30 giugno 2019

SI RIAPRE LA STAGIONE URBANISTICA MILANESE

Intorno agli obiettivi strategici del PGT


Evito ogni considerazione sullo scarso potenziale di efficacia di quanto enunciato nel Documento di Piano, strumento di cui conosciamo i limiti, che, nel caso di Milano sono forse accentuati dalla dimensione dei fenomeni e dalla sostanziale conseguente vaghezza degli obiettivi rispetto della complessità dei fattori in gioco. Il problema si sposta infatti prevalentemente verso l’efficacia degli apparati regolativi espressi dal Piano delle Regole e della loro coerenza e capacità di orientare e condizionare efficacemente i comportamenti dei soggetti che operano nella città (Amministrazione Pubblica in primis) determinando conseguenze in linea con il quadro di obiettivi descritti nel D.P.

Grande Milano (SRN 7A)

In ogni caso, il Documento di Piano della “riedizione 2019” del PGT di Milano articola in cinque punti il quadro dei propri obiettivi: La dimensione metropolitana del Piano, l’esaltazione delle capacità attrattive e inclusive della città, la volontà di puntare ad una città vivibile e resiliente, insieme a quella di preservare e sostenere i caratteri di identità delle componenti urbane e la spinta a favorire la rigenerazione urbana. Cosa c’è che non va e cosa si può osservare

1. La dimensione metropolitana del piano viene conclamata ma è vista solo nell’ottica di rafforzare e incentivare gli insediamenti nel capoluogo, in rapporto con la presenza di infrastrutture di mobilità e in corrispondenza dei principali interscambi con i flussi provenienti dall’hinterland. Mancano del tutto gli accenni all’avvio di concrete politiche di area vasta, condivise con le Amministrazioni comunali dell’Hinterland e frutto di sostanziali accordi che ne assicurino le attuazioni (… presa d’atto del fallimento dell’istituzione “Città Metropolitana”, certo, tema imbarazzante visto che il Sindaco di Milano è contemporaneamente a capo dell’istituzione metropolitana…).Quella che si impone è quindi sempre una visione milano-centrica e a guidare le decisioni di piano è sempre e solo quanto viene stabilito dal e nel comune capoluogo, con tutto il peso del suo potenziale!

2. Le aree corrispondenti ad ambiti che offrono opportunità, ma anche connotati da gravissimi problemi di recupero e di inclusione, per non parlare delle diverse volontà espresse dai soggetti e dalle parti in causa più disparate (vedasi il destino della Piazza d’Armi). Non c’è dubbio che si tratti di opportunità, ma talune sono così “acerbe” che andrebbero collocate su prospettive temporali così lunghe da meritarsi una diversa considerazione in un PGT.

3. Al fine di conseguire una città vivibile e resiliente si indicano azioni sul sistema del verde e, in particolare si proclama la volontà di ampliarne la presenza nel tessuto urbano e la dimensione complessiva. Si accenna ad una non meglio specificata fusione fra Parco Nord e Parco Sud dimenticando e sottovalutando la profonda differenza che sussiste fra i due Parchi Regionali.

Come infatti è noto, mentre il Parco nord si estende e opera su aree esclusivamente di proprietà pubblica, ne governa gli impieghi e ne cura la gestione e la manutenzione, il Parco Sud (esteso su oltre 46.000 ha nel territorio di 61 comuni) esercita i propri effetti su aree agricole, di proprietà di soggetti che vi svolgono attività economiche rilevanti, che devono essere condotte a finalità di interesse collettivo capaci di aggiungere alla redditività aziendale la creazione, la cura e lo sviluppo di ambienti e di paesaggi periurbani compatibili anche con la fruizione da parte dei cittadini, ecc.

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Insomma il Parco Nord è un organismo di gestione del verde pubblico, il Parco Sud è una entità che richiede competenze e funzioni del tutto diverse, dovendosi occupare di promuovere azioni indirizzate ad obiettivi di interesse certamente collettivo, ma per le quali i soggetti attuatori sono tutti quanti privati e motivati da obiettivi spesso divergenti da quelli propri del Parco.

Tutto questo tema meriterebbe una trattazione approfondita, ma mi limito qui a richiamare un aspetto ancora del tutto trascurato: l’obbligo per il Comune di Milano (obbligo fissato dalla normativa del PTC del Parco Sud ed inevaso fin dalla prima adozione del PGT) di predisporre i cosiddetti “Piani di Cintura Urbana” per le aree ricadenti all’interno del perimetro del Parco Sud e dal relativo PTC classificate come “Territori di Cintura Urbana”.

Questo compito è ben definito dall’art. 26 delle NTA del Parco (…sono Legge regionale!) nel quale, oltre ad indicare nell’Ente Parco il ruolo di “promotore” si indica chiaramente che i Piani di Cintura Urbana (che riguardano la totalità delle aree in Parco Sud collocate fra i tracciati delle Tangenziali e la periferia urbana di Milano) devono essere redatti “a partire dall’iniziativa pianificatoria dei Comuni”. E cos’è mai l’iniziativa pianificatoria dei comuni se non il relativo strumento di pianificazione, vale a dire il PGT?

Questo concetto mi è particolarmente chiaro perché, in sede di formulazione della normativa regionale (correva l’anno 1999), alla quale partecipavo in qualità di responsabile scientifico del progetto di PTC del Parco, l’argomento fu ampiamente dibattuto e la conclusione fu trovata concordando sul fatto che le decisioni pianificatorie: azzonative, morfologiche e gestionali, nelle aree a più diretto contatto con le frange della periferia milanese non potessero essere svolte da altri se non dal Comune di Milano. Sono passati 20 anni e ancora il Comune di Milano tiene nei cassetti (supposto che li abbia conservati) i documenti relativi all’imponente lavoro di conoscenza e proposta elaborati, in collaborazione con il Parco, ancora per la prima versione del PGT negli anni 2005-2013.

Per ora, l’elemento forse più appariscente è l’insistenza con la quale si proclama una riduzione del cosiddetto “consumo di suolo” operata dal PGT, che, in pratica, non è altro se non la conferma dell’uso agricolo di alcuni ambiti contigui al perimetro del Parco Sud, con conseguente sospensione dell’efficacia di diritti volumetrici pregressi (?) in vista un diverso “atterraggio”, tutto da rivedere e da concordare, degli stessi “diritti” (si tratta, per intendersi, alle aree “ex Ligresti e ora Unipol). Tutto ciò a fronte del dilagare nel Parco Sud, degli usi impropri e delle attività abusive, la cui estensione è in continuo aumento. Invito chiunque ad esercitare un controllo, anche superficiale, semplicemente confrontando le fotogrammetria satellitari alle diverse date, ormai a disposizione di tutti, con lo stato attuale.

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Verificata l’attenzione posta dal Piano delle Regole ai temi del recupero degli edifici degradati, non si coglie nessun analogo segnale di attenzione nei confronti degli usi impropri delle aree classificate come agricole nel Parco Sud.

1. La ricerca dei caratteri di identità delle componenti urbane e gli “88 quartieri” indicati al fine di esaltare le specificità delle diverse parti della città può essere uno strumento utile per la riconoscibilità delle diverse parti, fisiche e sociali, che compongono il tessuto urbano. Caso mai occorrerà capire come se ne intenderanno rilanciare i caratteri positivi o correggerne le cadute di valore.

L’obiettivo di sostenere la qualità urbana attraverso la riqualificazione dei “nodi” lungo la circonvallazione può essere considerato un primo tentativo di allargamento degli “attrattori” alle aree più periferiche. Ma non dimentichiamo che, contigui al perimetro della città ci sono i comuni di prima fascia che hanno problematiche di emarginazione e di identità non dissimili dai quartieri che Milano considera “periferici”.

2. Il tema della “rigenerazione urbana” costituisce un capitolo rilevante del Piano ma ne è al contempo uno spazio d’azione complesso e da verificare attentamente in corso di applicazione dei dispositivi normativi. Non appare infatti particolarmente convincente l’accenno alla ricollocazione di 3.000 alloggi popolari nelle aree degli ex scali ferroviari (dove? come? Quando?) così come appaiono problematiche le misure sugli edifici classificati come abbandonati o degradati. Oltretutto, proprio il tema della rigenerazione degli scali ferroviari, che si configura più come una anticipazione di accordi con F.S. che con reali programmi operativi, sembra essere un ulteriore fattore di problematicità.

Pier Luigi Roccatagliata



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