5 luglio 2017
Mo Yan
I QUARANTUNO COLPI
Torino: Einaudi 2017
pag. 456, euro 22,00
Nella Cina dei primi anni Novanta, Luo Xiaotong decide di rifugiarsi in un tempio abbandonato e diventare discepolo del Grande monaco Lan. Per espiare i suoi peccati e pervenire, attraverso l’adesione al buddismo, alla suprema saggezza. Il giovane discepolo, pur costantemente interrotto da una fantasmagoria di personaggi e dalla rutilante Sagra della carne che si sta organizzando all’esterno del tempio, racconta al maestro la propria vita che, tra illusioni, misfatti, tragici eventi, prima di tutto è la storia della sua famiglia.
Dalla scrittura evocativa e potente di Mo Yan nasce, sotto forma di monologo, un romanzo irrefrenabile, viscerale, violentemente comico, pur nella sua drammaticità. Mo Yan (pseudonimo dello scrittore cinese Guan Moye che significa “colui che non vuole parlare”, risposta scherzosa alla nonna che lo zittiva sempre, n.d.r.). nato in Cina nel 1955 da una famiglia di contadini nella provincia di Shandong, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 2012, autore di numerose opere narrative, testi teatrali, sceneggiature cinematografiche, racconta in questo libro, appena tradotto in italiano, scene di vita privata all’interno di un grande cambiamento politico-sociale: il passaggio dal pauperismo maoista all’ingordigia dell’economia di mercato. E lo fa con ironia e senso del grottesco.
Partendo dai suoi temi fondanti – la fame, il sesso, la mutazione della società contadina e lo stravolgimento dello stato di cultura e natura – Mo Yan mette in scena, con stile esilarante e sovversivo, lo spettacolo di un individuo che manda in pezzi la propria vita. Ne fa la storia di una famiglia e della sua rovina e al contempo dipinge lo splendido affresco di un degrado morale, come conseguenza ed esito della modernizzazione cinese.
Il romanzo si costruisce infatti intorno a un mito, quello della prosperità a qualunque costo, matrice di una serie drammatica di eventi, paradigma di una società fuori controllo.
Al centro della storia la macellazione, un’attività tutto sommato artigianale e tradizionale, alla base dell’economia locale, che si trasformerà in una carneficina industriale incapace di fermarsi, neppure davanti a metodi illegali e atrocemente crudeli. Il protagonista Luo Xiaotong, benché ancora bambino, sarà parte attiva di questo processo, perché da patologicamente ingordo di carne svilupperà uno spirito imprenditoriale che farà di lui l’eroe del posto, osannato come un santo, elevato a divinità. Poi tutto precipiterà.
C’è tutto Mo Yan in questo libro: la crudezza, l’ironia, il gioco sottile di uno stile narrativo che fa emergere le dissonanze, l’amore per il pirotecnico “giro di giostra” della vita.
Daniela Muti
questa rubrica è a cura di Cristina Bellon