16 ottobre 2013

musica – INAUGURAZIONE DELLE SERATE MUSICALI


 

INAUGURAZIONE DELLE SERATE MUSICALI

Finalmente una serata magnifica e degna di inaugurare una delle storiche stagioni milanesi di musica da camera. Purtroppo a sala mezza vuota, a causa della burrasca che imperversava a Milano quella sera, giovedì scorso al Conservatorio ha preso il via il nuovo ciclo delle Serate Musicali con un concerto di elevatissima qualità, a dispetto del fatto che sia i solisti (il violinista Thomas Zehetmair e la violista Ruth Killius) che l’orchestra (“l’orchestra di Padova e del Veneto”) non facciano parte del grande circo mediatico del concertismo internazionale.

musica_35Ci ha molto colpito la biografia di Zehetmair, una famiglia nata intorno al Mozarteum di Salisburgo dove i due genitori insegnavano e dove lui ha studiato e si è diplomato, che da vent’anni suona con la moglie tedesca (ricordate il film “Una fragile armonia” di cui parlammo solo tre settimane fa?) in un Quartetto da lui fondato, che porta il suo nome e con il quale gira il mondo intero. Una storia antica, che sembra ripetersi nei secoli, soprattutto in quel magico mondo mitteleuropeo che crediamo di conoscere bene e che invece ci nasconde sempre qualche mistero.

Un concerto memorabile per i due pezzi forti della serata, la Sinfonia concertante in mi bemolle maggiore K. 364 di Mozart e (niente-po’-po’-di-meno-che) la Quinta Sinfonia in do minore opera 67 di Beethoven. A introdurli, nel primo tempo la “The unanswered question” – un breve celebre pezzo per orchestra da camera del 1906 di Charles E. Ives, poetica e assorta riflessione sull’essenza della musica che sembra non conclusa proprio per affermare che non è possibile alcuna conclusione quando ci si pone seriamente la questione musicale – e nel secondo un goffo “Adagio per tromba e orchestra” attribuito (a nostro giudizio impropriamente) a Verdi, giusto per ricordarci che proprio quel giorno ricorreva il bicentenario della sua nascita.

Dunque Mozart, che in termini moderni non potremmo chiamare Sinfonia ma piuttosto “doppio concerto” per violino, viola e orchestra, diretto dallo stesso violinista che lo eseguiva insieme alla consorte in una partita a due non solo suonata ma anche “recitata” come fosse una amorosa pièce teatrale. Immaginate i due solisti che iniziano dando le spalle al pubblico per dialogare intimamente con l’orchestra, più avanti si rivolgono alla sala per dare forza ai “ripieni” e ai “tutti”, poi ancora si pongono uno di fronte all’altro, nelle cadenze, con gli strumenti che quasi si toccano come a scambiarsi tenerezze e baci, poi ancora si voltano verso l’orchestra e così via. Sembrano recitare – con composta classicità – una scena d’amore, in realtà interpretano la musica anche con il corpo, la spiegano agli ascoltatori e li rendono ancor più partecipi. Era curioso percepire da lui la voce più femminile, del violino, e da lei quella più virile della viola (lo strumento che Mozart suonava personalmente e che, allo scopo di farne risaltare la sonorità, vuole in questa occasione sia accordata mezzo tono più alto); una sensazione molto “mozartiana” di scambio fra le parti, che si accentua nel finale (un presto “in tempo di contraddanza”) in cui i due strumenti solisti entrano in punta di piedi ma finiscono per diventarne gli assoluti protagonisti.

E poi Beethoven, con la più beethoveniana delle sue Sinfonie, quella che ogni musicista sogna di dirigere, un concentrato di vitalità, di emozioni, di vibrazioni fisiche e spirituali. Non avremmo mai immaginato di poterne ascoltare una esecuzione di tale livello, tanto da far affiorare prepotentemente il ricordo di Karl Böhm con i Wiener e di Claudio Abbado con i Berliner; non solo bravissimo lo Zehetmair, violinista e direttore che contro ogni regola dimostra di saper eccellere in entrambi i ruoli, ma magnifica anche l’orchestra, con la sezione dei violoncelli – nella Quinta hanno una parte essenziale – che nei due famosi incipit del secondo e del terzo tempo hanno letteralmente fatto venire i brividi agli ascoltatori.

Questa Quinta ci ha sconvolto, e non è facile che capiti; appartiene a quell’elenco di musiche che ascoltiamo da quando siamo nati, che canticchiamo soprapensiero, malamente utilizzata dal mondo della pubblicità e spesso anche nelle colonne sonore dei film, che ha avuto mille interpretazioni per cui finiamo per crearci una “nostra” idea di quella musica e guai a chi se ne discosta. Insomma ci vuole molto coraggio per affrontare una musica tanto celebre, amata, consumata; occorre possedere una grande umiltà ma anche una grandissima sicurezza, non è tollerabile alcuna sbavatura, non ci si può lasciare andare un secondo né perdere il minimo colpo; la concentrazione, la visione d’assieme e la cura di ogni dettaglio devono essere assolute.

Chapeau, dunque, non solo ai musicisti ma anche alle Serate Musicali che si dimostrano essere ancora una volta una delle migliori istituzioni musicali milanesi.

P.S. Nell’ultimo numero del giornale avevamo chiesto al Presidente della Società del Quartetto di farci conoscere il suo punto di vista sulle vicende di cui si è occupata più volte la stampa milanese, e in particolare Repubblica, riguardante Casa Verdi (la casa di riposo per anziani musicisti, in piazza Buonarroti a Milano, voluta e tanto amata da Giuseppe Verdi negli ultimi anni della sua vita). L’avvocato Antonio Magnocavallo, che da anni è presidente del Consiglio di Amministrazione di quella istituzione, ci ha cortesemente risposto. Così.

Caro Viola, sul sito web di Casa Verdi (www.casaverdi.org) ci sono tutti i documenti (senza particolari commenti, visto che parlano da soli) di risposta alla campagna diffamatoria di cui Casa Verdi, e io come suo presidente, siamo oggetto dal 2009. Le ragioni sono note a tutti. Aggiungo che siamo (Casa Verdi e io personalmente) in causa civile contro l’editore L’Espresso, il direttore Mauro e l’articolista con una fondata richiesta risarcitoria dei danni causati dalla diffamazione subita. La causa è stata rinviata a sentenza senza neanche ammettere le prove richieste dalle controparti, probabilmente perché è evidente e documentale la fondatezza della causa. Ovviamente, per quel che mi riguarda, non a beneficio (ma a costo sì) mio, ma di Casa Verdi per metà e per l’altra metà a beneficio del Quartetto, certamente danneggiato per la diffamazione subita dal suo presidente.

L’episodio di cui all’ultimo articolo di Repubblica è semplicemente ridicolo. Il Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia mi aveva invitato, nella mia veste, a partecipare alla presentazione di certe iniziative per il bicentenario di Verdi. Avevo aderito, poi il Vice Presidente mi aveva avvertito che si era trovato di fronte a un voto unanime (forse l’unico caso!) del Consiglio Provinciale che, istigato dal Consigliere Gatti (non so bene se di Rifondazione, di PRC o di quale altra sigla di cui penso sia l’unico, o quasi, rappresentante in Provincia già distintosi un paio di anni fa per comunicati diffamatori contro Casa Verdi e me personalmente), aveva deliberato di chiedere di escludermi. Ho dunque risparmiato mezza mattina, comunicando al Vice Presidente (gentilissimo, allibito dalla cosa) che avevo impegni che mi impedivano di partecipare. Ieri c’è stata in Casa Verdi la Messa per il bicentenario di Verdi, officiata dal Vicario Episcopale e responsabile per la Cultura Monsignor Luca Bressan, arricchita dal Coro della Scala. Era presente il Presidente della Provincia, onorevole Podestà. Ha cercato di infiltrarsi anche il signor Gatti, benché non invitato. È stato ammesso.

Non amo la dietrologia. So però per certo che la buriana giornalistica si è scatenata nell’estate 2009 dopo il licenziamento disciplinare, per giusta causa, di un dipendente di Casa Verdi (responsabile del servizio socio-assistenziale). Dopo che il Tribunale di Milano ne aveva respinto la richiesta di reintegro, abbiamo definito la vicenda in transazione, a evitare che Casa Verdi fosse turbata ancora dall’incomprensibile clamore seguito a una vicenda in fondo piuttosto banale. Ma non è servito, come ha constatato.

Che sia desiderio di visibilità alle (o sulle) spalle di Casa Verdi, o che vi sia (molti indizi lo fanno pensare) l’intenzione di qualche esponente delle amministrazioni locali di rimettere le mani su di una fondazione illustre, ben gestita, che vive senza attingere alle risorse pubbliche, non lo so e, in fondo, non mi interessa. Il Consiglio è da sempre schierato col Presidente.

Alessandro Magnocavallo

Ringrazio molto il Presidente della Società del Quartetto e di casa Verdi per la cortese risposta e per le puntuali precisazioni, che fanno capire un po’ meglio cosa diavolo sta accadendo in piazza Buonarroti. Non possiamo che augurare ogni bene a quella meravigliosa opera verdiana (“l’opera mia più bella”, ripeteva) e – ovviamente – lasciamo spazio a eventuali altre voci a commento.

P.V.

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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