13 febbraio 2018

libri – RACCONTI RITROVATI


Anna Banti
RACCONTI RITROVATI
a cura di Fausta Garavini
La Nave di Teseo, Milano, 2017
pp. 390, euro 20,00

libri06FBRitornano al loro splendore i “Racconti ritrovati” di Anna Banti, lo pseudonimo della scrittrice Lucia Lopresti in Longhi (1895-1985). Grazie a una geniale operazione della Nave di Teseo, in questo volume sono stati riuniti i racconti pubblicati su giornali e riviste dal 1930 al 1984. Banti, pessima segretaria di se stessa, non ha mai tenuto un archivio di manoscritti né un registro di pubblicazioni, pertanto niente esclude che sia sfuggito alla rassegna qualche racconto.

La raffinatezza della sua prosa narrativa restituisce una scrittrice autentica, forse poco letta, che tratta temi ancora molto attuali, meditando su personaggi femminili. Sono ritratti e segmenti di vita, che la scrittrice tratteggia con una penna tagliente, descrivendo manie, difetti, ridicolezze. Si guarda intorno e fantastica sulle persone che incontra per strada, immagina la loro vita. Nella cornice del suo quotidiano estrae elementi narrativi. Così il lettore segue gli spostamenti della famiglia Lopresti fra Bologna e Roma per poi fermarsi sulle colline toscane.

Curioso sapere che il primo racconto nel volume (Barbara e la morte), che è poi quello d’esordio, fu inviato quasi clandestinamente a un concorso bandito dal giornale la “Tribuna”. Correva il 1930. Il racconto non vinse, ma fu elogiato e pubblicato con lo pseudonimo. Stare all’ombra di un nome inventato le permetterà di non coinvolgere il marito.

Come sottolinea la curatrice Fausta Garavini, l’autrice, pur amando il Manzoni, lo rimprovera di aver servito troppo la storia e poco il romanzo. Lei fa il contrario. Si diverte a ribaltare le leggende, rimodellando, a suo gusto, i personaggi. Ricerca donne d’altri tempi e si cimenta in tre prove di racconto storico, con ironia. Dipinge Caterina de’ Medici che battaglia con cortigiani, figli, fazioni cattoliche e protestanti; Beatrice Portinari, quel pettegolezzo che unisce il suo nome a quello di Alighieri; Laura De Sade, attentissima massaia, donna cantata nel Canzoniere, nella quale si fonde il quotidiano e il cosmico, l’effimero e l’assoluto.

Spesso la scrittrice sconfina nel surreale, in preda a deliri onirici, come si evince in Delitto e Castigo, in Rivelazione e in Morte di Candida. Qui ritroviamo una certa nervosità espressiva, che dà voce a sentimenti esasperati e a un tono lirico-magico della narrazione, quasi volesse compensare le asperità del periodo in cui vive, assai penoso per lei. Tra le macerie della guerra perde due manoscritti, che riprenderà ed elaborerà in una nuova forma. Il 17 maggio 1945 scrive all’amica Leonetta Cecchi Pieraccini: “Sarà per le mie perdite, sarà per una mancanza di alimento morale che la vita concede sempre meno e di cui io purtroppo sono sempre più affamata: il fatto sta che quel che scribacchio non è che pallido mestiere, materia commerciale: sicché se trovi la mia firma, non leggere Leonetta mia.”
Cristina Bellon

Questa rubrica è a cura di Cristina Bellon
rubriche@arcipelagomilano.org



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