24 giugno 2015

musica – IL PRIVILEGIO DEI MILANESI


IL PRIVILEGIO DEI MILANESI

Ciò che è curioso, e che vorremmo porre come “questione musicale” ai nostri lettori, è la totale incomunicabilità fra le diverse istituzioni …“. Così scriveva il curatore di questa rubrica nel suo primo articolo, il 12 febbraio del 2009. Allora si riferiva alla assenza di coordinamento fra le diverse istituzioni musicali milanesi. Si riferiva anche alla ricchezza di offerta musicale di Milano, ricchezza che la mette in linea con le grandi capitali europee. Ma nello stesso tempo si augurava una programmazione “intelligente”, un “sistema” milanese volto a promuovere una stagione nella quale le varie istituzioni, autonome nel costruire i loro programmi, si mettessero in sintonia tra di loro, per dar vita a proposte musicali ricche di alternative e finalizzate a rispondere alle esigenze di un pubblico curioso e desideroso di una completa esperienza musicale.

musica24FBIn riferimento a quella sua iniziale riflessione, un’ idea forse un po’ stravagante può fare capolino e presentarsi ai famosi quattro lettori di questa rubrica. A Milano ci sono tre Orchestre stabili: Scala, Pomeriggi Musicali e Orchestra Verdi. Vi sono anche altre Istituzioni, certo importanti, ma non così stabili. Se tra i musicisti di queste orchestre ci fosse uno scambio che potesse permettere a un musicista della Verdi di sperimentare – per una stagione? – l’opera lirica, o a un musicista dei Pomeriggi Musicali di immergersi nell’esperienza sinfonica della Verdi o a uno Scaligero di mettersi in sintonia con l’orchestra da camera dei Pomeriggi? Forse ne trarrebbero vantaggio i musicisti, che arricchirebbero non solo il loro bagaglio cultural – musicale ma anche la loro esperienza professionale.

Può accadere, infatti, che restare per anni nello stesso posto, con lo stesso ruolo, provochi assuefazione, forse anche pigrizia intellettuale … . Mentre con uno scambio tra orchestre forse ne trarrebbe vantaggio anche l’istituzione di cui i musicisti sono dipendenti. D’accordo sulla singolarità di questa riflessione e soprattutto sulla sua difficile messa in atto. E tuttavia quel “sistema” milanese di cui si parlava in quel primo articolo, potrebbe riguardare non solo la costruzione delle stagioni musicali ma anche gli stessi musicisti, coinvolti in una sinergia che romperebbe l’incomunicabilità tra le diverse istituzioni.

Il 21 giugno, Festa della Musica. E Milano, città dalle mille, sorprendenti, iniziative non si fa trovare impreparata. Molti i luoghi coinvolti, dal Parco Forlanini al Parco Sempione, dal Cortile delle Armi del Castello Sforzesco al Museo del Novecento; diversi i generi musicali, dalla musica barocca per finire al tango e al reggae. Diventa una Festa della Collettività.

Al Museo del Novecento, musica barocca! Un concerto così intitolato “Du grand Siècle à la première guerre mondiale“. Abbiamo ascoltato musiche di Francois Couperin, Marin Marais, Jacques Duphly, Jean Baptiste Antoine Forqueray e Jean Baptiste Barrière – e siamo nel Settecento – per finire con Claude Debussy, Gabriel Fauré, Francis Poulenc, con il quale arriviamo al 1919!

Concerto singolarissimo! Percorrere le sale del Museo del Novecento, adocchiando le meraviglie – anche disturbanti – dell’arte del secolo scorso e arrivare alla Sala dell’Arte Povera, dove da un clavecin uscivano suoni d’altri tempi, un hautbois diffondeva altri suoni deliziosamente nasali, e violon e basse de viole accarezzavano non solo l’orecchio ma anche l’anima, è stata un’esperienza straniante e affascinante insieme.

Il concerto era dedicato a Laura Alvini, nel decennale della morte, ed è stato promosso dagli “Amici di Laura” in collaborazione con gli “Amici della GAM” e l’associazione OttavaNota. Diviso in tre diverse parti del giorno: ore 11.00, ore 15.30, musica barocca; ore 17.00 Debussy, Fauré, Poulenc.

Laura Alvini è stata docente di clavicembalo, clavicordo e basso continuo alla Scuola Civica di Musica di Milano. Ha avuto il merito di far conoscere e diffondere, a partire dagli anni ’70, la musica barocca e soprattutto di favorire un uso consapevole degli strumenti musicali antichi, di far crescere una pratica interpretativa tesa a fondere sensibilità musicale e precisione filologica. “… il fine che l’interprete si pone non è né semplice né delimitato e soprattutto evolve continuamente, poiché un buon interprete si pone delle domande sul passato in connessione a problemi e a contesti sempre nuovi“, così scriveva Laura Alvini nel gennaio del 1976 nella presentazione di un concerto dedicato a “L’interpretazione della musica francese dal Re Sole alla rivoluzione”.

E così possiamo ritornare a quel primo articolo del febbraio 2009: “… ci rendiamo facilmente conto che la fortuna di poter ascoltare tanta musica di così grande livello artistico e professionale arride ad una sparuta minoranza di esseri umani; e noi abbiamo questo privilegio “in casa”!

Maria Matarrese Righetti

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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