13 febbraio 2018

la posta dei lettori_14.02.2018


Scrive Roberto Taranto a proposito dei medici di famiglia – La sanità, come noto, rappresenta gran parte della spesa regionale e quindi la nuova amministrazione che uscirà dalle prossime elezioni avrà come sempre al centro tale tema. Nel dibattito preelettorale un argomento ha finora avuto scarso rilievo, quello del futuro del ruolo dei medici di base.

Tale ruolo, come sappiamo, è essenziale per tutto ciò che attiene all’uso delle risorse pubbliche, ma anche come unico custode delle condizioni sanitarie dei cittadini, nonostante e forse proprio per lo sviluppo della medicina specialistica. Solo il medico di base, infatti, può valutare le cure del cittadino paziente nel loro insieme e le interrelazioni tra le diverse medicine che, soprattutto per i cittadini più anziani, vengono prescritte dai diversi specialisti.

Di fronte a tale ruolo fondamentale del medico di base la realtà attuale e la sua evoluzione preoccupano molto. Infatti è crescente il numero di medici di base che lasceranno per ragioni di età- ma non solo- la loro attività nei prossimi anni e il numero di laureati in medicina di base nelle nostre università è calante- mi si dice che se ne siano laureati a Milano solo 8 nell’ultimo anno contro oltre 30 che sarebbero necessari per sostituire i medici uscenti nei prossimi anni-.

Sarebbe importante che il dibattito preelettorale a livello regionale toccasse tale tema e delineasse alcune proposte capaci di salvaguardare un ruolo di tutto rilievo per il cittadino. La retribuzione assegnata al medico di base è infatti invariata da molti anni e il sistema di gestione del numero massimo di assistiti per medico di base da rivedere, stimolando magari la concorrenza tra medici sulla base della loro competenza e capacità.

Sarebbe interessante aprire un dibattito sul tema su Arcipelago nei prossimi numeri.

 

 

Scrive Roberto De Micco a proposito di immigrazione e partecipazione – Cari cittadini milanesi, quante volte vi sarà capitato di sentire qualcuno dire: “…non se ne può più di questi migranti?” O magari vedere l’espressione di chi non lo dice, ma evidentemente lo pensa.

E poi c’è la soluzione predicata da alcuni, troppi: quella “mettiamo muri e impediamo loro di arrivare, rimandiamoli a casa loro …”

Sono considerazioni che vanno di moda purtroppo anche in altri paesi europei e trovano sostenitori anche oltre oceano.

Il punto di base è che, al di là della gestione della mera emergenza, in Italia è mancato e manca un progetto di governo centrale che si ponga l’obiettivo del “dopo accoglienza”, cioè quello della integrazione. Semplicemente non c’è.

Quindi ripeschiamo i migranti dal mare, “quasi” tutti, e questo è bene, tanti ci stimano per questo (senza però partecipare attivamente), però poi li “stipiamo”, molto spesso inattivi, in edifici gestiti da associazioni non profit ed aspettiamo che si definisca con calma (una calma che può durare due anni) se il richiedente asilo abbia diritto allo stato di rifugiato oppure no.

E questo è male: così abbiamo strade e piazze con persone dalla pelle scura che non sanno cosa fare e molti milanesi li guardano fra l’indifferente, il preoccupato, l’irritato, il malevolo.

Ma qual è la soluzione? “Farli lavorare” direte voi; si! Semplice ed esatto, proprio così.

Ho quindi preso l’iniziativa di chiedere un incontro all’assessore al welfare, Pierfrancesco Majorino che gentilmente mi ha accolto come un “cittadino che ha qualcosa da dire” ed ha saputo ascoltare la proposta progettuale. Questa partiva da quanto già stava facendo l’assessorato, suggerendo una sistematicità progettuale unita ad uno specifico piano comunicativo.

In qualche mese è quindi nato il progetto comunale “Milano extrapulita” che si rivolge non solo ai richiedenti asilo, ma anche agli italiani con storie sociali difficili alle spalle.

Sono state create piccole squadre miste italiani/stranieri, coordinate da una cooperativa sociale, che da dicembre agiscono in città “su strada”, tenendone cura con azioni di pulizia in collaborazione con AMSA. Ma questo è solo l’inizio del percorso, fatto di altri passi: insegnamento dell’italiano e regole di comportamento per vivere in Milano, svolgimento di corsi professionali per arrivare al tirocinio presso una azienda e possibilmente ottenimento di un lavoro.

Come dicevate voi, bisogna farli lavorare, italiani e stranieri, affinché ritrovino dignità e possibile reinserimento sociale.

Ma perché ho iniziato con “Cari cittadini milanesi”? Perché questo progetto, oggi progetto del comune, avrà vero successo, se diventerà il vostro progetto.

Per essere convinti bisogna prima essere informati e quindi con il Consorzio Farsi Prossimo, emanazione di Caritas ed altri amici volontari, abbiamo pubblicato il sito www.milanoextrapulita.it per consentirvi di leggere come funziona, conoscere gli operatori, dare il vostro consenso, oppure dirci perché non siete d’accordo e dare suggerimenti, fare una donazione, diventare sponsor se siete una azienda: insomma consentirvi di partecipare, volete?

Molti volontari sono già all’opera e altre città stanno per aggiungersi a Milano su questa iniziativa. Vuoi scommettere che se partecipate in tanti dando una mano, anche solo il conforto di una vostra approvazione, questa diventa una soluzione nazionale? Ne avremmo tanto bisogno, anche perché scopriremo che queste persone “deboli” non sono un problema, ma sono un’opportunità e leva di crescita.

Consideratela una bella sfida, per la città e soprattutto per voi.



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