21 giugno 2019

LA RAI IN ESTATE. CHE NOIA! MA FORSE NO

Gioie e dolori dello spettatore estivo


Martedì 18 giugno 2019. Scorri la programmazione televisiva serale e vedi che Rai1 alle 20.30 propone Italia-Brasile, campionato del mondo di calcio femminile. Rai2, nel preserale, il Campionato Europeo Under 21 (Francia–Inghilterra). Su Rai4 all’ultimo momento la serie tv “Rosewood“ viene sostituita da Venezia-Sassari, gara 5 dei playoff del campionato di basket, serie A maschile. Su Rai 3 dopo “Un posto al sole“, l’attualità di “Cartabianca“. Giuseppe Verdi con “Aida“ su Rai 5 . Il film “I nuovi mostri“ su Rai Movie. “Documenti “ su Rai Storia. Una giornata certamente particolare nella quale si sono concentrati numerosi eventi sportivi. Alcuni di crescente interesse, come i mondiali di calcio femminile: 7 milioni 325.000 spettatori (più di quanti non ne avesse fatti la Nazionale di Roberto Mancini) con share del 32,9 per cento per l’indolore sconfitta delle azzurre di Milena Bertolini.

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Ogni estate le lamentele da parte degli utenti, non mancano: come mai i programmi estivi dell’emittente di Stato risultano impoveriti? Come mai tante repliche? Provo ad offrire qualche chiave di lettura .

La prima: i grandi talk show durano per contratto otto mesi, dall’autunno a giugno. Poi vanno in vacanza. A volte “mantenuti“ nel nome ma con programmazione e volti differenti, fino alla ripresa ufficiale .

La seconda: è normale che durante i mesi estivi si attinga all’archivio e al magazzino. Così fanno tutti i network.

Il pubblico televisivo, d’estate, si frammenta. Resta per lo più stanziale quello degli over 70, fedeli a questo o a quel canale, a questo o al quel programma anche se “replicato“. Ma il pubblico più giovane, d’estate, esce di casa. Cena fuori, si concede la movida, va a teatro, ai concerti, lascia la città per mete in Italia o all’estero. Per vacanze sempre più corte, non più concentrate su due/tre settimane ma distribuite su più mesi.

Le città (metropolitane e non) offrono, in ogni caso, una pletora di opportunità. A Napoli recentissimamente è stata presentata una programmazione con oltre 200 eventi. Inevitabilmente i palinsesti televisivi risentono dei dati auditel. E inevitabilmente è facile trovare, d’estate, le “serie“. Dai classici con Totò, agli immancabili western d’autore, dai thriller, al sempre verde 007 James Bond. Costano poco e fanno intrattenimento.

Mi ha spiegato Aldo Vitali, direttore di Tv Sorrisi e Canzoni: “Durante l’estate gli ascolti si abbassano. Anche gli inserzionisti pubblicitari pesano diversamente il proprio posizionamento. La cosa è fisiologica. Poi c’è, nel periodo estivo, un trasferimento dalla tv generalista a realtà tipo Netflix.

Tendono a resistere in questo contesto i reality che tra l’altro hanno un basso costo di produzione“. Ci si chiede perché non venga offerto maggiore spazio a certe suggestioni. La prosa ad esempio è troppo “lenta“ nella regia. Parlo di quella attuale. Quella degli anni Sessanta lo era anche di più. I registi non avevano percezione delle “pause”. Ma era diverso anche il pubblico. Meno impaziente, insofferente, smaliziato rispetto a quello cresciuto a smartphone e videogame.

Grande successo, peraltro, hanno ottenuto e continuano ad ottenere le schegge di Techetecheté, titolo inventato da Pasquale Panella paroliere di Lucio Battisti per l’Acess Prime Time di Rai 1. Nato nel 2012 e realizzato da decine di autori, Techetecheté porta nelle case degli italiani la televisione che fu. In bianco e nero o dagli ormai sbiaditi colori. Gli ascolti si sono rivelati molto buoni: mai sotto i 2 milioni e mezzo, non di rado sopra i 4.

Ogni stagione viene proposto un diverso titolo. La serie del 2019 dice: “Il meglio della tv“. La puntata del 17 giugno dedicata ai “musicarelli“ ha fatto registrare 3.340.000 spettatori, con share del 15,86 per cento. L’affetto nei confronti del programma nasce dalla nostalgia. Dal “come eravamo“. Ma anche, se non soprattutto, dalla qualità, (sovente irripetibile) delle occasioni che “quella“ Rai sapeva costruire .

Alcune immagini risultano inevitabilmente datate. E lo straordinario trasformismo di Alighiero Noschese, non riesce a “graffiare“ come un tempo. Troppo lontani quei personaggi della cultura, della politica, della stessa televisione: a volte si ha difficoltà a “collegarli“. Ma se ti capita Alighiero abbarbicato ad un missile che gracchia: “Qui Nuova York, vi parla…”, non hai dubbi. Quello che parla è certamente Ruggero Orlando.

Momenti irripetibili: Mina con Giorgio Gaber in “Io mi chiamo G“ nello show del sabato sera (“Il mio papà è molto importante”; “Il mio papà, no“). Ma anche Mina con Lucio Battisti. Mina con Alberto Lupo. Mina con Alberto Sordi. Mina con Adriano Celentano.

Nino Castelnuovo faceva Renzo Tramaglino. Il Trio (Marchesini, Solenghi, Lopez) faceva di tutto. I Cetra facevano il Trio prima del Trio. E poi Troisi e Lucio Dalla. Il reuccio Claudio Villa. E Soldati che viaggiava in Italia “alla ricerca dei cibi genuini“. A Sanremo Gigliola Cinquetti “non aveva l’età“. Ma Modugno, Armstrong e Paul Anka ce l’avevano e, come la ragazza di Verona, spopolavano.

Mike strizzava i concorrenti in cabina. Arbore “cazzeggiava“ nel geniale “Quelli della notte“. Pasolini incalzava Giocamo Bulgarelli sul tema dell’omosessualità. Ma soprattutto c’era Mina: mai avuta, in Italia, una così.

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La Rai democristiana di Bernabei metteva la calzamaglia alle Kessler, ma non aveva timore di addentrarsi nella miseria delle borgate. Estate: tempo di repliche. Dove sono di rigore giacca e cravatta, non l’eccentricità di un foulard o di un “dolce vita“. Mancano i fuoriclasse. E non solo in televisione. Sul Corriere della Sera del 18 giugno Aldo Grasso, illustre critico televisivo, commentava così il talento di Carlo Conti, ( “Ieri e Oggi“ in programma alle 22.30 su Rai3) simbolo dell’italiano medio: “Carlo Conti è la perfetta raffigurazione del ritratto dei nostri limiti e, paradossalmente, proprio per questi limiti, noi spettatori avvertiamo la sincera possibilità di essere al suo posto“. In fondo è sempre stato così.

Indro Montanelli è stato il Maradona dei giornalisti perché giocava fuori dal coro. L’ultimo peso massimo, alla Rai, categoria intrattenimento, è stato Pippo Baudo. Enzo Biagi, categoria giornalismo, con “Il Fatto“ inventò 15 minuti di approfondimento post tg che ancora vengono studiati nelle università di mezzo mondo. Spiega Aldo Grasso citando Umberto Eco : “La tv non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman, ma l’everyman, l’uomo qualunque, il vicino di casa“.

Mi fa notare Aldo Vitali: “Carlo Conti è a tutti gli effetti l’erede di Pippo Baudo, l’uomo che ha rivoluzionato la televisione italiana. Conti ha l’accortezza di mettersi sempre di lato. Di essere anche spalla del comico o del mattatore di turno. E’ la sua forza: quella che gli ha fatto ottenere l’affetto del pubblico“.

I programmi estivi della televisione (la Rai e le altre ) sono spesso fondi di magazzino? Lo sono. Ma non infrequentemente si tratta di sontuose “chicche“. Credo serva vedere le cose in prospettiva. Un gol (oggi) di Barbara Bonansea, potrebbe diventare la “chicca“ di domani. Mettiamo il gol vittoria, in finale, al mondiale che si sta giocando in Francia. Non sarebbe “divino”, come direbbe Holly Golightly?

Andrea Bosco



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