20 marzo 2018

la posta dei lettori_21.03.2018


Scrive Silvano Fassetta a proposito dell’editoriale scorso: Ho letto il suo bel articolo sull’ultimo “Arcipelago” e concordo pienamente con la sua analisi. Bisognerebbe aggiungere un capitolo su come viene, se viene, gestito il processo di integrazione della così detta “città metropolitana”, perché i comuni della cerchia, che dovrebbero farne parte, sembrano destinati ad essere considerati periferie … delle periferie! Cito il caso di Rozzano, comune nel quale risiedo. L’allungamento della linea tramviaria 15, fondamentale per decongestionare dal traffico privato sia la “pavese” che via dei Missaglia, procede con una lentezza esasperante. Siamo in ballo da 5 anni e non se ne vede la fine. Ben 5 (cinque) ditte assegnatarie dei lavori sono fallite in sequenza, immagino per la mai abbastanza detestata pratica delle gare d’appalto “al ribasso”, che alla fine ci costano, in modi diversi, molto di più del dovuto! Inoltre Atm, che dovrebbe assicurare la pulizia dei binari, di fatto li trascura al punto che diventano delle vere e proprie discariche di ogni tipo di immondizia. Come molto opportunamente dice Lei, sarebbe bene che Sala, anziché dedicarsi (anche lui!) a “tiritere” su Renzi, il PD e la “sinistra”, assumesse decisamente la veste di “sindaco metropolitano” e cominciasse quel lavoro, che si prospetta lungo e faticoso, di “costituzione” della “grande Milano”.

 

Scrive Giuseppina Latella a proposito dell’articolo di Marina Romanò: Le parole dell’articolo di Marina Romanò mi hanno subito rievocato il ricordo di quel giorno, che speravo di aver cancellato definitivamente dalla mia memoria. Ero anch’io al suo fianco, tra coloro che volantinavano, proprio davanti l’ingresso della statale in via sant’Antonio. Ci è stato impedito di accedere al corteo e ci siamo sentite dire che “questo è fascismo” proprio da chi avrebbe dovuto rappresentare anche la voce degli studenti e che invece non ha posto le condizioni per evitare che li manganellassero.
Sarà per la non più giovane età e il fare da signore per bene, ci è stato consentito di varcare la soglia di via Sant’Antonio impedita al corteo dei manifestanti, ma è bastato cercare di aprire un dialogo con il Direttore generale e gli altri componenti del senato accademico, che alla spicciolata si accingevano frettolosamente a varcare la soglia dell’ateneo, per vedere subito nei loro sguardi sorridenti un cambiamento di espressione. Di colpo siamo diventati i “nemici”, quelli contro… cosa poi? Visto che la finalità di tutti avrebbe dovuto essere migliorare la qualità dell’università pubblica.
Senza entrare nel merito delle cifre e dei presupposti alla base di tale progetto, che a detta di molti (e della sottoscritta) pongono seri dubbi sulla fattibilità dello stesso, è sufficiente soffermarsi sulle modalità con cui è stato condotto: la mancanza di progetti alternativi e comparativi su cui attivare un confronto con la cittadinanza, gli studenti, i lavoratori, e tutti gli altri soggetti interessati sono solo un esempio di un percorso che è apparso a tutti come calato dall’alto, imposto per trovare una soluzione ad un problema che non è quello dell’università statale, bensì del post Expo. Per non parlare dell’inascoltato argomento delle bonifiche, per il quale è stato meglio tacere onde evitare di dover affrontare il tema dei conseguenti fabbisogni finanziari e di dilazione di tempi.
La ricerca del dialogo tra cittadini e istituzioni dovrebbe essere la condizione sine qua non per l’avvio di progetti epocali come questo, tanto più per una città come Milano che fa della programmazione partecipata un suo fiore all’occhiello.
Ben venga chi, come Marina, evita che il tutto vada dimenticato. Non dobbiamo rimuovere ciò che è accaduto, anzi è necessario ricordare e aprire gli occhi a tutti, soprattutto ai più giovani a cui dovremmo trasmettere il valore del dialogo e non della forza per ottenere il rispetto dei nostri diritti costituzionali.

 

Scrive Miriam a proposito dell’intervento di Franca Caffa: Conosco bene le case popolari di San Siro, via Abbiati in particolare. Non abito neanche in zona, abito in zona 1, dove si vota il PD. Però lì vivono amici che visito e mi raccontano. E la situazione è identica a quella perfettamente descritta nel vostro articolo. Durante l’ultima campagna elettorale per le amministrative, nel 2016, ho voluto seguire personalmente gli interventi dei vari candidati e assessori nella zona. Ho ascoltate anziane signore molto in gamba, vivono lì da sempre e presiedono i vari comitati. Mai ascoltati. Comitati fatti di donne e uomini giovani e meno giovani, italiani e non italiani, persone dignitosissime, educate, spesso anche istruite. Senza interlocutori. Si riuniscono in un locale al piano terra: si attraversano cortili pieni di fango e sporcizia, spazzatura, calcinacci, c’è una targa su una porta sbilenca, l’interno è desolato e desolante, crepe, infiltrazioni, muffa, a malapena una lampadina funzionante, sedie mezze rotte. Dicono, e hanno ragione, che oramai le case di San Siro non si possono più neanche considerare in periferia, c’è la metropolitana a due passi. I politici spiegano il solito: il Comune non può intervenire, le case sono gestite da Aler, e Aler, al di là dei suoi problemi, non garantisce la manutenzione degli stabili nei quali la morosità degli inquilini supera il 30 %. E allora, come fare? È una realtà di cui, da cittadina di Milano mi vergogno.
Mi permetto di aggiungere in nota: voto a Milano da anni, ogni volta mi trovo a constatare le condizioni, appunto, vergognose delle scuole pubbliche in cui studiano i nostri bambini. Anno dopo anno non ho mai notato nessun intervento di manutenzione effettuato, dico nessuno: gli stessi scalini spezzati, le pareti scrostate, i vetri sporchi, i banchi arrugginiti, i bagni rotti. Parlo di scuole in zona 1.



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