30 novembre 2016
ALESSANDRO REALI
ULTIMA NOTTE IN OLTREPO’
Fratelli Frilli Editori, 2016
pag. 219, euro 11,90
La paura di non essere accettati dagli altri quando la nostra vita prende una svolta. E decidere di indossare una maschera per evitare lo scandalo, perché sappiamo che coloro che ci stanno accanto non comprenderebbero la nostra autenticità. Ecco, dove nascono i segreti, macigni che ci trasciniamo ogni giorno, come fardelli, dai quali vorremmo scappare, ma non possiamo … o non vogliamo. Accontentarsi è meglio. Nascondersi anche. Ma può un segreto durare tutta la vita?
Alessandro Reali risponde alla domanda e lo fa con uno stile coinvolgente e un ritmo serrato nel noir “Ultima notte in Oltrepò”, pubblicato da Fratelli Frilli Editori. In uno dei borghi più belli d’Italia, a sud della sua amata Pavia, l’autore riesce a creare quelle straordinarie miscele di indizi che permettono ai lettori di rimanere sul filo di una lama per tutta la narrazione.
A Fortunago, sulle colline che dividono le valli della Coppa e dell’Ardivestra, in una sera di fine novembre, il conte Simeone Oramala scompare. Gli Oramala sono una tra le famiglie più facoltose dell’Oltrepò e non solo perché Simeone vanta, giustamente, di essere un discendente di Orbizzo Malaspina, pronipote di Oberro, marchese di Liguria, che aveva ricevuto in dono il borgo di Fortunago da Federico Barbarossa.
Ma per le sue grandi proprietà terriere, che si estendono nelle valli circostanti, destinate, quasi interamente, alla produzione di vino e di foraggio. Il conte è un uomo pacifico, pieno di entusiasmo, legato alla sua terra e alla moglie Licia, rimasta su una sedia a rotelle dopo una caduta da cavallo. Però non disdegna le altre donne, come la bella Carolina Trivi e la splendida Marzia Pessani, sorella della moglie. Il perfetto equilibrio con cui gestisce il ménage familiare è agevolato delle ottime condizioni economiche e, soprattutto, dalla sincerità con cui fa le cose, sempre alla luce del sole. Eppure anche un uomo apparentemente imperturbabile può avere “gli occhi torturati da un pensiero cocente”.
A sbrogliare la matassa intricata sono due investigatori pavesi, Sambuco e Dell’Oro, alla ricerca di un caso che movimenti la loro vita, quasi tranquilla. Dell’Oro ha una visione ottimista del suo lavoro perché è convinto che l’uomo, e in primis lui stesso, non è fatto per starsene in pace, vittima del sadismo, della lussuria, dell’invidia, dell’avarizia, e dell’amore “oh, l’amore, niente porta guai come l’amore”. La strana coppia d’investigatori, incaricata dagli amici di famiglia del conte, segue le piste dei molti sospetti e indizi, partendo dal sentiero quieto della Rocca, attraversando una Pavia chiusa e sorniona, e una Voghera che tanto “bene” non è. Per poi arrivare al momento più atteso, in cui il movente si cristallizza e il segreto viene svelato. Perché la stima degli altri e la posizione sociale acquisita, in una provincia che nulla perdona, è più importante della verità. In fondo, tra queste pagine e molto altrove, si tende a porre poca attenzione alle cose vere. La realtà può essere noiosa e volgare. Il silenzio un ottimo rimedio.
Cristina Bellon
questa rubrica è a cura di Cristina Bellon