10 aprile 2018

la posta dei lettori_10.04.2018


Scrive Lodovico Meneghetti a proposito del Duomo di Milano – Ormai è definitivamente dimostrata l’impossibilità per un cittadino milanese, per di più residente da tempo immemorabile con la casa in centro, nonché studioso di architettura, rivisitare, magari da competente, l’interno di Santa Maria Nascente. Non ero impreparato a divieti e a opposizioni quasi militareschi. Anni fa, potevi entrare dalla porta sul fianco sud (sempre attraverso i soliti controlli corporei) e, se fortunato, aggirarti, pur negli spazi variamente transennati e divisi, godendo di verifiche e visioni architettoniche di cui l’ambiente dominato dalle enormi pilastrate con capitelli grandi come una casetta è generoso. Se sfortunato, a causa di custode sordo, dovevi fermarti nel transetto. Uno della mia età, poi, ha voglia di soffermarsi nei punti atti a ricordare la terribile vicenda dei lunghi e larghi cedimenti concentrati nei pilastroni a causa dell’abbassamento della falda freatica. Vigeva ancora il tempo della città ricca di industrie che prelevava acqua a più non posso. Per i frequenti paradossi, o astuzie semi-vendicative della storia molti anni dopo,  sparite quasi tutte le attività produttive, la falda si alzò e l’acqua non inondò la chiesa, ma numerosi spazi urbani dovettero farvi i conti.

Bien. Ieri pomeriggio decido, da buon milanese (di origini novaresi-piemontesi) non facilmente ingannabile né accontentabile, di rivisitare l’interno. Mi aspettavo cose turche, ma non al limite dell’intolleranza. Primo tentativo: mi presento, come una volta, all’ingresso sul fianco meridionale. Un cartello indica, impone varie volte, con cerchi sbarrati dalla croce ecc. ecc. l’impedimento a qualsiasi passaggio. Pongo la solita questione: il mio diritto di milanese ecc. ecc. Esce un funzionario in abiti borghesi in mezzo ai soldati armati  in divisa mimetica e mi dice che potrò entrare nella cattedrale attraverso il primo portale a sinistra della facciata. Ah! un’istruzione chiara e corretta. Vado là. Mal me ne incolse (come si dice). Non mancano i soldati e un signore in abito borghese. Spiego. Il borghese mi zittisce subito. Di lì non si può andare fra le navate; si accede solo alla estrema navatella sinistra “per devozione” (vedrò dopo quanto breve parte). Polemizzo, dico che, anche per impegno di commentatore, devo rivedere la parte delle grandi navate. Impossibile. Potrò farlo solo mettendomi in coda e pagando il biglietto come qualsiasi turista. Uno schifo, una beffa. Perplesso, sto lì fermo e silenzioso diversi minuti. Poi dico al borghese che entro  per una preghiera. Non può opporsi, è evidente. Supero i controlli e finalmente sono nel Duomo. Verso la navata grande contigua la barriera è studiata scientificamente. Non passerebbe neanche un topolino. Vado avanti pochi passi, aderisco alla barriera, mi sporgo un po’ e osservo nell’insieme l’effetto trasversale delle navate coi pilastroni. Una foto, l’unica prima di poter procedere, magari verso il transetto. Macché: vedo un nuovo signore (o è quello già visto fuori?), nuova barriera con cartello: passaggio solo al fine di confessione. Roba da matti, vien da dire. Torno indietro lentamente. Ancora addossato alla transenna dichiaro la mia protesta a due signore. Vedo muoversi il borghese, crede che voglia fotografare di nuovo e s’inganna. Ma deve aver chiamato col portatile uno dei soldati, quello che mi ha ispezionato: viene verso di me acceso di rabbia, quasi gridando; se ne va dal suo funzionario e io esco.



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