16 maggio 2020

STUDENTI, DOCENTI, MILIONI A RISCHIO

I vecchi mali di sempre non sono più sopportabili


Il dibattito sulle modalità di riapertura delle scuole è incentrato sulle – molte – difficoltà pratiche che si affronteranno per operare in sicurezza. I grandi assenti dalla discussione sono proprio i fruitori di questo servizio: bambini e adolescenti. Che, se si dovesse procedere con l’idea di alternanza tra e-learning e presenza, perderanno un’enorme “fetta” di contatti sociali fondamentali per il loro sviluppo.

Bergo

I. RIPARTENZA. …e così si riapre. Il virus non è scomparso, né si è attenuato, ma per salvare l’economia s’è deciso che vale la pena affrontare un periodo di convivenza col virus. Non abbiamo ancora visto provvedimenti che indirizzino le attività economiche verso produzioni meno distruttive dell’ambiente in cui viviamo – alla cui già bassa qualità diversi studi imputano buona parte del numero dei morti.

Esperti e politici discutono sui provvedimenti necessari ad evitare una nuova e più grave ondata di contagi o, per lo meno, a limitarne il numero. Ciascuno dovrà rispettare le prescrizioni del governo, ma ancora non abbiamo indicazioni su come funzioneranno alcune istituzioni fondamentali per la nostra salute e per il nostro futuro. Tra queste, la scuola.

II. SCUOLE E UNIVERSITÀ: DIECI MILIONI DI STUDENTI. Scuola e Università sono istituzioni che coinvolgono la vita quotidiana di più di 8,4 milioni di studenti, che passano quotidianamente 6 ore o più chiusi in classi composte come minimo da 26-27 alunni, fino a un massimo di 29-30 alunni più un’insegnante o due, cui si sommano più di 1.700.000 iscritti all’Università (dato 2018/2019) e un numero imprecisato, ma probabilmente compreso tra 1 e 2 milioni tra insegnanti, personale amministrativo e di supporto. Dodici milioni di persone che quotidianamente escono di casa per recarsi presso la loro scuola o università che raggiungono utilizzando, in maggioranza, i mezzi pubblici.

Ogni mattina 8,5 milioni di studenti si assiepano davanti agli ingressi delle scuole, da cui escono in massa e contemporaneamente in tutto il Paese, per riempire nuovamente i mezzi pubblici per tornare a casa. Gli edifici sono strutturati per accogliere nelle loro aule decine, talvolta centinaia di studenti, insegnanti e altro personale. In questi luoghi l’affollamento è la norma: ci si sta gomito a gomito, respirando la stessa aria, spesso viziata, seduti o in piedi a poche decine di centimetri l’uno dall’altro: per questo le scuole e le università sono luoghi ideali per la diffusione di qualsiasi malattia contagiosa tra la popolazione, e bene hanno fatto i governi di quasi tutto il mondo a disporne la chiusura.

III. TECNICA DELLA RAREFAZIONE. Consapevoli che il pericolo del contagio non scomparirà con l’arrivo dell’estate, i cento esperti del MIUR stanno studiando soluzioni tecniche che consentano di riaprire scuole e università, evitando il rischio che diventino tra i principali luoghi di contagio. Si parla di mascherine e orari d’ingresso e uscita scaglionati per evitare l’assembramento. Ma sono sufficienti? Temo proprio di no.

Le scuole italiane furono costruite nell’arco del Novecento, senza alcuna idea che potessero divenire un veicolo di diffusione di epidemie. Gli edifici furono costruiti nel rispetto delle norme di legge edilizie, antincendio e dei regolamenti di igiene, che stabiliscono le dimensioni delle aule e la loro capienza.

Vediamo: il D.M. 18/12/1975, con le successive modifiche e integrazioni, prevede che, in sede di progettazione, ogni alunno abbia a disposizione spazi molto limitati, che variano da 1,80 mq per le scuole materne a 1,96 mq per le superiori. Le norme antincendio, particolarmente severe, impongono di rispettare almeno una distanza di circa 80 cm tra un banco e l’altro, mentre la normativa sulla formazione delle classi prevede che ognuna sia composta da un numero di studenti che varia da un minimo di 17 per la primaria fino a un massimo di 27-30 alunni per le superiori.

Oggi abbiamo nelle aule scolastiche dai 22 ai 28 studenti, con banchi che possono essere molto vicini (Fig. 1). In base alle nuove prescrizioni sul distanziamento sociale, le scuole e le università dovranno garantire di mantenere in ogni momento una distanza minima di sicurezza tra le persone di un metro: non solo quando saranno al loro posto, ma anche durante gli spostamenti. Perciò gli spazi nelle aule dovranno essere completamente ripensati; la disposizione dei banchi e le conseguenti densità dovranno diminuire drasticamente di oltre la metà, probabilmente di 2/3 (Vedi Fig. 2).

Figura 1: schema della disposizione dei banchi in un’aula di 72 mq nel rispetto delle norme vigenti sull’edilizia scolastica: la distanza tra i banchi è di soli 0,8 metri

Figura 1: schema della disposizione dei banchi in un’aula di 72 mq nel rispetto delle norme vigenti sull’edilizia scolastica: la distanza tra i banchi è di soli 0,8 metri

 

Figura 2: schema della disposizione dei banchi in un’aula di 95 mq, con tracciamento dei percorsi obbligati per rispettare la distanza minima di 1 metro tra le persone

Figura 2: schema della disposizione dei banchi in un’aula di 95 mq, con tracciamento dei percorsi obbligati per rispettare la distanza minima di 1 metro tra le persone

Non basterà cadenzare le entrate e le uscite: sarà necessario distanziare i banchi. Per consentire di mantenere una distanza di sicurezza di 1,3 m tra alunno e alunno, è probabile che dovrà diminuire il numero degli alunni per aula. Risulta evidente dai due schemi sopra riportati che, in un’aula scolastica che fino a pochi mesi fa poteva contenere 28 studenti, da settembre potranno trovare posto meno della metà: probabilmente 1/3.

Se le aule attuali potranno ospitare solo 1/3 degli alunni che fino a ieri vi trovavano posto, si dovrà ricorrere alla turnazione degli studenti presenti in aula, combinata con l’e-learning per quelli che non vi troveranno posto, ovvero i 2/3 degli studenti. A turno, gli studenti alternerebbero la frequenza delle lezioni in classe con le lezioni seguite da casa sul computer.

La turnazione unita all’e-learning potrebbe risolvere il problema della eccessiva vicinanza tra le persone in scuole e università. Unita allo scaglionamento degli orari di ingresso e uscita, avrebbe conseguenze molto positive anche sull’affollamento dei mezzi pubblici e sul traffico nelle ore di punta, riducendo anche di 2/3 il numero di veicoli dei genitori che accompagnano a scuola i figli.

Purtroppo, insieme ai vantaggi, le soluzioni tecniche di distanziamento sociale, che a prima vista ci sembrano necessarie per rallentare la diffusione del contagio nelle scuole, comportano molteplici problemi.

IV. PROBLEMI TECNICI, CIOÈ POLITICI. La nostra Costituzione assicura a tutti i cittadini l’accesso all’istruzione e impone allo stato di rimuovere gli ostacoli che impediscano il pieno godimento di questo diritto fondamentale. Oggi l’Italia è il Paese europeo con la maggiore distanza tra le disponibilità di reddito e di servizi tra gli abitanti delle regioni del Nord e quelli delle regioni del Sud; siamo anche il Paese con la maggiore disparità nella distribuzione della ricchezza.

Non sorprende che siamo anche uno dei Paesi più arretrati d’occidente quanto a digital divide. Nel Meridione, ben il 40% delle famiglie non ha un computer o un tablet e la parte più povera della popolazione italiana non può permettersi ad acquistarlo. Si aggiunga che molti comuni d’Italia, anche del Nord, hanno un segnale internet insufficiente a sostenere un traffico internet fluido nelle ore di maggiore uso, rendendo inefficiente o talora impossibile l’insegnamento a distanza.

Ciò significa che lo Stato e chi lo governa dovrà fare uno sforzo eccezionale, e investire importanti risorse economiche per consentire agli studenti che vivono in condizioni svantaggiate di recuperare lo svantaggio, ponendoli in condizioni di parità nell’esercizio del loro diritto all’istruzione.

Perciò, stante la necessità di mantenere le regole del distanziamento sociale, è necessario accompagnare la riorganizzazione degli spazi scolastici, e dei modi di usarli, alla messa a disposizione di tutti gli studenti e scolari che già non li possiedano degli strumenti adatti all’insegnamento a distanza: se dispositivi come computer e tablet, insieme a una connessione internet adeguata, sono diventati indispensabili per l’istruzione, dovranno essere avviati forti investimenti per garantire a tutti gli studenti di potervi accedere.

Assicurare a ogni futuro cittadino la possibilità di esercitare un diritto costituzionale, partecipando alle attività didattiche a distanza, dovrebbe essere una delle priorità della classe politica e del governo a ogni livello. Farlo significa preoccuparsi attivamente del futuro del paese: è necessario, ma non sarà sufficiente, perché ci sono altri ostacoli da superare.

Per quanto riguarda le famiglie i gli studenti: a) innanzitutto le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano fuori casa non possono abbandonare figli minorenni soli in casa, e lo stesso dicasi per le monoparentali; b) l’e-learning non è una modalità adatta ai bambini dei nidi d‘infanzia, delle materne e delle elementari, che hanno bisogno della presenza degli altri bambini e di educatori ed educatrici; c) non tutti gli studenti possono disporre di uno spazio tranquillo per poter seguire le lezioni: per chi vive in locali affollati o ristretti risulterebbe impossibile seguire le lezioni; d) dovrebbero essere fissati a livello nazionale gli standard delle dotazioni digitali e dei programmi cui tutte le scuole e tutti gli insegnanti dovrebbero attenersi; e) moltissimi insegnanti e studenti hanno dovuto imparare da soli a utilizzare, più o meno bene, gli strumenti dell’ e-learning, ma le competenze acquisite non sono ancora sufficienti a garantire un utilizzo efficace ed efficiente di quelli strumenti; mentre molti altri non hanno neppure avuto l’occasione di farlo;

Per quanto riguarda il personale insegnante e il MIUR: f) il MIUR dovrebbe organizzare corsi di formazione obbligatori per tutti gli insegnanti, sull’utilizzo corretto dei dispositivi e dei programmi necessari all’ insegnamento a distanza, con verifica finale; g) ogni aula scolastica e universitaria dovrebbe essere dotata di un computer o altro dispositivo elettronico dotato di telecamera, microfono e dei programmi necessari, oltre che di un buon collegamento alla rete, per consentire la didattica a distanza.

Quanto detto per le scuole, varrà anche per aule universitarie, con una notazione in più, che riguarda gli edifici universitari costruiti a partire dagli anni ’60. Molti prestigiosi atenei sono ospitati in edifici recenti o recentissimi, tutti immancabilmente dotati di impianti centralizzati di trattamento all’aria. Nelle aule e negli uffici di questi edifici, caratterizzati dall’assenza di finestre apribili, la stessa aria viene fatta circolare più volte in tutti gli ambienti.

Sappiamo che gli impianti centralizzati di ventilazione, che si tratti di un aereo, un treno, un ristorante, un’aula universitaria o altro ambiente chiuso, espongono chi li frequenta al rischio di diffusione di patogeni attraverso la circolazione dell’aria; a meno che l’impianto di ventilazione non venga dotato di adeguati sistemi di filtrazione, in grado di abbattere inquinanti e virus, e che questi siano sempre mantenuti in perfetta efficienza secondo protocolli rigorosi.

Essendo difficile immaginare un raddoppio in tempi brevi del numero delle aule e degli insegnanti, bisognerà comunque pensare a un grande piano nazionale per colmare la mancanza di aule conseguente al distanziamento, e costruire una nuova edilizia scolastica, utilizzando aree dismesse e abbandonate per evitare un nuovo consumo di suolo.

In applicazione dei principi costituzionali, il governo dovrebbe prevedere un piano nazionale di investimenti per la scuola, finalizzato a: dotare ogni scuola e ogni studente degli strumenti tecnici e delle competenze necessari a realizzare l’insegnamento a distanza; avviare un piano di riqualificazione degli edifici scolastici, dotandoli delle strumentazioni e infrastrutture digitali necessarie; costruire nuovi edifici scolastici per garantire nel più breve tempo possibile il diritto alla frequenza in aula delle lezioni.

V. VERSO UNA NUOVA UMANITÀ? Il ricorso alla didattica a distanza non sarà sufficiente a soddisfare le esigenze degli alunni: anche perché, nello scarno dibattito attuale, nessuno sembra ricordare che una delle funzioni più importanti della scuola è di abituare gli alunni alla convivenza e al rispetto del prossimo. È a scuola che gli alunni formano la propria esperienza di gruppo, apprendono a costruire una rete di relazioni sociali che, spesso, li accompagnerà per tutta la vita e ne fa futuri cittadini.

Ma di scuole e università, come dei trasporti pubblici, le nostre società hanno sempre più bisogno, e non solo perché sono i luoghi deputati all’apprendimento. Noi siamo animali eminentemente sociali: Enzo Bianchi ci definisce esseri relazionali perché ciascuno di noi cresce e si sviluppa in relazione agli altri. Per questo la dipendenza dei cuccioli umani dagli adulti è così lunga: perché, per diventare umani, abbiamo bisogno di interagire con altri umani per decenni, e buona parte dei nostri comportamenti e delle nostre azioni sono frutto dell’interazione continuata e protratta per decenni con i nostri simili.

Nella civiltà occidentale, per liberare i genitori dalle incombenze della cura e consentire loro di lavorare per produrre, abbiamo delegato molte ore della cura quotidiana e dell’interazione con i figli a un’istituzione pubblica, non diversamente da quanto accadeva a Sparta, dove i piccoli spartiati venivano strappati dalle cure materne all’età di tre anni e mezzo – da noi, si può portare un bambino al Nido a 6 mesi.

È a scuola e all’ università che ogni essere umano occidentale impara a convivere con gli altri, a seguire le regole comuni e confrontarsi civilmente; è solo vivendo quotidianamente coi propri compagni nelle aule scolastiche e universitarie, che nascono e si sviluppano amicizie, iniziative, interessi, amori e passioni che determinano tutta la nostra vita.

A scuola non si “impara un lavoro”: scuole e Università sono i nostri più grandi laboratori collettivi, dove apprendiamo il confronto rispettoso con compagni e insegnanti; a scuola si formano, crescono, fioriscono e si articolano idee e concezioni del mondo che ci porteremo dietro per tutta la vita: è a scuola che si formano i futuri cittadini, siano essi di una democrazia, come di una dittatura.

Questo ruolo fondamentale che la civiltà occidentale ha attribuito alla scuola, non si può sostituire con l’e-learning e l’insegnamento a distanza. Chiudere un bambino o un adolescente, che è già limitato nella sua esperienza relazionale dall’essere un figlio unico, in una camera davanti a un computer per seguire la scuola a distanza, significa limitare drammaticamente la sua capacità svilupparsi psico-fisicamente come essere umano, inibendo la sua capacità e il suo bisogno di costruire relazioni originali con gli altri; è probabile che il suo sviluppo neuro-motorio e psicologico ne subiscano limitazioni e conseguenze non facilmente valutabili oggi.

Poniamo il caso di un figlio unico e adolescente che frequenti una scuola in cui la presenza in aula è suddivisa in tre turni di una settimana. Egli vedrà solo 1/3 dei suoi compagni di classe, senza alcun contatto fisico con loro, mantenendo una distanza minima di un metro, e li vedrà solo una settimana ogni tre. Il nostro adolescente – ma lo stesso varrebbe per un bambino delle elementari o delle materne – vedrebbe i suoi compagni per soli cinque giorni in un mese. Il resto del tempo, lo passerà a casa in solitudine, attaccato al PC o al cellulare.

Già oggi, i dispositivi elettronici sono il suo principale canale di socializzazione e di rapporto col mondo; dimostra scarso o nessun interesse a uscire di casa per esplorare il mondo reale. Da alcune settimane a questa parte, per ogni studente e alunno i dispositivi elettronici con cui passa la maggior parte del suo tempo libero sono divenuti anche il solo canale di contatto con la scuola e la conoscenza. Chiuso in casa per la maggior parte del suo tempo di vita, come potrà farsi degli amici, scambiarsi confidenze, commenti, lazzi e battute? Come potrà innamorarsi, sperimentare le prime apprensioni ed emozioni legate all’innamoramento? Insomma, quali canali avrà disposizione un ragazzino o un adolescente per fondare le sue prime relazioni sociali?

Ripensare la scuola e la didattica non può essere ridotto a un mero problema ingegneristico: non basta scaglionare gli ingressi, diluire il numero di presenti in ogni aula, adottando due turni o più, e fare lezione e correggere i compiti a distanza: siamo di fronte a un problema antropologico, che riguarda lo sviluppo della personalità e delle capacità di relazione dei futuri cittadini occidentali.

Quando si tratta di esseri viventi, abbiamo già imparato che un approccio puramente tecnico non funziona, anzi: a volte, le conseguenze dell’applicazione di soluzioni tecniche a problemi che riguardano la complessità del vivente emergono dopo molto tempo. Solo a mezzo secolo di distanza dall’invenzione del polietilene abbiamo scoperto le catastrofiche conseguenze dell’inquinamento da micro-plastiche sulla vita.

Mi chiedo: che cittadini saranno questi bambini e ragazzi che, nel corso della loro esperienza, avranno provato solo una frazione della vita reale che ha segnato e caratterizzato ogni membro della razza umana?

Luca Bergo



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