24 aprile 2018

la posta dei lettori_25.04.2018


Scrive Vito Antonio Ayroldi al direttore – Continuo a leggervi con interesse. Come sempre ineccepibile l’editoriale del direttore. Considerazione riproponibili pari, pari su scala nazionale. Forse la prima cosa che il PD dovrebbe fare è proprio asciugare le narrazioni scimmiottanti imperscrutabili “terze vie” per lasciar emergere un linguaggio che esprima le direttrici di una azione politica concreta. Ambrosianamente pratica.

“Esule” milanese a Roma.

P.S. Ci vorrebbe un ArcipelagoRoma !”

Scrive Ennio Galante al direttore – In premessa, plaudo al lancio di un dibattito politico su ArcipelagoMilano in merito alla sinistra dopo il 4marzo, ora che si proclama da varie parti che “non esistono più destra e sinistra”. Riprendo il commento all’”omelia” di Scalfari di domenica 1° aprile. Anche io ho arricciato il naso quando sono arrivato al punto dove omologa l’M5S come l’unico partito della sinistra. Affermazione confermata anche domenica 15 aprile (“Di Maio guida un partito di centrosinistra”). Egli poggia questa valutazione sul fatto che una massa di iscritti al PD hanno votato per i 5S.

Ma come la mette con le ripetute dichiarazioni pubbliche di Grillo e Di Maio, che abbiamo sentito tutti, “il nostro movimento non è né di destra né di sinistra”? Da un po’ di tempo mi sto chiedendo (dall’interno) cosa non va nel PD. Al referendum costituzionale, dopo lungo studio del testo delle modifiche, avevo votato sì. Adesso siamo al secondo clamoroso flop. Ho letto gli interventi di stimabili opinionisti. Senza dubbio, partendo da un’analisi seria delle società occidentali, bisogna ridefinire i grandi scopi, di lungo periodo, dei movimenti e partiti che si ripromettono di organizzare e rappresentare le nuove classi sociali più svantaggiate, in un contesto di generale progresso.

Mi sembra utile ai fini del dibattito citare un’esperienza diretta riguardo al rapporto tra partito e cittadini-elettori. Come Lei sa, mi sto battendo assieme alle associazioni di cittadinanza attiva, sindacati, studenti, contro l’ignobile progetto di smembramento di Città degli Studi. Che ovviamente non può essere considerato al livello “politico” dell’installazione di tre panchine in un giardinetto, o al rafforzamento dei passaggi pedonali. Da oltre un anno, siamo un gruppetto di ex universitari e dirigenti di imprese che, in nome della trasparenza, stiamo cercando di sollecitare il dibattito all’interno del PD milanese (anche con documenti scritti).

Prima delle questioni di merito, abbiamo posto una domanda di metodo: chi, quando, dove, il Partito (maggior azionista della Giunta Sala) ha analizzato e valutato approfonditamente la proposta di smembramento di Città degli Studi, in confronto con altre possibili operazioni urbanistiche. Sul piano generale abbiamo posto il quesito: è democraticamente corretto che una singola istituzione pubblica, l’Università degli Studi, determini autonomamente movimenti urbanistici che avranno ripercussioni per i prossimi cento anni? Ripetutamente la risposta è stata burocratico-gerarchica più o meno di questo tenore: a norma di statuto, le istanze competenti hanno deciso (e i peones stiano zitti!).”



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