7 novembre 2017

arte – LARTIGUE, LA FOTOGRAFIA E LA FELICITÀ DELLO SCATTO


Al Bagatti Valsecchi, fino al 26 novembre, è in corso un (ideale) dialogo tra tre ameni personaggi: i due fratelli e proprietari di casa Bagatti Valsecchi e il fotografo francese Jacques Henri Lartigue. I tre vissero quasi in contemporanea tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, si mossero tra gli agi dell’alta borghesia (milanese in un caso e francese nell’altro), fecero viaggi e vacanze in Costa Azzurra o in Svizzera, ma sopra ogni cosa si dedicarono al collezionismo. Per Fausto e Giuseppe fu un collezionismo di atmosfere, arredi e dipinti, per Lartigue di attimi vissuti.

arte37FBPittore e fotografo, Jacques Henri Lartigue (Courbevoie 1894 – Nizza 1986), rivela con chiarezza nei suoi diari cosa lo abbia spinto a fotografare: il desiderio di fissare le immagini e i momenti felici che il tempo porta via. Lo fa per tutta la vita, scrivendo e fotografando il proprio mondo. Unico nella storia della fotografia, Lartigue ha fotografato la sua esistenza giorno dopo giorno, come ha scritto Richard Avedon, entusiasta del suo lavoro.

L’artista fu un enfant prodige: senza nessuna consapevolezza artistica, stilistica, compositiva, comincia dall’età di sette anni a creare immagini; la fotografia è per lui qualcosa di innato, è la voglia di creare delle copie del reale, registrarne le tracce, senza apportare modifiche. L’attività dell’autore appare come un riuscito tentativo di catalogazione: il fotografo è affetto da una strana tensione alla registrazione di quanto passa davanti ai suoi occhi, quasi non volesse dimenticare nulla. Compie un’operazione strettamente legata alla dimensione della memoria, del ricordo. Solo da vecchio si confronterà con i lavori dei grandi maestri, con Ansel Adams, Brassaï, Bill Brandt, forse anche con William Klein.

Ma il termine “professionale” indispettisce Lartigue: l’arte, la fotografia per lui non sono mai state una professione, piuttosto una gioia, per conservare la felicità dello scatto. Di professioni Lartigue non ne ha avute, né avrebbe potuto concepirne e la fotografia è semmai un piacere personale, da spettatore che guarda, senza preoccupazioni. Viene finalmente riconosciuto come grande fotografo a 70 anni, con la prima mostra fotografica personale al MoMA di New York. Nel 1979 dona l’intera sua opera fotografica allo stato francese che istituisce l’Association des Amis de Jacques Henri Lartigue denominata poi Donation Jacques Henri Lartigue.

La mostra al Museo Bagatti Valsecchi, curata da Angela Madesani e allestita da Lissoni Associati, consente attraverso i trentatré scatti, un tuffo in un sogno dal profumo di Belle Époque francese in una casa milanese dal sapore tutto rinascimentale. Un’esperienza surreale, non perdetevela!

Jacques Henri Lartigue Fotografo. Il tempo ritrovato Museo Bagatti Valsecchi, Via Gesù 5, Milano – fino al 26 novembre 2017 Da martedì a domenica, 13 – 17.45 Ingresso: intero 9 euro, ridotto 6 euro

KLIMT EXPERIENCE

La Klimt Experience del Mudec, inaugurata a fine luglio e fruibile fino a gennaio 2018, è un progetto ad alto impatto tecnologico dedicato al Maestro della secessione viennese. Il percorso multimediale propone al visitatore un modello di godimento dell’opera d’arte attraverso le potenzialità delle nuove tecnologie: questo si traduce in una grande sala, dove su pareti, pavimento e soffitto si susseguono più di 700 immagini che attingono a tutto il repertorio artistico dell’artista, al contesto storico e architettonico, al design, alle forme astratte.

70 minuti nel Klimt-mondo consentono una visione a tutto tondo dell’uomo: accanto all’arte dell’artista si ammirano le fotografie d’epoca e le ricostruzioni 3D della Vienna dei primi del ‘900, con i suoi luoghi simbolo, i costumi, la moda di una città in fermento. Ma sono solo immagini: i pannelli esplicativi che raccontano la vita e il lavoro dell’artista sono relegati fuori. Se da un lato è auspicabile lasciare che le immagini parlino da sole, soprattutto quando l’artista è così noto, dall’altro, forse, viene meno il ruolo educativo e divulgativo che le mostre dovrebbero/potrebbero avere. Ma forse un visitatore non cerca in mostra, oltre che la bellezza anche l’apprendimento?

È innegabile che esperienze espositive di tipo tradizionale non potranno mai consentire un incontro con l’artista, le opere e il contesto così completo; nella stessa maniera non saranno mai fruibili dal vero le immagini in così alta definizione: grazie infatti al sistema Matrix X-Dimension, 30 proiettori laser trasmettono sui megaschermi dell’installazione immagini a oltre 40 milioni di pixel. La colonna sonora che va da Strauss a Mozart, da Wagner a Lehár, da Beethoven e Bach, gioca tutto sulla forte riconoscibilità dei brani selezionati: appartengono talmente tanto alla cultura collettiva che è difficile che le teste degli ascoltatori non dondolino seguendo la musica.

Pur subendo il fascino delle figure femminili di Klimt, del suo uso dell’oro e dei colori, e restando ammirata dall’uso della linea, sono stati settanta minuti lunghi e costosi (12 euro il biglietto intero), dai quali sono uscita annoiata e per nulla ammaliata. La percezione più forte è stata quella di aver visto qualcosa di scontato, fatto apposta per compiacere, in immagini e suoni, la conoscenza già condivisa dell’artista, l’immagine che già tutti hanno e che viene così alimentata e soddisfatta.

Manca l’invito ad andare oltre l’esperienza vissuta, a cercare fuori dalle mura del Museo le tracce lasciate dal vero Klimt. Manca quel semino di curiosità che una visita dovrebbe lasciare, che cresce alimentato da suggestioni e approfondimenti, e che porta a scegliere di tornare a visitare altre mostre e altri musei.

Klimt Experience, fino al 7 gennaio 2018 al MUDEC – Museo delle Culture (via Tortona 57, Milano). Orari: lunedì 14:30 – 19:30; martedì, mercoledì, venerdì, domenica 9:30 – 19:30; giovedì e sabato 9:30 – 22:30. Biglietti: intero 12 €, ridotto 10 € / 8 €, gruppi 10 € / 6 € / 3 €.

IL MONDO FUGGEVOLE DI TOULOUSE-LAUTREC

Palazzo Reale prosegue sulla scia dei grandi nomi e propone una nuova mostra monografica dedicata all’artista Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901); attraverso un ingente numero di pezzi viene ripercorsa la vita spregiudicata e sempre ai limiti dell’artista francese. La mostra, a cura di Danièle Devynck (direttrice del Museo Toulouse-Lautrec di Albi) e Claudia Beltramo Ceppi Zevi, è promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, da Palazzo Reale, da Giunti Arte Mostre Musei e da Electa, in collaborazione con il Musée Toulouse-Lautrec di Albi, con il patrocinio dell’Ambasciata di Francia in Italia.

Sono 200 le opere di Toulouse-Lautrec in mostra, con ben 35 dipinti, oltre a litografie, acqueforti e affiches, provenienti da prestigiose istituzioni internazionali e da diverse storiche collezioni private; un numero, forse eccessivo, ma che consente senza dubbio di accompagnare il visitatore attraverso ogni tappa del percorso artistico del pittore, di incontrare ciascuno dei personaggi che sono stati protagonisti dei suoi quadri o disegni, di immergersi nelle atmosfere e nei luoghi della Parigi di fine Ottocento.

Il quartiere di Montmartre ha rappresentato un importante capitolo della vicenda artistica di Toulouse-Lautrec: il sobborgo parigino, ricco di cabaret, trattorie, caffè concerto, sale da ballo, e piccoli esercizi che facevano da sfondo a una folla eterogenea e variopinta di poeti, scrittori, attori e artisti, si faceva portavoce di una carica trasgressiva che si basava sulla osmosi di rappresentanti del bel mondo.

In questo ambito, Toulouse-Lautrec condusse la sua ‘lettura della vita moderna’ scavando nella psicologia di quanti lavoravano sotto la luce dei riflettori di Montmartre: ecco allora la corposità della Goulue, la raffinatezza di Jane Avril, l’inimitabile portamento di Yvette Guilbert, la forte presenza scenica di Aristide Bruant.

Due sono gli elementi che rendono particolarmente eccezionale la visita: da un lato il nucleo completo dei manifesti realizzati da Toulouse-Lautrec, accompagnati da studi e bozzetti preparatori dell’artista “maledetto”; si tratta di straordinari ritratti dei personaggi e del mondo dei locali notturni di Montmartre. Secondo aspetto di rilievo è il serrato dialogo tra i disegni e dipinti di Toulouse-Lautrec con alcune rare e preziose stampe di maestri giapponesi. Pecca della mostra è la scarsa attenzione agli apparati didattici: alcune didascalie non corrispondono alle opere alle quali sono giustapposte e tra i pannelli ce ne sono alcuni con sintassi scorretta o che presentano errori. Piccoli dettagli, certo, ma fastidiosi per il visitatore.

Toulouse-Lautrec fu uomo fuori dal comune e problematico, che visse fuori dagli schemi e perennemente contro i benpensanti, ma ebbe il grande merito di raccontare personaggi e situazioni al limite, senza sovrapporvi giudizi morali o etici, ma limitandosi a ‘raccontarli’ come si racconterebbe qualsiasi altro aspetto della vita contemporanea.

Il mondo fuggevole di Toulouse-Lautrec, fino al 18 febbraio 2018 presso il Palazzo Reale (piazza Duomo 2). Orari: lunedì 14:30 – 19:30; martedì, mercoledì, venerdì, domenica 09:30 – 19:30; giovedì, sabato 09:30 – 22:30. Biglietti: intero € 12, ridotti €10 / € 6.

BUON COMPLEANNO, CARAVAGGIO!

A Caravaggio, l’unico e il solo, il grande innovatore dell’arte, il personaggio controverso dalla vita burrascosa è dedicata l’ultima grande fatica di Palazzo Reale. Dentro Caravaggio è infatti un omaggio al lavoro del grande artista, nato a Milano proprio il 29 settembre 1571. Mediante le ventidue opere esposte sono raccontati gli anni della straordinaria produzione artistica di Caravaggio, attraverso due differenti chiavi di lettura.

Le indagini diagnostiche e le nuove ricerche documentarie che hanno portato a una rivisitazione della cronologia delle opere giovanili, grazie appunto sia alle nuove date emerse dai documenti sia ai risultati delle analisi scientifiche, da diversi anni la nuova frontiera della ricerca per la storia dell’arte come per il restauro.

Le opere sono poche, e questo è un grande punto a favore della mostra: l’attenzione è focalizzata solo sui capolavori; si possono osservare senza stufarsi e, girandoci attorno, si scoprono i percorsi compiuti dall’artista nella realizzazione. Attraverso le riflettografie e le radiografie, che penetrano in diversa misura sotto la superficie pittorica, si segue il procedimento creativo di Caravaggio, i suoi pentimenti, rifacimenti, aggiustamenti nell’elaborazione della composizione fino a creare una narrazione per ciascun pezzo, unica e autentica.

L’opera davanti e il video con l’approfondimento sul retro rappresentano, a mio avviso, una bella dimostrazione di quanto la tecnologia possa accrescere la profondità della visita, un’occasione per andare oltre il dipinto senza però sostituirsi all’emozione della contemplazione.

La tecnica di Caravaggio è stata oggetto di uno studio approfondito promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) che, a partire dal 2009, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano e con l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, ha analizzato attraverso una importante campagna di indagini diagnostiche le ventidue opere autografe presenti a Roma: “Sono emerse così – afferma la curatrice Rossella Vodret – alcune costanti nelle modalità esecutive di Caravaggio, ma sono venuti anche alla luce elementi esecutivi inaspettati e finora del tutto sconosciuti: dagli strati di pittura sono affiorate una serie di immagini nascoste. Inoltre è stato sfatato il mito che Caravaggio non abbia mai disegnato, dacché sono apparsi tratti di disegno sulla preparazione chiara utilizzata nelle opere giovanili”.

La mostra è promossa e prodotta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, in collaborazione con il MiBACT. Il Gruppo Bracco è partner dell’esposizione per le nuove indagini diagnostiche. Orari prolungati, visite guidate ad ogni ora, promozione martellante ovunque: lasciatevi travolgere dal flusso caravaggesco e godetevi l’arte del maestro!

Dentro Caravaggio, fino al 28 gennaio 2018 presso il Palazzo Reale (piazza Duomo 12, Milano). Orari: lunedì 14:30 – 22:30; martedì, mercoledì, domenica 09:30 – 20:00; giovedì, venerdì, sabato 09:30 – 22:30. Biglietti: intero € 13, ridotti € 11 / € 9 / € 6.

PIANETA SOTTSASS

Triennale Design Museum celebra il centenario della nascita di Ettore Sottsass (Innsbruck 1917 – Milano 2007) con una grande mostra monografica che rende omaggio all’uomo, architetto, designer, fotografo, filosofo, ceramista, urbanista. Ogni aspetto del suo carattere è valorizzato e celebrato. Un omaggio intellettuale, oltre che emozionale, di colei che ha accompagnato Sottsass nei suoi ultimi trent’anni di vita: Barbara Radice, curatrice della mostra, supportata nell’allestimento da Michele De Lucchi e Christoph Radl.

Attraverso un percorso che si snoda negli spazi della Galleria della Architettura del Triennale Design Museum si attraversano nove sale come arcipelaghi nei quali si mescolano i progetti, gli oggetti, le fotografie, i pensieri. Ogni superficie è occupata, come a immergere il visitatore nel Sottsass-pensiero. I nomi dei nove temi si riferiscono ad altrettanti titoli di scritti, nomi di oggetti o titoli di opere individuati come nomi/perno intorno ai quali si può immaginare organizzata l’opera di Sottsass.

Non si tratta propriamente di fasce cronologiche, anche se vagamente coincidono con qualche data, ma di umori e tendenze che si accavallano e sfumano gli uni dentro gli altri, allacciandosi ai precedenti e successivi. Lungo le pareti della Galleria sono in mostra da una parte opere contestuali ai temi delle stanze, dall’altra una scelta di fotografie all’origine del progetto del Maestro.

Il titolo della mostra, e del libro, There is a Planet, è quello di un progetto dell’autore dell’inizio anni ’90 per l’editore tedesco Wasmuth e mai realizzato; il progetto del libro, ora edito da Electa, raccoglieva in cinque gruppi, con cinque titoli diversi e altrettanti testi, fotografie scattate da Sottsass nel corso dei suoi viaggi intorno al mondo: foto di architetture, case, porte, persone, situazioni che riguardano l’abitare e in generale la presenza dell’uomo sul pianeta.

Che si ami o meno l’artista, che l’architettura sia una professione, una passione o che nutriate solo un vago interesse, la mostra va visitata il prima possibile. E comunque, uscirete dalla mostra innamorati del “poeta e ribelle”.

There is a Planet, fino all’11 marzo 2018 al Triennale Design Museum (viale Emilio Alemagna 6, Milano). Orari: martedì – domenica 10:30 – 20:30. Biglietti: intero 9 €, ridotti 5 / 7 €.

questa rubrica è a cura di Benedetta Marchesi
rubriche@arcipelagomilano.org


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