29 ottobre 2019
AMARCORD. IL PALAZZETTO DELLO SPORT
Storia di un'area molto forse troppo appetibile
29 ottobre 2019
Storia di un'area molto forse troppo appetibile
Nel 1976 Miano si è dotata di un grande Palazzetto dello sport, in viale Tesio, vicino allo stadio di San Siro, come a lungo aveva auspicato l’assessore Crespi, per aumentare le attrezzature sportive della città concentrate in quell’area. Era un edificio capace di ospitare oltre 15.000 persone, adattabile a diversi sport, ma anche a spettacoli, come diversi concerti di complessi e persino della Scala, che ci rappresentò un’opera di Stockhausen e un Nevskij di Prokof’ev diretto da Abbado.
Il progetto era dello studio Valle di Roma, a pianta circolare, con un basamento inclinato in cemento e una trave perimetrale a forma di sella, in acciaio verniciata di rosso, che fu molto criticato – mentre a mio giudizio era proprio un edificio innovativo. La trave doveva sostenere la copertura in coppelle, agganciate a una maglia regolare di cavi di acciaio. Per motivi che ignoro quella copertura fu messa a concorso separatamente dalle opere civili, dopo che il basamento era stato realizzato, così che non risultava coordinata con la trave di bordo: allora abitavo lì davanti per cui qualche mattina curiosavo in cantiere e ricordo che il capocantiere si lamentava di trovare funi di acciaio che arrivavano alla trave in modo disordinato, per cui metteva in varie parti delle piastre di rinforzo, come se questo non fosse previsto da un progetto esecutivo. Quella trave aveva una sezione rettangolare alta almeno un paio di metri per una larghezza maggiore, dentro ci si camminava bene.
La grande nevicata del gennaio 1985 ha accumulato la neve nella conca della sella di copertura, non smaltita – non so come fossero previsti i pluviali dal centro verso il perimetro -, per cui le funi di acciaio hanno caricato in modo eccezionale la trave di bordo che si è deformata – mentre mi sembra si sia sempre scritto che si erano sfondate le coppelle o incredibilmente strappate le travi. Le deformazioni, specialmente a torsione, rendevano difficile il recupero: si sarebbe dovuto smontare la trave, sostituirla e rifare la copertura a sella, per cui solo un anno dopo si decise la demolizione.
Il comune, con Paolo Pillitteri appena eletto sindaco nel 1986 e con la partecipazione di privati, pensò allora di sostituire quel Palasport con uno nuovo che doveva essere questa volta un edificio plurifunzionale con centro commerciale, albergo, uffici, etc… e pure delle attrezzature sportive, spostate un po’ più a Sud verso Via Novara; forse c’erano anche dei parcheggi interni. Del progetto furono incaricati Virgilio Vercelloni e Aldo Rossi, che proposero un edificio rettangolare orientato Nord-Sud, con quattro torri per lato lungo di cui almeno una era destinata a eliporto. Torri in laterizio, come quelle del centro commerciale a Parma che Rossi aveva finito nel 1984.
L’obiettivo era intercettare in un grande polo urbano commerciale e terziario tutto il traffico che entrava (e entra) dall’asse Ovest di Via Novara. Progetto che impattò con le norme del PRG che non prevedevano quelle destinazioni: già, allora c’era la rigidità del PRG fatto di regole e non la flessibilità del PGT che è piano di “governo”. Per provare a risolvere non fu prevista una variante di PRG, ma una società di ricerche specializzata – mi sembra olandese con sede anche a Milano – fu incaricata di trovare quali destinazioni sarebbero state compatibili, senza poi che la ricerca avesse esito.
Nel 1988 la MM progettò una metropolitana leggera, da far realizzare alla Ansaldo, che doveva collegare i due bracci della MM1, quello Gallaratese e quello Bisceglie, in occasione dei mondiali di calcio del 1990, passando proprio sul lato ovest dello stadio di San Siro e quindi sull’altro lato vicino al progettato Palasport, il che sembrò rianimare la previsione. Anche in questa occasione non se ne fece nulla e la stessa metropolitana, per cui erano stati elaborati molti preprogetti di stazioni, venne abbandonata. Ora, oltre vent’anni dopo e in condizioni urbane, sociali e infrastrutturali molto diverse, sulle stesse aree arriva un progetto che, almeno per le destinazioni previste, sembra assomigliare a quello descritto e avere le stesse finalità.
Paolo Favole
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