10 novembre 2018

MILANO COM’È?

Un visione molto critica


La sensazione che si ha di Milano, è quella di una città gestita in modo prospettico, anche se vi sono molti punti di domanda sull’effettiva qualità della prospettiva. Una prospettiva è una visione di un percorso che altrimenti sarebbe da fare “al buio “, cosa che la maggior parte di noi sconsiglierebbe a chiunque, al netto di avere un minimo di ragionevole senso dell’altro.
Di recente non si fa che parlare di grandi opere, cercando la “benevolentia civium “ora con visioni assai accattivanti, poi con un relativismo di circostanza.
Dire cosa è giusto o sbagliato per il futuro della città, sembra essere la “res extensa” dei più, nonostante la difficoltà e il pericolo di una deriva a mero esercizio di funzione, con il rischio di fare errori.

Allora si parla di Milano, ma non fino a divenire dei ciechi amanti pronti a immolarsi per lei, direi più ammaliati dai suoi difetti che dai suoi pregi.
La politica e non solo, ne parla come una città pronta a confrontarsi con le più grandi città europee, in grado di essere eccellente “tout court“, vezzeggiata dall’italica visione di un Nord “locomotiva d’Italia “, al top dell’efficienza e della produttività, un salotto dove ritrovarsi nella mondanità ma anche nei plebei androni di periferia, pronti a fare il proprio dovere nell’esercizio della carità umana, albescenti paladini di giustizia e accoglienza. Si guarda allo skyline con giusto orgoglio quanto ingannevole, forse avendo negli occhi Manhattan, ma anche la periferia, pensando che infondo non sono le banlieue di Parigi, si sa che la storia di Milano ha radici molto antiche, un passato glorioso, è la storia dopo Roma, innegabile vessillo di nobiltà e importanza. Ma Milano chi è?
È una bella donna da vezzeggiare, un’amante ammiccante ma dispettosa, o una mamma affettuosa, o un’anziana nobildonna ricca e mai doma nelle mani di persone senza scrupoli?

APERTURA DELLA MOVIDA SUI NAVIGLI DI SERA PER L ESTATE ATT SILVANA  (Agenzia: FOTOGRAMMA)  (NomeArchivio: DPF00l78.JPG)

Il parere, che in parte condivido, di alcune persone che soggiornano in città da qualche anno per motivi di lavoro, è alquanto impietoso. La maggior parte di loro, in arrivo da Londra o dal nord d’Europa, per lo più ingegneri e tecnici d’economia, parla di una città sporca, poco curata, con tanti problemi irrisolti. Per primo è citato il costante senso d’insicurezza che si ha, a differenza delle loro grandi città, dove il fenomeno dell’immigrazione e della micro criminalità è gestito con successo o, nel primo caso, assorbito dall’organizzazione della società.
Non trovano particolari aspetti di bellezza, fatto salvo il centro città, dove risiedono i monumentali luoghi della storia e della cultura cittadina. Vedono una Milano a marce alterne, accattivante e organizzata, ma solo per gli eventi importanti, in primis la settimana della Moda, quando si accendono i riflettori internazionali.
L’ospite che arriva in Stazione Centrale non gode certo di un’accoglienza rassicurante, vede una zona completamente occupata da migliaia di personaggi poco raccomandabili.
Lo skyline, lo vedono bello ma non chissà che, anche un totem messo su da chi voleva lasciare una traccia indelebile di sé, tralasciando gli aspetti importanti di una città che invece, aveva e ha bisogno di altro prima di spendere molti soldi in queste opere, che non spostano di un millimetro l’attrattiva turistica data dalla bellezza del Duomo, unico vero vessillo della città, oltre le vie della moda.
La zona dei navigli degradata, e per certi aspetti, mal frequentata, non la vedono come la migliore zona dove bere un drink.
La movida, per la quale Milano si vanta, non è tra le loro necessità, mentre i servizi e la tranquillità di movimento sì.
I costi delle case in affitto, a parte la periferia che tuttavia evitano a causa della presenza di molte criticità, li trovano esosi e pretenziosi rispetto a cosa la città offre in termini di servizi al cittadino e di ritorno sulla pulizia e sicurezza.
I trasporti li trovano inadeguati alle loro esigenze, lenti in città per chi deve spostarsi in superficie, spesso a distanze considerevoli, e pericolosi nelle linee suburbane, specialmente da una certa ora, per chi di loro abita fuori Milano, dopo aver trovato maggiormente vivibile Saronno ma anche Varese, Novara e Monza.
Vedono una città che certamente vince il confronto all’interno dei confini nazionali, ma che non ha chance con le città Oltralpe, nonostante si specchi in esse, con vanità e forse poco senso della realtà.
181109_Gennai-02Quando parlano di politica e di governo, non fanno cenno positivo, ne credono che le cose possano cambiare rapidamente per via di uno scarso livello anche culturale della categoria, ma anche non vedono chi possa cambiarle. Pensano alla scarsa formazione scolastica dei giovani che non è alla pari con altre realtà europee e alla scarsa attrattiva per chi, comunque arriva all’eccellenza, di fatto emigrando dove le prospettive di vita per se stessi e le loro famiglie sono migliori.
Cosi appare Milano, agli occhi di chi la vive con distacco, con pragmatismo nordico, forse anche con un cinismo e con un picco di razzismo tipico. Lascio i loro pareri senza commento, un po’ avvilito e ferito nell’orgoglio, pensando tuttavia, che sono questi i pareri di chi la guarda senza averla scelta, amandola ma non senza volerla migliore per se stessi e per la gente che la abita.
Attraverso le loro visioni, riesco a vedere quello che non voglio vedere, quello che rifiuto o che minimizzo, assopito dalla costante attrazione che ho per questa città, nonostante sia un non indigeno.

Credo di condividere molti di quei commenti fatti da chi usa la città e le dona la propria professionalità, rendendola quella che è, una città aperta al mondo, efficiente e produttiva ma anche bisognosa di una maggiore attenzione al microcosmo.
L’idea di una forzata azione propulsiva del fare, ma senza aver valuto tutti gli aspetti che essa potrà avere sulla struttura, porta a mettere a rischio la stabilità di una qualsiasi cosa che sia minimamente complessa, figuriamoci nei confronti di una società che, nel suo insieme forma una città molto complessa come la Milano di oggi.
Il fare come paradigma del buon governo di una città, non è vero, o meglio è differentemente vero. Differentemente è termine assai benevolo, quando il fare, risponde a un’idea personalizzata o molto polarizzata, magari esercitando una gerenza autorizzata si dal consulto popolare (il voto) , ma che obbligatoriamente deve essere costantemente messa a confronto con il contesto in cui la si esercita, cercando sempre di non venire meno ai presupposti per i quali è stata data la fiducia dai cittadini ma anche nel rispetto di chi quella fiducia non l’ha data, anzi a maggior ragione, se si è davvero pronti per l’esercizio di governo di un paese o di una città, vantando una formazione manageriale in equilibrio con un’idea politica democratica.

Non c’è niente di male né di riprovevole nel voler Milano più bella, occorre tuttavia discutere sul concetto di bellezza di una città, essa deve essere un’espressione di un equilibrio o di un’autoritaria scelta di dove essa debba essere attuata o migliorata?
Il miglioramento di una condizione di vivibilità per esempio rispetto all’inquinamento, può essere un vettore per compiere scelte che vanno oltre la disciplina stessa, o dovrebbe essere un sostegno a supporto di un intervento su tutto il compound ambientale in modo da veicolare meglio anche gli sforzi economici di una società?
Molti altri quesiti possono essere temi di confronto ma questo momento storico subisce un isterico bisogno di alcuni nel sentirsi grandi, purtroppo a scapito della maggior parte della cittadinanza.

Gianluca Gennai

 

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