4 aprile 2017
Scrive Giorgio Goggi – Ho letto l’articolo dell’amico Renato Pugno sul project financing di M5. Mi fa piacere che si sia aperto un dibattito sul problema del project financing e più in generale sul finanziamento delle opere pubbliche. Tuttavia, tra le molte cose giuste che dice Renato Pugno, ci sono anche alcune imprecisioni. Innanzitutto la gara per la M5 fu fatta, anzi, ne furono fatte due.
Alla prima gara si presentarono due compagini, l’una guidata da Alstom e l’altra da Ansaldo. Occorre dire che, nel mondo, i produttori di sistemi per metropolitane automatiche allora erano solo quattro e che l’unico produttore giapponese non partecipava alle gare europee.
Nessuna delle due offerte fu giudicata valida e la gara fu ribandita. Alla gara successiva si presentò un unico gruppo concorrente, formato dalle due compagini che si erano presentate insieme, proponendo la tecnologia Ansaldo. Si dovette quindi accettare l’unico gruppo rimasto.
Quando si passò a trattare la convenzione gli uffici del Ministero, che pure aveva imposto il project financing, si mostrarono piuttosto impreparati; il Comune si dotò quindi di esperti che avevano esperienza internazionale in materia e, grazie alla sopraggiunta delibera Eurostat, poté accollare al privato gli interi rischi di disponibilità e di costruzione e parte di quello di domanda. Le Giunte successive poi modificarono e integrarono la concessione.
Non faccio alcuna confusione tra Astaldi concessionario e Astaldi costruttore, dico solamente che il problema costruttivo di cui parlano tutti i giornali, ovvero la curva troppo stretta a Garibaldi, attiene alla responsabilità del costruttore e a questi il Comune, se lo vuole, può chiedere conto entro il decennio, anche in solido con il concessionario pro tempore.
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