1 marzo 2017

la posta dei lettori_01.03.2017


Scrive Gianluca Bozzia sulla rappresentanza – A Lamberto Bertolè vorrei dire: Sini e Onida possono fornire una visione filosofica o giuridica, ma, direbbe Severino in salsa Clinton, “è la tecnica bellezza!”. La soluzione infotelematica di M5S è un primo goffo, traballante, scricchiolante esperimento, parziale e migliorabile, ma condividere la conoscenza (attraverso informazione e formazione), il potere decisionale (attraverso algoritmi di decisione e verifica) e le responsabilità (attraverso organigrammi chiari, con misurazione, premi e penalità anche per gli eletti) è un passo necessario per funzionare.

Poi che la tecnica si mangi la politica o ne sia ancella, è una questione su cui dibattere, ma ad oggi non c’è partita e la finanza ha già usato la tecnica (o viceversa, ma è un altro discorso) per mangiarsi la politica. Se vogliamo tornare a praticare il gioco politico (non dico vincere), quello è l’unico strumento di potenza. Il resto è tutto “chiacchiere e distintivo”, tipo il PD che ci mette 70 giorni dal 4 dicembre a dire che farà un congresso o FI in versione messianica (nel senso che aspetta ancora il messia con i relativi tempi di attesa).

Scrive Andrea Vitali a proposito di scali e PGT – Ho diverse perplessità sugli argomenti sviluppati da Emilio Battisti e Mario Viviani, tesi – se capisco bene – a ricondurre la procedura di trasformazione degli scali ferroviari dismessi all’interno della revisione del PGT anziché in un AdP. Le motivazioni giuridiche mi sembrano infatti abbastanza fragili (se non inconsistenti), ma non è questo il punto; mi sembra ci sia invece una questione di opportunità. E’ abbastanza diffusa infatti fra gli intellettuali progressisti l’idea che tutto ciò che si fa tramite Piano Regolatore (comunque denominato) sia “buono”, solido, onesto; mentre tutto ciò che si farebbe tramite accordi, varianti ecc. sia inevitabilmente “oscuro”, fragile, viziato da un’irrimediabile debolezza dell’ente pubblico. Stranamente, è un po’ il contrario. Negli accordi di programma l’ente pubblico ha uno straordinario potere contrattuale: concede infatti volumetrie in cambio di impegni precisi, sottoscritti e garantiti. Nei piani regolatori (che sono atti autoritativi, ma unilaterali) invece no: si concedono volumetrie in cambio di niente, di vaghe contropartite da definire meglio in futuro. Intascate le volumetrie, la capacità di ottenere effettivi benefici pubblici da parte dell’ente pubblico è debolissima.

Quindi: il sogno di ogni proprietario immobiliare (FS compresa) è quello di ottenere ricche destinazioni di Piano Regolatore senza impegnarsi in nulla; e quello che teme sono proprio gli accordi, dove deve mettere nero su bianco che parte dei suoi profitti verranno destinati in opere pubbliche (come fare ciò con un Piano Regolatore? Basti vedere le smunte contropartite richieste dal PGT di Milano per farsene un’idea).

Insomma: uscire dall’AdP credo che sarebbe molto apprezzato da FS, si toglierebbe di torno un sacco di grane. Potrebbe spezzettare a piacere le aree, venderle, intascarsi le rendite, e decidere di usarle come crede: cosa di meglio? Mi chiedo però se sarebbe nell’interesse della città.

Scrive Paolo Bortolussi su espropri FS e aree – Sono lettore interessato da anni di ArcipelagoMilano e le chiedo una cortesia, di un suo pensiero e/o chiarimento su un principio cruciale legato al tema degli scali ferroviari. Da quanto leggo in vostri articoli, secondo lei sarebbe “politicamente” legittimo che il Comune decidesse di espropriare le aree a FS. É possibile avere un suo gradito contributo sul perché?

Questa, purtroppo ipotetica, prospettiva ribalterebbe qualunque considerazione sul perché e come definire il sistema di priorità sulla destinazione d’uso, sulla progettazione di infrastrutture e sull’architettura del luogo e forse anche l’interesse sul tema dei privati cittadini sarebbe anche maggiore di quanto già è.

Seguendo con passione il tema della riqualificazione del parco la Goccia, tuttora chiuso e oggetto di piani di intervento non condivisi, ho ricevuto informazione anche relative all’area Calchi Taeggi ovvero di “un intervento massivo su un enorme area verde di 413.000 mq, molto più importante dei più noti scali ferroviari ma sconosciuto ai più, che devasterà tutte le ultime aree verdi rimaste tra via Bisceglie e il Giambellino“.

La mia sensazione è che su tutte e tre queste immense aree (scali ferroviari, Parco la Goccia e Calchi Taeggi) il punto centrale sia quello che lei ha accennato, in un articolo di qualche tempo fa: chi è il vero padrone di casa? Situazioni che mi ricordano la vicenda area della Fiera, aree immense e un tempo pubbliche poi vendute da Ente Fiera con trattativa privata senza che il Comune abbia in quegli anni difeso l’interesse pubblico ma anzi svenduto la stessa proprietà pubblica. È cosi?”

 Scrive Cesare Mocchi sulla trasparenza – Dunque, l’assessore Cocco (dopo essere stata messa sotto pressione per la mancata presentazione della sua denuncia dei redditi, obbligatoria per legge), fa un “errore” dimenticando due zeri, e quelli che sembravano 36.000 € sono invece 3,6 milioni. Bazzecole (si spera però non faccia errori simili quando fa il bilancio, o i bandi di gara…).

Ma, mi chiedo (per pura curiosità): se un errore del genere lo avesse fatto – poniamo – la Giunta Raggi a Roma, i titoli dei giornali come sarebbero stati? Meno male che c’è ArcipelagoMilano che giustamente ci ricorda l’importanza della cosa.

 

 



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