2 marzo 2019

TAV E SCALI FERROVIARI: DUE ASPETTI DI UN UNICO PROBLEMA

Manca una visione complessiva e la capacità di vere analisi costi benefici


Le decisioni sul Tunnel Europeo Lione Torino (TELT meglio noto come TAV) sono uno snodo tecnico-politico che riguarda da vicino Milano e l’economia del Paese. Dall’Analisi costi benefici del gruppo di lavoro incaricato sappiamo che una delle caratteristiche del Tunnel è di ridurre le pendenze della linea ferroviaria dal 33 al 12,5 per mille per consentire il transito di treni merci di dimensione standard. Attualmente i treni lunghi devono essere ridotti in tronconi più corti nelle stazioni di Torino e Lione per poter salire al tunnel storico e poi essere ricomposti dopo l’attraversamento.

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Essendo inoltre un tunnel a canna unica presenta livelli di sicurezza totalmente inadeguati e strutturalmente non correggibili se confrontati con gli standard europei del tunnel di base che è previsto a doppia canna con tunnel di servizio, collegamenti trasversali ed uscite di sicurezza.
Quando vi sarà un incidente aggravato dalle attuali condizioni di esercizio, chi si assumerà la colpa di non aver voluto realizzare la messa in sicurezza del passaggio in ferrovia? Monte Bianco, Livorno, Ponte Morandi non hanno insegnato nulla

L’Analisi riconosce una riduzione del 25% circa dei costi operativi del trasporto merci ma afferma che il beneficio economico conseguente alla possibilità di instradare treni lunghi e pesanti su un itinerario di base (con pendenze di pianura), sommato alla riduzione delle esternalità negative, (inquinamento, incidenti, clima), risulta minore della perdita di accise sui carburanti (1,6mld) e di pedaggi autostradali (2,9mld) che ammontano ad un totale di 4,5 miliardi.

L’Analisi poi calcola un vantaggio di 1,3 mld nell’arco temporale di 30 anni per la componente traffico passeggeri dovuto al miglioramento nei tempi di percorrenza che passano delle attuali 7,19′ a 4,31′ ore sul tratto Milano – Parigi. Al netto dei costi di costruzione e gestione appare evidente che la utilità del TELT dipende fortemente da come viene considerato e previsto lo sviluppo del trasporto merci su ferrovia.

L’Analisi presuppone una previsione di crescita piuttosto limitata del trasporto su ferro, la permanenza dei consueti vantaggi competitivi del trasporto su gomma e che l’esercizio della logistica avvenga più o meno alle stesse condizioni attuali. In pratica l’Analisi rinuncia a prevedere sostanziali incentivi o cambiamenti nei costi e nelle politiche territoriali che possano indurre spostamenti del traffico merci da gomma a rotaia molto più cospicui di quelli ipotizzati.

Le condizioni che potrebbero incentivare questa conversione sono la disponibilità di linee ferroviarie, le politiche tariffarie sui carburanti, le tariffe autostradali e di attraversamento dei valichi e sopratutto la disponibilità di piattaforme logistiche ferroviarie diffuse sul territorio.

Un atteggiamento forse corretto dal punto di vista strettamente economico ma imperfetto dal punto di vista della politica, il cui compito dovrebbe essere di incentivare una conversione ecologica dalla gomma al ferro dei trasporti nell’obiettivo del risparmio energetico, della riduzione della emissione di CO2 e contro il cambiamento climatico.

La rinascita competitiva del trasporto ferroviario merci in termini di costi e di tempi, anche in alternativa al trasporto marittimo, è testimoniata dall’incremento del traffico su ferrovia con l’estremo oriente, dalla stabilità delle percentuali di trasporto su ferro in Europa molto superiori a quelle italiane, dalla costruzione completata, in via di completamento, a metà dei lavori o in progetto dei tunnel di base del Gottardo, di Monte Ceneri, del Brennero e del terzo valico ligure, dalle prospettive di sviluppo dei porti italiani generate dall’allargamento a doppio senso dello stretto di Suez che consente di evitare il periplo dell’Africa e rimette l’Italia al centro dei trasporti commerciali verso il nord Europa. Al contrario il vantaggio di presa e consegna diretta tipica del trasporto su gomma è già oggi soggetto in molti casi ad una rottura di carico in centri di smistamento per la distribuzione nelle grandi aree urbane mediante mezzi più piccoli ed ecologici.

In questo quadro la previsione di Ferrovie dello Stato di dismettere gran parte delle proprie aree destinate a scali ferroviari per cederle alla valorizzazione immobiliare e finanziaria, sembra una scelta miope e contingente, che non percepisce le necessita potenziali e future del trasporto, dell’industria e della economia del Paese. Immaginiamo quale potenziale avrebbero a Milano le aree situate sull’anello ferroviario se fossero riconvertite a poli logistici di interscambio tra treno e distribuzione delle merci destinate alla città. Con mezzi ecologici e senza ulteriori rotture di carico.

Se vi fosse una reale comprensione di come le aree ferroviarie degli scali merci diffuse in tutta Italia potrebbero diventare poli di raccolta e distribuzione merci tramite procedure informatizzate e distribuzione ad impatto ambientale vicino allo zero, le quote di traffico merci su rotaia potrebbero aumentare fortemente modificando di conseguenza tutti i parametri di competitività del TELT. Se poi quelli che oggi la commissione pone come costi, e in particolare i mancati pedaggi autostradali che vanno a vantaggio dei concessionari privati, e la mancata riscossione di accise sui carburanti, venissero invece riconosciuti come vantaggi in grado di riverberarsi nel tempo sulla società (salute, competitività industriale, turismo, e così via), allora la convenienza economica del Tunnel sarebbe macroscopica.

Non possono essere considerati come costi i risparmi collettivi del paese perché in questa logica, si dovrebbero allora scoraggiare anche le auto elettriche che non consumano carburanti o il lavoro via internet perché evita che la gente si sposti in macchina. L’analisi costi benefici va dunque presa per quello che è: una indicazione di massima della situazione attuale, mentre la scelta politica di cosa sia meglio fare spetta al Paese ed ai suoi rappresenti.

Gli elementi negativi verso cui si sono schierati i movimenti NO TAV riguardano nella maggior parte problematiche di inquinamento locale durante la fase di esecuzione dei lavori, temporanee e risolvibili. La occupazione di territorio agricolo potrebbe essere ridotta o completamente esclusa attraverso una ulteriore revisione del progetto in senso ambientalista e conservativo.
Ad un governo spetta il compito di affrontare serenamente la realtà delle cose, di riconoscere gli sbagli del passato, di rispettare gli abitanti, la storia, il paesaggio, la natura dei luoghi, di migliorare il progetto fino all’ultimo e risparmiare dove è possibile, ma di consentire la realizzazione di una opera necessaria per la conversione ecologica e ambientale del paese e di bloccare qualunque cessione di aree degli scali ferroviari destinati a riprendere il loro ruolo al servizio dell’interesse pubblico. Due aspetti dello stesso problema imprescindibilmente collegati tra loro.

Walter Monici, Luigi Santambrogio

 
Per una storia ragionata:

TAV Torino-Lione: a che punto sono i lavori, i costi-benefici, il dibattito pro e contro

per sicurezza e aspetti tecnici:
http://veritav.net/wp-content/uploads/2017/07/sicurezza_ls_veritav_documenti_1.pdf

per la miniTAV:
https://www.agi.it/cronaca/mini_tav-5076816/news/2019-03-01/

Analisi Costi Benefici della commissione ministeriale:
http://www.nuovasocieta.it/public/uploads/2019/02/analisitav.pdf

 

 

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  1. Giorgio OrigliaOttima sintesi, alla quale aggiungerei una ultima considerazione. L'Italia è tuttora ampiamente dipendente dall'importazione di petrolio dall'estero, cosa che incide molto negativamente sulla nostra bilancia dei pagamenti. Le accise compensano ciò solo in parte. Lamentarne la perdita senza calcolare il vantaggio di minori importazioni di petrolio mi sembra nasca da una visione se non di parte quantomeno ottusa.
    6 marzo 2019 • 08:20Rispondi
  2. Gianluca GennaiCondivido totalmente. Per quanto riguarda Milano, la questione degli scali ferroviari andrebbe certamente affrontata solo in chiave ambientalista, visti i tanti sforzi che vengono fatti per abbattere l'inquinamento con scarso successo, anche per via di una bieca visione d'insieme che si amplifica proprio nella scelta di cementificare ulteriormente, con grandi edifici che portano ulteriori punti d' inquinamento ( scarichi delle caldaie anche solo in termini di rilascio del calore, fattore di rifrazione termica, ecc.). Purtroppo le logiche di capitalizzazione del territorio, per quanto classicamente funzionali alla ricchezza della città, si basano ancora su strategie vecchie e consolidate ( investire sul mattone ), e tutte le idee di ottimizzare i trasporti in modo innovativo, come ben espresso nell'articolo, si fermano davanti ali limiti di una classe politica tecnicamente impreparata , assai restia alle visioni di una città dinamica e tecnologica, a favore di una Milano narcisista e edonistica, con un focus sui capitali arabi, pronti a investire su quella che per loro rappresenta la bellezza: l'architettura che coniugi la cubatura funzionale al rendimento con l'estetica, assai consapevoli dell'ambizione meneghina e della totale sottomissione italica all'economia speculativa. Pecunia non olet...facciamocene una ragione.
    6 marzo 2019 • 10:56Rispondi
    • Maurizio SpadaConcordo pienamente, purtroppo il capitale globalizzato non è sensibile a queste tematiche e la politica non lo ostacola appunto in nome di un falso interesse. Vecchia storia.
      7 marzo 2019 • 15:58
  3. Maurizio SpadaMolto intelligente l'articolo e finalmente fuori dal dualismo no TAV si TAV. Come ben esposto il bilancio costi benefici è sempre relativo ai valori in campo e al significato che gli si vuol dare, è quindi anch'esso una scelta politica che non vuole però apparire come tale. La scelta politica deve coinvolgere la politica dei trasporti in generale in relazione alla qualità della vita che si vuole raggiungere.
    6 marzo 2019 • 15:36Rispondi
  4. Andy77Vorrei solo dire che l'Italia dalle accise incassa 2 volte tanto gli incassi dei paesi esportatori di petrolio. Il progetto scali è tutto sommato equilibrato, vorrei poi capire come si trasportano le merci da container ai negozi al dettaglio da scali ormai in pieno centro città troppo piccoli per essere hub (come Segrate o Verona) e tropo grandi per il trasporto locale. Anche il trasporto dei camion su treno non sono gestibili in quanto si richiedono treni lunghi quasi 1 KM (quelli che passano sulle linee TAV) che negli scali attuali non possono essere movimentati.
    7 marzo 2019 • 14:52Rispondi
  5. walter moniciad andy 77, ripensare gli scali merci ferroviari interni alle città significa pensare ad un modo diverso di programmare la logistica delle merci a partire dalla completa informatizzazione dei processi di raccolta distribuzione. Il settore si sta evolvendo, pensiamo solo a quanto incide oggi la distribuzione con mezzi a impatto zero, quanto incideva 5 anni fa e quanto potrà essere in futuro. A chi lavora lavora nel settore dobbiamo garantire la possibilità di usufruire di spazi vitali per immaginare una nuova logistica, non pensare che tutto rimanga come era nel passato. il Futuro avanza molto più rapidamente di quanto possiamo immaginare.
    8 marzo 2019 • 14:08Rispondi
    • Andy77A Walter Monici,: lo scalo Farini è stato di fatto bloccato dai residenti che si vedevano invasi dai trasportarori. Per quanto la tecnologia possa migliorare non si può cambiare l'ingombro delle merci e l'ingombro dei mezzi che le trasportano. Dato che negli scali mi pare di capire si voglia far confluire treni con container vorrei capire nel concreto come l'evoluzione tecnologica permetta di spostare le merci senza bloccare un 'intero quartiere. Già dò per assodato che tutti i veicoli e i camion siano elettrici o a celle di combustibile non procurando inquinamento atmosferico. Magari pensi di svuotare un km lineare di continer con bici cargo?
      12 marzo 2019 • 16:39
  6. silvanoCirca l'impatto ambientale che avrebbe la realizzazione del Tav, riporto uno stralcio dell'interessante articolo scritto sull'argomento da Ivan Berni il 9 marzo. <>.
    15 marzo 2019 • 18:20Rispondi
  7. silvanoQuesto lo stralcio: "Chi ha seguito la vicenda del Tav sulla stampa e in tivù sa della radicalizzazione dello scontro negli anni successivi. Sa degli assalti al cantiere di Chiomonte, delle botte con i poliziotti, degli arresti di militanti anarco insurrezionalisti, di processi con condanne durissime. Sa, forse, che in quegli stessi anni andò avanti un tentativo di mediazione, di revisione progettuale e di attenuazione dell'impatto ambientale condotto da una struttura che si chiamava "Osservatorio sul Tav in Val Susa" al quale parteciparono sindaci, rappresentanti della comunità montana e anche, a fasi alterne, rappresentanti del movimento No Tav (ma non dell'ala più radicale). Quell'Osservatorio, allora presieduto dal commissario governativo Mario Virano, oggi direttore generale della società Telt incaricata dei lavori, cambiò radicalmente il progetto eliminando, di fatto, tutti i principali fattori critici per quanto riguarda l'impatto ambientale. Virano l'ho intervistato un anno fa, prima delle elezioni, quando sembrava che per il Tav la strada fosse spianata. Era ottimista. Il tracciato del nuovo progetto passa, infatti, alla base del Moncenisio, evitando il rischio amianto. La concentrazione dei lavori in un solo grande cantiere, a Chiomonte, ha permesso di prevedere che tutto il materiale di scavo verrà trasportato su ferro, grazie alla vecchia linea ferroviaria: nessun Tir carico di terra attraverserà la valle. Il collegamento con Torino sarà diretto, permettendo un collegamento con la città che non era stato considerato. I lavori per il tunnel di base sarebbero dovuti partire lo scorso autunno".
    15 marzo 2019 • 18:23Rispondi
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