 gennaio, sempre sul Sole-24Ore, l’allora assessore Benelli dichiarava: L’intervento vuole accogliere giovani e persone che transitano in città. A Milano c’è bisogno di case a prezzi calmierati, e questo può essere l’inizio di un piano da ampliare”. L’intervento – continua l’articolo – del Social Village Cascina Merlata, realizzato in 18 mesi, è promosso dal Fondo Housing Sociale Cascina Merlata gestito da Investire Sgr. Il Fondo è sottoscritto da Cdp Investimenti Sgr (per il 60%), da EuroMilano per il 25%, per il 7,5% da Cnpadc (Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti), e per il 7,5% dall’Associazione Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Ragionieri e dei Periti Commerciali e dall’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Biologi, tramite il fondo Crono.

Un’eredità di Expo per la Milano del futuro che vuole apparire giovane, nuova e accogliente per le giovani coppie e il ceto medio, che prevede quindi progetti di housing sociale per favorire il diritto al restare nel capoluogo lombardo, ma non certo il diritto alla casa.

Marco Sangiorgio, direttore generale di Cdp Sgr, nello stesso articolo appena citato dichiara: “Abbiamo sottoscritto 25 fondi di housing sociale. Stiamo puntando a un programma che metta a disposizione case ad affitti davvero sostenibili. Il nostro programma è di due miliardi di euro. Finora il 65% delle iniziative realizzate riguarda gli affitti a lungo termine”.2

Passano solo due anni e nel 2018 gli inquilini di Cascina Merlata iniziano a incontrare i primi ostacoli alla sostenibilità di questo nuovo modello di abitare. Aumento degli oneri accessori, con conseguente contestazione alla proprietà e il cambio di amministratore di condominio.

Su Idealista.it il 26 marzo 2019 viene annunciata la Fase 2 di Cascina Merlata, con 300 nuovi alloggi a disposizione della città di Milano, per un totale di circa 700 appartamenti. L’Assessore alla Casa Gabriele Rabaiotti saluta la fase 2 dichiarando: “Gli affitti devono tornare ad essere parte integrante dell’economia immobiliare in un momento come questo. Un progetto che mostra visione di insieme anche dal punto di vista della riqualificazione delle periferie, di cui l’aspetto abitativo è solo una parte”.3

A Milano l’housing sociale è ormai diventato il punto di riferimento per l’attuazione di politiche abitative. Non si investe nell’edilizia residenziale pubblica con la costruzione di nuovi alloggi, anche se sono state circa 25 mila le famiglie in attesa un alloggio popolare nel 2018, e più di 10 mila le famiglie che nel 2019 hanno fatto domanda di casa popolare (utilizzando le nuove modalità introdotte dalla legge 16/2016 denominate Servizi Abitativi Pubblici). Ad oggi, meno di dieci famiglie di quelle che hanno fatto richiesta con l’ultimo avviso pubblico hanno ottenuto un alloggio; si preferisce stipulare convenzioni e accordi con i Fondi di Investimento Immobiliare come risposta all’emergenza abitativa nella città.

Alle famiglie con procedura di sfratto in corso, l’Ufficio dei Servizi Sociali per l’emergenza abitativa del Comune di Milano risponde di “provare” a partecipare ai vari bandi di housing sociale promossi dai gruppi fondiari milanesi, come, ad esempio, quelli promossi dagli interventi abitativi di Investire SGR. Viene delegato all’iniziativa privata ciò che dovrebbe essere messo in atto prioritariamente dall’intervento pubblico, non tenendo conto che in molti casi si tratta di famiglie con un reddito non conforme ai requisiti dell’housing sociale privato. In questo modo vengono escluse a priori dalle politiche abitative comunali migliaia di famiglie che vivono e lavorano a Milano e hanno bisogno di una casa in affitto a basso costo.

L’housing sociale, promosso dagli operatori finanziari nazionali e internazionali di investimento, con il sostegno delle normative nazionali, regionali e delle amministrazioni pubbliche locali, ha trasformato anche gli indirizzi pubblici, già fortemente residuali nel settore abitativo, verso operazioni immobiliari sempre più orientate al rendimento o nella migliore delle soluzioni alla sostenibilità economica, favorendo con ogni mezzo la rendita fondiaria e urbana dei grandi gruppi privati. Infatti, gli interventi promossi si appoggiano su convenzioni tra privati, Comune e CDP (Cassa Depositi e Prestiti), nei quali, a fronte di agevolazioni fiscali consistenti e vantaggiose, i privati si impegnano a promuovere “un’edilizia sociale o economicamente sostenibile” a sostegno delle classi medie.

Come scritto da Pierluigi Rancati nel saggio “Le “nuove” politiche per la casa alla prova dei fatti: uno sguardo oltre la retorica del piano casa e dell’housing sociale”:

L’housing sociale può esistere sul mercato solo se gli operatori che la realizzano sono adeguatamente compensati non solo da un concorso finanziario pubblico […], ma anche da ritorni profittevoli sui prezzi di vendita o di locazione degli alloggi, essendo questi ultimi liberi dagli obblighi di servizio che altrimenti graverebbero sulla loro gestione se i soggetti destinatari degli interventi fossero quelli delle graduatorie per le case popolari […]. Un’offerta abitativa di edilizia agevolata e convenzionata ha prospettive di mercato in ogni caso assai complicate, perché in tempi di crisi – come quella che stiamo vivendo in questi mesi (ndr) – anche questo modello d’offerta deve confrontarsi con una capacità delle famiglie di spesa per gli affitti o d’indebitamento per l’acquisto e con una disponibilità dell’amministrazione pubblica in materia di agevolazioni fiscali agli operatori o di partecipazione al finanziamento su basi vieppiù ristrette.”4

Assistiamo quindi molto spesso ad una narrazione che assegna all’housing sociale meriti che non ha, poiché alla prova dei fatti si è dimostrato che gli interventi finora realizzati non hanno risposto se non in minima parte alle situazioni di povertà abitativa alla quale erano destinati. Si tratta di prezzi di vendita e locazione agevolati, utili ad avvicinare a questi “esperimenti di privato sociale” il ceto medio, troppo povero per vivere nel centro della città, ma che potrebbe ottenere invece una soluzione abitativa in luoghi più periferici.

Questi interventi, avendo alla base la necessità di realizzare profitti, nei fatti, indipendentemente dalle intenzioni, hanno privatizzato ulteriormente lo spazio urbano, riducendone la sua funzione pubblica e sociale. È venuto così sempre meno a Milano il ruolo sociale che una città veramente accessibile, inclusiva e democratica dovrebbe gelosamente difendere, come ad esempio la presa in carico delle criticità sociali e abitative che improvvisamente possono scaturire da una crisi economica o di sistema come quella che stiamo vivendo in questi giorni.

Il privato è meglio del pubblico? In realtà il privato promuove unicamente spazi illusoriamente pubblici, che per mantenersi ha necessità di produrre rendita. Il social housing promosso dai fondi immobiliari è un “racconto della città” dove la solidarietà è inchiostro per le convenzioni e i titoli dei giornali, ma in realtà è la semplice mercificazione di luoghi e terreni pubblici nella città metropolitana contemporanea. Un approccio utile a costruire un dualismo tra la casa pubblica/popolare e la casa del privato sociale. Ma l’urbano, la città, nasce e cresce negli spazi pubblici, non in quelli privati, perché nei primi può vivere e crescere il seme della democrazia.

La crisi pandemica da coronavirus non ha ancora spinto i decisori politici ad intervenire in modo sostanziale per un sostegno al canone di locazione delle famiglie che, a causa del lockdown, non sono più in grado di sostenere gli affitti, con il rischio che dopo l’estate aumentino drasticamente le richieste di intimazione di sfratto dei proprietari.

Nel Social Village di Cascina Merlata vivono famiglie del ceto medio cittadino, liberi professionisti, commercianti, lavoratori e pensionati che per poter vivere in housing sociale hanno dovuto partecipare a bandi pubblici, dimostrare di non essere proprietari di casa e avere una stabilità economica per poter garantire il pagamento dell’affitto.

Il lockdown e la crisi economica causata dal Covid-19 stanno già determinando una caduta di reddito sensibile per queste famiglie, che iniziano a chiedersi e a domandarsi in che modo potranno continuare con il pagamento dei canoni di locazione e non perdere la casa. C’è chi è in cassa integrazione, chi ha dovuto chiudere la propria attività commerciale azzerando il proprio reddito e liberi professionisti impossibilitati a lavorare a causa della pandemia.

Il Comune di Milano, a inizio maggio, ha pubblicato un avviso pubblico per misure di sostegno al mantenimento dell’alloggio in locazione anche a seguito delle difficoltà economiche derivanti dall’emergenza covid-19.

Si tratta di uno stanziamento al di sotto dei 3 milioni di euro per sostenere le famiglie che a causa della crisi da Covid 19 hanno difficoltà nel pagamento regolare del canone di locazione. L’avviso pubblico prevede un contributo massimo, fino a esaurimento fondi, di 1500 euro che sarà versato direttamente alla proprietà dell’immobile. Le risorse messe a disposizione da Regione Lombardia e dal Comune di Milano non saranno per nulla sufficienti a sostenere le migliaia di famiglie in difficoltà a pagare l’affitto, infatti i sindacati inquilini hanno chiesto al Comune di Milano di integrare con risorse proprie la dotazione dell’avviso perché tutti gli aventi diritto possano accedere al contributo.

In attesa di risposte certe e di un Fondo Sostegno Affitto, unico strumento efficace per aiutare le famiglie in locazione da parte del Governo centrale, richiesto con vigore dai Sindacati Inquilini, Investire SGR si è limitata a comunicare ai propri inquilini del Social Village che è possibile sospendere il pagamento, dilazionando il canone pregresso con il pagamento dei canoni correnti a partire dal prossimo settembre, così portando in molti casi una spesa tra canone, spese e debito accumulato oltre i 1200/1300 euro mensili. La sostenibilità del canone, così decantata dai loro siti istituzionali dov’è finita?

Un abitare accessibile, a prezzi e canoni calmierati, che al tempo stesso significhi vivere in un ambiente giovane e collaborativo, in cui le relazioni tra le persone e la partecipazione attiva rappresentano un’occasione concreta per il miglioramento della qualità della vita di tutti i giorni”5 si legge sul sito del Social Village di Via Pasolini 19, di proprietà di Investire SGR. Ma la proprietà non pare disponibile ad un accordo integrativo con il SICeT (Sindacato Inquilini Casa e Territorio), che possa andare a sostenere in questo momento particolare e unico le famiglie locatarie, nonostante si stia parlando di un intervento edilizio promosso come housing sociale e che ha ottenuto notevoli vantaggi economici e procedurali da parte della pubblica amministrazione e quindi dallo Stato.

Collettivizzazione degli oneri degli investimenti immobiliari privati e privatizzazione dei profitti derivanti dalla rendita? Un “dejà vu” e, come al solito a pagare gli effetti della crisi saranno i lavoratori e le lavoratrici. Per evitare che ciò accada, sta iniziando a crescere la mobilitazione da parte degli inquilini del Social Village che insieme al SICeT stanno premendo nei confronti di Investire SGR per un incontro per discutere su come affrontare questa crisi sanitaria che oggi è diventata economica e sociale, chiedendo un Protocollo di Intesa sulla definizione delle rimodulazioni dei contratti in essere a causa dell’emergenza da COVID 19.

È necessario che i gruppi che promuovono e gestiscono questi progetti di housing sociale e il comune di Milano, che è attore protagonista in questa trasformazione delle politiche abitative, accettino il confronto per affrontare questa crisi se non vogliono essere sommersi dalla morosità e di conseguenza da sfratti, ed essere i principali artefici del fallimento dell’housing sociale milanese.

I Social Housing dei privati e dei gruppi fondiari milanesi avranno l’occasione per avvalorare o smentire quanto scritto finora, ma i fatti ad oggi raccontano che la possibilità di ridefinire il canone e aiutare le famiglie è esclusa.

Giacomo Manfredi

1“Il villaggio Expo ritorna alla città”. Articolo di Mancini Giovanna del 26 gennaio 2016, Ilsole24ore

2 “Al via il bando per l’housing sociale nel villaggio Expo a Milano”. Articolo di Paola Dezza del 25 gennaio 2016, ilsole24ore.com

3 Cascina Merlata, parte la fase 2 del progetto di social housing a Milano. Articolo di Floriana Liuni del 26 marzo 2019 

4 “Le “nuove” politiche per la casa alla prova dei fatti: uno sguardo oltre la retorica del piano casa e dell’housing sociale” pubblicato in “Abitare in Lombardia ai tempi della crisi” (a cura di Antonello Boatti, Maggioli Editore, 2013)

5 http://www.socialvillagecm.it/socialvillagecascinamerlata/

Bibliografia di riferimento:

Antonio Tosi, Le case dei poveri. È ancora possibile pensare un welfare abitativo? Mimesis editore, 2017.

Francesco Indovina, Ordine e disordine nella città contemporanea. Franco Angeli editore, 2017.

Agostino Petrillo, La Periferia nuova. Disuguaglianza, spazi, città. Franco Angeli editore, 2018.



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  1. La piscina olimpionica adeguatamente supportata da attività di eccellenze si potrebbe realizzare nelle aree di Vaiano Valle dove il Naviglio Vettabia si presta alla scuola di canottaggio. Cominciamo dai residenti adiacenti al Vettabia.L' articolo sulla casa ripropone annosi problemi reali sulla edilizia pubblica, che l' Amministrazione non ha mai voluto affrontate con serietà. Da esperto del ramo, avendo vissuto in prima persona, suggerisco di aprire un serio dibattito sulla gestione dell' Edilizia Popolare a Milano.
    20 maggio 2020 • 15:52Rispondi
  2. luigi caroliMa un posto a Giacomo Manfredi nel Comune di Milano non si riesce proprio a trovarlo? Poi si potrebbe passare all'architetto Consonni. Virus permettendo sarebbe un altro vivere.
    20 maggio 2020 • 19:40Rispondi
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