15 settembre 2019
STADIO MEAZZA
Ma le ruspe non erano di Salvini?
Una “terrificante” minaccia sta per abbattersi sullo storico Stadio Meazza, dove da quasi cent’anni i tifosi del calcio hanno assistito ai molti incontri appassionati tenutisi in passato. Definire “terrificante” la minaccia di demolizione e spianamento dello Stadio non è espressione esagerata né iperbolica. È la constatazione di una preoccupante realtà, la registrazione di una dilagante e devastante tendenza cittadina; quella di accantonare ed abolire la Storia. La tendenza è davvero “terrificante”, perché mina le basi cultuali e morali della nostra epoca; distrugge i valori su cui si basa la nostra etica sociale; annulla gli esempi del passato dai quali prendere insegnamento e coraggio. Non vi è nessun motivo ragionevole che induca a distruggere lo Stadio; anzi ve ne sono molti che suggeriscono e che impongono di salvarlo e di conservarlo.
Il primo motivo è l’aspetto sentimentale: in una collettività omogenea ed unita questo aspetto merita un giusto riconoscimento ed una attenta considerazione: i sentimenti ed i ricordi che vengono condivisi da una collettività coesa non sono inezie trascurabili e superflue ma rappresentano il cemento che rende la comunità solidale e compatta e di cui essa può essere fiera; costituiscono lo stimolo da cui trae energia ed incoraggiamento. Lo Stadio Meazza è carico di valori sentimentali nobili, entusiasmanti, gloriosi. La sua distruzione è ben più grave della semplice demolizione di un fabbricato; è l’annientamento di un pezzo di storia milanese.
Il secondo motivo è la futilità della proposta e di conseguenza è la gravità della incombente minaccia di demolizione dello Stadio. Non si vedono ragioni oggettive e convincenti che giustifichino una decisione tanto drastica e tanto assurda. Lo Stadio ancora oggi assolve ai suoi compiti egregiamente; se sono necessari piccoli interventi di aggiornamento tecnico questi possono essere introdotti senza rivoluzionare l’intero edificio.
Il terzo motivo è la constatazione che la proposta di demolire lo Stadio non nasce da obiettive ragioni funzionali ma da discutibili ambizioni personali; da una ottusa ricerca di prestigio aziendale, da un insensato desiderio di due associazioni private desiderose di acquisire rinomanza, visibilità, successo. È mai concepibile che ragioni così circoscritte e settoriali debbano attentare ad un bene pubblico, ad un edificio di consolidata rinomanza che da anni è felicemente utilizzato?
Il quarto motivo è il valore estetico dell’edificio che ne fa oggi un raro esempio di geniale ingegneria strutturale. Entrambi i passati ampliamenti a cui esso è stato sottoposto sono ancora oggi una dimostrazione di abilità e di fantasia statica.
Il primo ampliamento, resosi necessario per l’aumento degli spettatori, aveva risolto il necessario incremento delle vie di fuga con la costruzione di numerose rampe sovrapposte e disposte a spirale intorno al volume originario: idea brillante sia sotto l’aspetto economico sia sotto quello estetico.
Il secondo ampliamento è più recente ed è riuscito a risolvere i due problemi concomitanti tanto della copertura sopra le nuove gradinate ulteriormente ingrandite, quanto delle nuove vie di fuga richieste dalla crescita del numero di spettatori. Una gigantesca, maestosa, imponente struttura metallica di travi reticolari è stata posata a sostegno della nuova ed ampia tettoia di protezione del pubblico; la struttura è sostenuta da quattro giganteschi cilindri in cemento armato dentro ai quali sono contenute le ulteriori ed obbligatorie vie di fuga: anche questa è stata una idea brillante sia funzionale sia architettonica.
Nella storia dell’ingegneria per impianti sportivi lo Stadio Meazza possiede oggi un valore incontestabile. Rientra nelle opere di ingegneria moderna di cui Milano può essere fiera e per le quali in futuro potrà aumentare l’interesse e la curiosità dei turisti.
Il quinto motivo è di natura etico-politica: considerata la attuale e preoccupante situazione economica in cui si trova l’Italia e di cui anche Milano risente pesantemente ci si domanda se sia sensata e tollerabile la costruzione di un nuovo stadio quando già ne esiste uno che è rimarchevole sotto l’aspetto architettonico ed è soddisfacente sotto l’aspetto funzionale. Non vi sono sia in Italia sia nella stessa Milano opere civili ben più urgenti e più necessarie? Non ha bisogno la cittadinanza di strutture ed infrastrutture assai più utili e più indispensabili? Sono domande che gli amministratori comunali dovrebbero porsi nell’interesse della intera città e non solo a favore di gruppi privati preoccupati del loro esclusivo e personale tornaconto.
Il sesto motivo è l’invito a valutare a chi procura un vantaggio l’intera operazione: alla città o alle due società sportive che promuovono la iniziativa? La risposta non è difficile: la città non ha nessun bisogno di questa urgente, invasiva, imponente operazione immobiliare, mentre i privati, ossia le due società promotrici traggono proprio da quella operazione un profilo enorme. Nessuno dice infatti esplicitamente che l’intera operazione non si limita alla edificazione dello stadio; di fianco al nuovo stadio ancora da costruire ed al posto del vecchio che si vuole demolire si prevede infatti la edificazione di un grosso complesso di costruzioni per un volume alquanto superiore a quello auspicabile e compatibile con il carattere e con la destinazione della zona urbana occupata. Siamo di fronte ad una vera e propria speculazione immobiliare di cui l’edifico sportivo è solo la foglia di fico che nasconde la invasiva cementificazione di una ampia zona verde, una delle poche ancora superstiti nella cerchia metropolitana ed oltretutto particolarmente preziosa perché strettamente integrata con il vicino complesso del celebre ippodromo di San Siro.
Un Sindaco che sia responsabile del destino della propria città non avrebbe dubbi sulla decisione da prendere: negare drasticamente la intera operazione; impedire la demolizione dello Stadio Meazza; vietare la lottizzazione ad alta densità della intera zona; preservare i terreni ancora liberi da qualsiasi costruzione; creare un ampio parco nella periferia est della città.
All’inizio di questo articolo è stata usata la parola “terrificante”; la quale oltre ad essere appropriata alle operazioni relative al nuovo stadio e agli immobili che gli sorgeranno intorno, diventa ancora più appropriata se riferita al silenzio dei giornali, alla connivenza dei quotidiani, all’imperdonabile apatia dell’opinione pubblica; alla disinformazione dei mezzi di comunicazione (stampa, radio, televisione); alla generale e pavida acquiescenza in cui è sprofondata la nostra società civile.
Fatta eccezione per gli encomiabili e solitari articoli comparsi in uno degli ultimi numeri di Arcipelago Milano nessuno ha sollevato dubbi, perplessità, sconcerto per la intera vicenda.
In questo succube mondo contemporaneo diventa davvero “terrificante” la totale incapacità di protestare, di reagire, di ribellarsi.
Jacopo Gardella
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