29 marzo 2019

CITTÀ METROPOLITANE, IL LUNGO OBLIO

Nel dibattito sulle Autonomie colpisce l’assenza di un tema importantissimo


Nel confronto sulle proposte di assetto istituzionale, in atto tra Governo e Regioni in relazione all’attribuzione di forme e condizioni particolari di Autonomia differenziata, risulta paradossale l’assenza del tema relativo alle Città Metropolitane con l’elezione diretta dei loro organi: sindaco e consiglio, così come quello delle risorse per il governo dei sistemi e delle loro reti: idriche, energetiche, dei rifiuti, agroecologiche, viabilistiche, informazionali. È altresì insufficiente che il sindaco metropolitano sollevi la sola contraddizione relativa alla relazione tra Regione e comune capoluogo. Qui più che i campanilismi è la messa in discussione del principio della Democrazia Rappresentativa a costituire il freno dell’inveramento di ciò che è previsto dalla stessa Costituzione.

Colpisce tanta miopia politica, accompagnata da autoreferenzialità personale: Fontana è stato sindaco e presidente dell’ANCI Lombardia, Sala è anche il sindaco della Città Metropolitana. Eppure il caso metropolitano milanese e il suo compimento costitutivo, in relazione con le esperienze europee e nazionali, dovrebbe costituire un elemento di qualificazione del processo per le autonomie. Milano è oggi una tra le principali metropoli europee e nel mondo, che produce il 13,5% del PIL, la cui area di relazioni quotidiane reali non trova alcuna corrispondenza normativa e amministrativa. Piuttosto, la Città Metropolitana di Milano è l’esito residuale di quella che fu la Provincia di Milano.

Milan seen from the ISS in 2015

Eppure la continuità dell’urbanizzazione infrastrutturata territoriale e il cadenzamento quotidiano delle relazioni economiche e lavorative, così come quelle dei servizi e del sistema formativo e della ricerca, ne disegnano un perimetro ampio e persino extra regionale ed extra statuale, da Novara a Piacenza, fino a Lugano.
La creazione di organismi di governo metropolitano in diversi Paesi del Mondo ha teso a corrispondere con il perimetro reale dell’area metropolitana: ad esempio l’Umlandverband
Frankfurt (UVF), la Communauté urbaine de Lyon (Courly), l’Ámbito Metropolitano de Barcelona (AMB), lo Storstockholm.

In Italia prima è stata negata de jure l’esistenza de facto delle aree metropolitane secondo lo schema Nazione–Regione–Provincia–Comune. Con la legge 142/90 “Ordinamento delle autonomie locali” furono riconosciute giuridicamente, poi le Città Metropolitane sono anch’esse state inserite nel Titolo Quinto della Costituzione.
Con legge Delrio,  “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”, non solo la metropoli milanese fa i conti con una perimetrazione non corrispondente, ma lo fa senza funzioni e poteri chiaramente definiti, a partire dai suoi organi elettivi che non vedono i cittadini esercitare il diritto di voto per esprimere consiglio, giunta e sindaco. Sono esterne all’area metropolitana milanese la direttrice storica di conurbazione industriale milanese quanto italiana, la Milano-Sesto San Giovanni-Cinisello-Monza, una continuità urbanizzata ad altissima densità, così gran parte del distretto industriale del Sempione e l’aeroporto intercontinentale di Milano Malpensa, nonché il distretto delle filiere agroalimentari della Lomellina e del Lodigiano. Come si diceva, un’area metropolitana che produce il 13,5% del PIL nazionale, con una intensità qualitativa che funge da traino per il Paese, con 800.000 veicoli che ogni giorno entrano nella cinta daziaria di Milano, sommati agli oltre un milione di city user quotidiani. Quello che manca è il governo unitario di questo sistema di relazioni. Basti pensare che la sospensione della circolazione dei mezzi privati inquinanti, nei giorni di sforamento assoluto dei limiti di legge per le emissioni in atmosfera, viene decretata senza alcun potere prescrittivo, così alcuni comuni la fanno ed altri confinanti no: senza senso e senza effetti tangibili. Che senso ha per Saronno e Vigevano ricadere amministrativamente nelle Provincie di Varese e di Pavia, quando la loro quotidianità relazionale è con Milano? Perché è stata istituita la Provincia di Monza e Brianza se la sua area urbana è strettamente parte della conurbazione dell’area metropolitana milanese, con intense relazioni manifatturiere con il design è il relativo marketing ambrosiani? Perché l’aeroporto glocal di Malpensa è in provincia di Varese, quando le relazioni infrastrutturali e di passeggeri/merci sono essenzialmente con Milano?

Così l’Area Metropolitana di Milano, la più ampia, popolata ed economicamente rilevante delle aree metropolitane italiane, sia per il settore industriale che per quello agricolo, non dispone di una coerente dimensione amministrativa. Si badi bene: una coerente perimetrazione amministrativa non richiede la corrispondenza con la regione urbana policentrica transregionale, come identificata anche dall’OCSE, comprensiva dei capoluoghi Novara, Varese, Como, Lecco, Bergamo e Brescia, con oltre 7,5 milioni di abitanti su 7.528 km2 di estensione comprensiva di 858 Comuni, con una popolazione è paragonabile a quella della Ruhr, con 11,5 milioni di abitanti e superiore a quella del Randstat Holland (7,1). Si tratta di definire una perimetrazione più sensata, in termini di urbanizzato, di relazioni e di governo, di quella attuale. La legge 56/2014 ricorda testualmente all’articolo 1 comma 6 “Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia omonima, ferma restando l’iniziativa dei comuni, ivi compresi i comuni capoluogo delle province limitrofe, ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione, per la modifica delle circoscrizioni provinciali limitrofe e per l’adesione alla città metropolitana”. Conseguentemente, sia il comune di Vigevano che quelli di Limbiate, Saronno e Busto Arsizio, hanno chiesto di aderire alla Città Metropolitana, sono tutti comuni lombardi ma nulla è stato intrapreso.

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La Città Metropolitana attua una vocazione ed attitudine glocali, grazie all’implementazione delle reti e alla connessione dei nodi municipali. L’orizzonte minimo richiesto alla politica pubblica e quello di metà secolo, quando le Nazioni Unite prevedono che il 70% della popolazione mondiale convergerà nei centri urbani. Questo rende imprescindibile l’organizzazione e il compimento istituzionale delle città metropolitane, perché siano centri propulsivi di una riconversione sostenibile   Circolare e non di una dissipazione ambientale, sociale, civile. Una economia circolare è una economia basata sulla rigenerazione e capace di ricostruire ecosistemi qualificati.

A ogni livello di scala territoriale, ad ogni attore sociale ed amministrativo, è richiesto un cambiamento sostanziale nel modo di pensare e di agire perché le opportunità dell’innovazione e del cambiamento, anche impreviste, possano emergere.

La condivisione della conoscenza, delle risorse, dei servizi, attraverso la connessione e la collaborazione tra i nodi delle reti, è una condizione costitutiva. I modelli amministrativi, la natura delle infrastrutture e delle tecnologie, devono essere pensati in modo adeguato al cambiamento in atto. Per questo occorrono una piena coscienza e una consapevolezza della connessione metropolitana come condizione per la produzione di valore dentro alla globalizzazione dei mercati. Milano, Mediolanum, la città che sta nel mezzo, nella linea di guado tra Adda e Ticino come tra Nord e Sud, Est e Ovest, d’Europa. Una idea, una identità, una possibilità ricavata dentro una terra d’acque che non può mantenere la sua specificità se non la sviluppa costantemente oltre ogni presunto automatismo della sua funzione finanziaria, economica e tecnologica, esercitando la capacità di un progetto per il suo futuro. I nodi metropolitani regionali europei, anche transnazionali, sono sistemi territoriali per la produzione di valore innovativo e necessariamente sostenibile.  Nessuna miopia autocentrata è giustificabile. Si pensava di modificare la Costituzione per abolire la Camera Alta, ridurre ulteriormente il ruolo dei parlamentari ed aumentare i poteri del Governo centrale, ma non si è fatto nulla per dare vita ad un organismo amministrativo necessario alla competizione globale, anche laddove gli stessi comuni chiedevano di farne parte. Che gli esponenti nazionali e regionali di centrodestra e pentastellati non facciano nulla di diverso non sorprende, lascia invece sconcertati la rivendicazione del neo segretario del PD Zingaretti delle finalità di quella riforma bocciata dai cittadini elettori. Non deve sorprendere, quindi, se a farsi carico della promozione di un compimento costituente della Città Metropolitana è la Camera del Lavoro di Milano, insieme a quelle delle altre città metropolitane, con la sollecitazione dei corpi intermedi e delle istituzioni competenti che si dispiegherà dai prossimi mesi. Non si tratta di supplenza bensì del fare la propria parte nel realizzarsi della Costituzione.

Fiorello Cortiana



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  1. valentino ballabioCondivido ed apprezzo. Proviamo allora qualche approfondimento: intanto un'osservazione sui “confini”, sempre arbitrari ma necessari per una corretta governabilità istituzionale ed amministrativa. Una città metropolitana che voglia effettivamente essere “città” si deve distinguere dalla campagna. Ora mentre verso Novara e Lodi troviamo di mezzo due grandi parchi (fluviale del Ticino e agricolo Sud) a nord il continuo urbanizzato comprende invece tutta la Brianza (compresa la fascia lecchese e comasca) ed il Bustocco appunto fino a Malpensa; escluse un'agricoltura residuale e le enclave dei parchi di Monza (recintato dal viceré napoleonico Eugenio Beauharnais) e Nord (inventato dall'assessore comunista Ercole Ferrario). Delimitare la carta dell'area metropolitana sarebbe dunque il primo passo per ragionare circa poteri, funzioni ed organizzazione di un'istituzione metropolitana vera, e non fittizia come l'attuale. Riguardo la “volontà politica” invece, come per il coraggio manzoniano, chi non ce l'ha non se la si può dare!
    3 aprile 2019 • 14:25Rispondi
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