13 gennaio 2019

PIAZZA ADRIANO OLIVETTI: QUALE CITTÀ IMMAGINARE?

Chi disegna Milano e per chi?


Il 13 dicembre su queste stesse pagine un interessante articolo di Monica Manfredi commenta la nuova piazza intitolata a Adriano Olivetti. Uno spazio privato di uso pubblico che alla fine di settembre il sindaco Beppe Sala ha inaugurato nel distretto Symbiosis di Beni Stabili, in corso di realizzazione a sud dello scalo di Porta Romana. L’ho visitata con grande attenzione perché penso che una nuova piazza sia un fatto molto importante per la città.

Ma anche perché il nuovo PGT prevede la riqualificazione di sei piazze storiche, oggi poco accessibili e vivibili – Loreto, Maciachini, Lotto, Romolo, Trento e Corvetto -, che “dovranno diventare più pedonali e con più verde”, per le quali piazza Olivetti potrebbe costituire l’esempio di riferimento.

Dato che l’articolo di Monica Manfredi, descrive l’intervento e i criteri con cui è stato progettato da Antonio Citterio e Patricia Viel, in collaborazione con il paesaggista Carlo Masera, penso sia interessante e utile parlarne ancora, avviando, se possibile, una discussione pubblica.

INSERIMENTO DI SYMBIOSIS A SUD DELLO SCALO DI PORTA ROMANA

INSERIMENTO DI SYMBIOSIS A SUD DELLO SCALO DI PORTA ROMANA

Premetto che mi limiterò a prendere in considerazione gli aspetti di carattere insediativo, spaziale e compositivo, prescindendo da quelli propriamente funzionali e tecnico costruttivi se non per le implicazioni che possono aver avuto con la sistemazione urbana e le caratteristiche architettoniche, precisando che si tratta di un progetto studiato con indubbia competenza e realizzato con cura. Ho cercato di fare un esame cercando di astenermi dall’esprimere giudizi troppo personali e non disponendo, per quanto le abbia richieste, di informazioni dettagliate sul vasto complesso Symbiosis, di cui piazza Olivetti sembra essere il principale elemento di raccordo con la città, non sono stato in grado di svolgere un compiuto ragionamento sul suo inserimento nel contesto urbano.

 

PLANIMETRIA DI SYMBIOSIS A SUD DELLO SCALO DI PORTA ROMANA

PLANIMETRIA DI SYMBIOSIS A SUD DELLO SCALO DI PORTA ROMANA

Il vasto spazio pubblico, situato tra le vie Orobia e Adamello, è delimitato a nord dal fronte secondario della Fondazione Prada e a sud da un unico grande edificio: la nuova sede di Fastweb. Rappresenta un intervento in sé molto significativo perché, in questo caso, è stato possibile definire in modo coordinato sia l’impianto morfologico insediativo, sia l’architettura. Ma è improprio definire quello spazio come una vera e propria piazza perché non sembra sufficientemente delimitato da edifici che ne determinino con chiarezza la forma e la dimensione: un unico grande edificio disposto lungo un solo lato non sembra essere sufficiente per individuarlo come uno spazio compiuto, come una piazza.

HEADQUARTER FASTWEB - FRONTE NORD

HEADQUARTER FASTWEB – FRONTE NORD

Quando ci si trova lì, si ha la sensazione di essere in un grande spazio percorribile nel senso della sua maggior dimensione est-ovest e privo di centralità propria. Sensazione assecondata dall’articolato percorso di fitta griglia metallica che, all’interno del verde “ruderale”, conduce a due piccoli padiglioni, di vetro a specchio che danno accesso ai parcheggi. Va però dato atto che gli autori del progetto lo nominano semplicemente come spazio pubblico e il termine piazza sembra più che altro di derivazione toponomastica.

PERCORSO DI ACCESSO AI PARCHEGGI

PERCORSO DI ACCESSO AI PARCHEGGI

Comunque il lungo edificio che si trova a definire il lato meridionale con la sua facciata vetrata permanentemente in ombra, riflette in modo molto suggestivo lo scenario antistante che, oltre al lungo prospetto secondario parzialmente cieco della Fondazione Prada, offre l’immagine delle due torri svettanti, una dorata e l’altra bianca, di Rem Koolhaas.

TORRE DELLA FONDAZIONE PRADA - IMMAGINE RIFLESSA

TORRE DELLA FONDAZIONE PRADA – IMMAGINE RIFLESSA

Il lungo fronte, fittamente modulato dai pannelli di vetro rettangolari, si presenta a prima vista uniforme e privo sia di un vero basamento sia di un coronamento. Il filo di gronda è sagomato da una doppia inclinata a V, che converge nel punto in cui il fronte arretra per circa un terzo della sua lunghezza in corrispondenza del profondo portico-portale sorretto da due massicce e enfatiche strutture a X, mentre all’estremità opposta un lieve diedro verticale riflette l’immagine sdoppiata della bianca torre della Fondazione Prada

FRONTE NORD

FRONTE NORD

Una grande finestra campeggia un po’ persa e priva di riferimenti appena sotto il filo di gronda mentre il simulacro di basamento, anch’esso tutto vetrato, è segnalato dalla bianca soletta, in parte aggettante, del piano terreno. Questo fronte si distingue nettamente dalle altre facciate dell’edificio che sono tutte composte con ampie finestre ordinatamente allineate, e la netta diversificazione è certamente motivata dal suo orientamento a nord che, ha consentito di realizzarla completamente vetrata, sottratta all’irraggiamento solare diretto.

FRONTE SUD

FRONTE SUD

Ma, per via della sua disposizione l’edificio porta anche una grande ombra sullo spazio pubblico antistante che, lungo la sua base è in gran parte occupato da specchi d’acqua parzialmente in movimento. Per la presenza dell’acqua al suo piede, l’edificio sembra galleggiare piuttosto che poggiare solidamente al suolo e quella stessa acqua non consente di avvicinarsi, separandolo nettamente dallo spazio dove ci si muove. Ecco che l’acqua svolge un ruolo scenografico di grande effetto, restituendo anch’essa una multiformità d’immagini riflesse e destrutturando lo spazio rispetto alle peculiarità che potrebbero renderlo meglio riconoscibile come spazio urbano basato su un più stretto rapporto tra gli edifici e l’area pubblica di pertinenza.

Tale situazione è stata acutamente interpretata da Monica Manfredi nel suo articolo: “L’edificio sembra rinunciare a una propria partecipazione al disegno della piazza scomponendosi in una visione fatta di riflessi che cedono alla Fondazione Prada e al luogo intorno la parte dei protagonisti … Attraverso il moltiplicarsi delle immagini si crea una sorta di visione onirica che compie una operazione di decostruzione e ricostruzione dei luoghi in una loro nuova rappresentazione. La facciata vetrata e l’acqua delle fontane diventano così dispositivi di produzione di immagini di paesaggio secondo sequenze infinite di percezioni istantanee”.

SPECCHIO D’ACQUA - IMMAGINI RIFLESSE

SPECCHIO D’ACQUA – IMMAGINI RIFLESSE

Uno scenario dal quale si può restare indubbiamente affascinati, ma che ha come inevitabile conseguenza quella di risultare essenzialmente rappresentato e comunicato, anziché vissuto in termini di concretezza spaziale. E l’edificio stesso riflette come uno specchio ciò che gli sta intorno ma racconta poco di se stesso e, per quanto di vetro, poco di quanto accade al suo interno. Vale la pena di interrogarsi se sia questo il nuovo orizzonte della fruizione urbana e quali nuovi valori e significati sia in grado di offrire ai cittadini. Un aspetto che sembra sfuggire alla consapevolezza dei colleghi che hanno progettato il nuovo spazio se, nel descriverlo, usano termini che non hanno alcuna attinenza con la vera natura di quella città che la nuova piazza Olivetti dovrebbe consentirci di immaginare. Descrizione che riduce lo spazio pubblico alla funzione ancillare di puro “strumento di uso della città”, invece di svolgere un ruolo spazialmente e socialmente rappresentativo.

Se ai 13000 mq della piazza si sottrae il verde “ruderale” di arbusti e erbe spontanee e l’acqua, la superficie pedonale si riduce forse a meno della metà. Inoltre, i 46 ciliegi a grappolo che formeranno il boschetto che occupa gran parte dello spazio pedonale sembrano pensati non solo per mitigare il clima estivo e contrastare l’inquinamento ma anche per scoraggiare possibili assembramenti e le forme di socialità spontanea che le nostre città hanno sempre favorito.

PIAZZA ADRIANO OLIVETTI – RENDERING ASSETTO FINALE

PIAZZA ADRIANO OLIVETTI – RENDERING ASSETTO FINALE

Se questo nuovo spazio rappresenta il possibile paradigma della Milano che verrà, che tipo di città possiamo effettivamente aspettarci? Una città senza strade e senza piazze, fluida, fatta soprattutto di vuoti? Mentre io vorrei poter immaginare un sistema di spazi disposti secondo un criterio, che si dispieghino dal territorio alla città metropolitana e municipale, attraverso la dimensione collettiva del risiedere, a quella condivisa dell’abitare, fino allo spazio privato del proprio domicilio.

Una trasformazione con la quale ci si dovrebbe poter confrontare per equilibrare gli interessi imprenditoriali e le istanze pubbliche, che oggi sono poco e malamente rappresentate dai nostri amministratori, che non sembrano in grado di esprimere una regia e affidano al promotore immobiliare, in definitiva unico committente anche per il progettista, di definire la qualità della città che si trasforma.

A fronte delle prossime scadenze urbanistiche del nuovo PGT, mi sembra che ci sia proprio di che preoccuparsi.

Emilio Battisti



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  1. Gianluca GennaiUn' eccellente quanto deprimente visione di una città che pare navighi con un equipaggio senza bussola ne senso dell'orientamento in un vuoto che qui prende la connotazione dell'horror vacui. Un vuoto pneumatico che avvolge le disuguaglianze e le distanze già oggi molto accentuate tra chi cerca soluzioni ponderali e chi invece pensa on/off, se si preferisce diremo " il tutto o niente " in funzione di una logica prona alle leggi delle finanza aggressiva assai "à la page" a Milano, certamente non da demonizzare se essa è veicolata da entità private ma che operino con limitazioni e vincoli quando si parla di costruzioni o infrastrutture gravanti sulla vita e sulle aspettative dei cittadini e che dovrebbero essere sommesse a una logica che tenda all'equipotenzialità tra il centro e la periferia.
    17 gennaio 2019 • 14:56Rispondi
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