21 giugno 2017

CHIEDO SCUSA SE PARLO DI …

Non perdere il treno per cambiare l’edilizia popolare


Chiedo scusa se parlo di Maria (Gaber 1973, da riascoltare: memorabile irruzione del “personale è politico”). Qui invece, più modestamente, e volendo trattare di politiche abitative, “chiedo scusa se parlo di … me”.

02d'agostini23FBCon l’assemblea 2017 della Cooperativa Dar Casa, di cui sono stato fra i fondatori 25 anni fa, ne ho lasciato la presidenza dopo quattro mandati, anche se continuerò a lavorarci. Dar Casa è stata per me il punto conclusivo, finalmente concreto e operativo, di oltre cinquant’anni di (poco) onorato servizio a favore delle politiche abitative, a partire da alcuni decenni di tentativi più o meno frustranti di rendere effettiva la pianificazione e programmazione dell’offerta abitativa nell’area metropolitana (Centro Studi Pim, Cimep, Provincia di Milano).

È dunque tempo, per me, di bilanci. E dico subito che ho diversi motivi di soddisfazione, anche se con questo breve scritto vorrei soprattutto mettere in guardia contro il rischio di un calo di tensione verso l’opportunità, che mi sembra invece a portata di mano, di imprimere un cambio di passo decisivo verso – non oso dire – la soluzione dei problemi abitativi della città, ma certamente una tappa importante in questa direzione.

Ho sempre ritenuto che l’isolamento e la separatezza dell’offerta abitativa pubblica rispetto alle altre forme e dunque la mancanza di un’offerta terza (Terzo Settore Abitativo?), capace di integrarla e di contaminarla, fossero il principale impedimento da rimuovere per dare una risposta dignitosa e adeguata alla domanda sociale. E, anche per questo, ho visto subito con favore il tentativo di un gruppo di volenterosi “democratici” che nel 1991, capitanati da Piero Basso, decidevano di mettersi in gioco per sussidiare la pubblica amministrazione a rispondere alla domanda abitativa posta dalla nuova immigrazione: non in modo emergenziale, ma dando vita a un’impresa strutturata che avesse prospettive di stabilità e capacità di generare effetti moltiplicativi.

Capivamo che il cammino era arduo e la sfida forse proibitiva ma, nonostante gli scarsi sostegni avuti da parte pubblica (poco più che amichevoli pacche sulle spalle) e la difficoltà di portare sul nostro terreno, quello dell’offerta in locazione a canone calmierato, altri pezzi della cooperazione di abitazione, ormai tutta orientata al mercato della vendita, non ci siamo scoraggiati. Così, nella seconda metà degli anni ‘90 abbiamo chiuso alcuni accordi con Aler e Comune di Milano per la ristrutturazione di alloggi sfitti sottosoglia in diversi quartieri e per le “Quattro Corti” di Stadera (attuate insieme alla stessa Aler e alla Cooperativa La Famiglia) e da lì siamo partiti per crescere.

Esser giunti oggi a immettere sul mercato dell’alloggio sociale e a gestire più di 500 abitazioni rappresenta qualcosa che va oltre la testimonianza per incidere in modo non marginale nella risposta alla domanda più debole. Di più, nel nostro percorso abbiamo messo a punto e praticato due modelli di intervento, uno sul recupero (per esempio, Stadera) e una sul nuovo (per esempio, Cenni di Cambiamento o ViVi Voltri) che, se replicate in modo massiccio e convinto, avrebbero potuto – e ancora possono, crediamo – avviare verso la soluzione del problema casa nell’area metropolitana.

In diversi interventi su ArcipelagoMilano ho cercato di mostrare come la separatezza dell’Erp e la mancanza di mobilità fra i mercati siano le cause più profonde dell’enorme sottoutilizzo e dell’uso iniquo del patrimonio e ne sottraggano quindi all’impiego una porzione rilevante, che potrebbe invece rispondere ad una altrettanto rilevante quota di domanda sociale.

Mancano le risorse per immaginare di rispondere ai grandi numeri della domanda con nuove costruzioni finanziate dal settore pubblico e sarebbe ora di smetterla di rivendicare e diffondere ingannevoli prospettive risolutive su questo terreno. Più risorse pubbliche, che comunque è giusto rivendicare, vanno semmai utilizzate per aumentare l’efficacia sociale degli interventi cofinanziati dai Fondi Immobiliari di Cdp o le quote di locazione (a canone sociale e concordato) negli interventi di trasformazione urbana del PGT di Milano, cioè per politiche di supporto e completamento di quella che deve continuare a essere “l’ossessione” del Sindaco: non un alloggio sfitto al termine del mandato nel patrimonio comunale. Il che significa ristrutturare e rimettere in circolo alcune migliaia di alloggi, incominciando così a dare una risposta anche numericamente significativa alle famiglie in attese nelle graduatorie Erp.

Con la giunta Pisapia (Castellano e poi Benelli alla Casa) questa prospettiva aveva cominciato a delinearsi (“ora si può” scrivevo su ArcipelagoMilano dell’11 febbraio 2012), ma per la novità dei pur volenterosi e capaci assessori e per il cambio in corsa, i risultati arrivarono solo verso fine mandato, con due importanti provvedimenti, l’affidamento a MM della gestione degli alloggi comunali e la costituzione dell’Agenzia per la Locazione, ma anche con bandi innovativi ed efficaci per il riuso di alloggi pubblici, come Residenze Sociali per l’alloggio temporaneo a sfrattati in attesa dell’assegnazione Erp, e Ospitalità Solidale, per alloggiare in quartieri popolari giovani disposti a svolgervi attività sociali.

Negli incontri per il programma del candidato Sala emergeva poi la necessità di operare in continuità con i buoni indirizzi della precedente, imprimendo però una accelerazione al percorso, con impegni anche quantitativi, in primo luogo quello ricordato del completo riutilizzo del patrimonio comunale, anche con il coinvolgimento del privato sociale. La ciliegina sulla torta era poi la scelta del nuovo assessore, Gabriele Rabaiotti, grande conoscitore della materia ma anche diretto protagonista di importanti esperienze innovative nel settore della casa sociale.

La nuova giunta parte dunque molto bene, riconfermando la priorità al recupero e anche stanziando subito le risorse per la ristrutturazione di un primo consistente pacchetto di alloggi comunali, da ultimare entro il prossimo anno. (In proposito occorrerebbe però che venisse resa pubblica al più presto – e magari monitorata con un “contatore pubblico” sul modello Expo – una programmazione che tenga sotto tiro il conseguimento dell’intero obiettivo nei cinque anni).

Negli stessi mesi, MM e l’assessorato promuovono una interessante iniziativa seminariale nelle case comunali di Solari 40, coinvolgendo tutti i soggetti pubblici e privati del settore, con l’ambizione di una lavoro di lungo periodo, articolato con laboratori, anche sul territorio. L’assessore ne dà un preciso indirizzo segnalando i temi guida del percorso: rottura del monopolio pubblico Erp e della “casa popolare per sempre”, unitarietà del sistema dei servizi abitativi in locazione con mobilità fra le diverse forme, gestione immobiliare e sociale integrata.

Vi riconosco tutte le mie ossessioni e non posso non constatare con soddisfazione che anche la nuova legge regionale casa 16/2016 proprio in quei mesi le faceva proprie. (Se poi sarà capace di attuarle, è tutto un altro discorso).

Concludo. Lascio dunque la presidenza della Cooperativa in un momento di grande soddisfazione, anche personale: per il percorso fatto, per il raggiunto consolidamento economico, per la felice conclusione del Progetto ViVi Voltri, di cui ho scritto in aprile scorso (“un’altra Erp è possibile”), per il bel seminario Dove vivono le relazioni che ha accompagnato la nostra assemblea e che ha coinvolto i principali attori del privato sociale e delle istituzioni che si occupano di casa e da cui è emerso un unanime riconoscimento del ruolo di Dar nell’innovare e qualificare la gestione dell’abitare sociale.

Tutto bene dunque?. Certamente sì, ma … Ecco, ci saremmo aspettati qualcosa di più esplicito da parte del Comune di Milano, in termini di impegni concreti affinché le buone pratiche tanto spesso lodate possano essere effettivamente replicate, e in quantità non marginali: ad esempio, a emettere bandi per il recupero dello sfitto che, a differenza di alcuni recenti, presentino condizioni di reale fattibilità per soggetti privati come il nostro, che evidentemente non possono operare in perdita.

Spero di sbagliarmi, ma mi è parso di cogliere, nel rallentamento e annacquamento del percorso seminariale – che vediamo anche come occasione di verifica e stimolo della attuazione delle politiche abitative, e in alcune reticenze dell’assessore rispetto a maggiori coinvolgimenti e responsabilità per il privato sociale abitativo, un allentamento della tensione e anche della fiducia che si respirava fino a qualche mese fa. Sarebbe un peccato, perché resto convinto che “ora si può”.

Sergio D’Agostini



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