28 novembre 2012
INCHIESTA SUL LAVORO
Perché non dobbiamo avere paura di una grande riforma
Pietro Ichino
Mondadori
euro 18, ristampa aggiornata 2012
Lunedì 3 dicembre ore 18, il libro verrà presentato con l’Autore e Antonio Calabrò, presso Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7, Milano
Quando i Costituenti, dopo un aspro dibattito, scelsero l’incipit della nuova Carta fondamentale, dichiararono di avere voluto riunire nella formula “Repubblica democratica fondata sul lavoro” le due componenti di base di ogni libera comunità: il lavoro, appunto, in qualunque forma svolto, come manifestazione principale dell’agire consapevole del cittadino, da un lato, e dall’altro come contributo indispensabile dell’individuo all’affermarsi, consolidarsi e valorizzarsi della collettività, avvertita e perseguita dai suoi partecipi, come bene comune.
Quel magistero etico e politico che risale al giugno del 1946, è andato sbriciolandosi, decadendo in un sistema drammaticamente ingessato, prigioniero dei propri tabù e delle proprie caste … “un sistema chiuso da un tacito accordo protezionistico, della più bassa matrice, tra vecchia sinistra e vecchia destra” che ha instaurato, tra mille complicità, un vero “apartheid” tra lavoratori protetti, specie se maschi e maturi, e lavoratori non protetti, ai quali riservare invariabilmente posti di serie B, C o D e un miserabile futuro pensionistico da godere, nella migliore delle ipotesi, dopo i 70 anni.
L'”Inchiesta” di Pietro Ichino, già dirigente sindacale della FIOM-CGL, poi esponente di punta della Camera del Lavoro di Milano, docente di Diritto del lavoro, quindi dal 1979 deputato del PCI e oggi Senatore PD, accende i riflettori sull’impensabile “cospiratio oppositorum” che per decenni ha visto l’azione, vischiosa e inconcludente, del nostro sistema sindacale proteggere la parte più conservatrice, arretrata, e scarsamente disposta a investire, delle grandi imprese nostrane, impegnate a tenere fuori dal Paese i maggiori concorrenti stranieri.
Nonostante i trenta anni intercorsi fra i due episodi, il muro eretto dai sindacati metalmeccanici alla cessione dell’Alfa Romeo a GM ricorda molto da vicino la decisiva opposizione delle nove sigle sindacali di Alitalia, tutte in reciproco contrasto, al passaggio della Compagnia ad Air France- KLM. Operazione avviata nel 2008 da Tommaso Padoa Schioppa e ferocemente contrastata da Silvio Berlusconi in piena campagna elettorale, nel nome dell’intangibile italianità del nostro vettore aereo. Con il susseguente definitivo prepensionamento a cinquanta anni di età di oltre un migliaio di assistenti di volo e impiegati amministrativi, per i quali venne creata “ad hoc” una mostruosa Cassa integrazione speciale della durata di sette anni, tuttora a carico del contribuente. Per non parlare del ruolo del sindacato, questa volta a fianco di Antonio Fazio, nel boicottaggio dell’olandese Abn Amro interessata all’acquisto di Antonveneta, e poco dopo quello del gigante americano ATT, impegnato nell’acquisizione di Telecom Italia.
Ma le inquietanti pagine di Ichino non si limitano affatto alla denuncia e alla deplorazione di mali passati (e ancora presenti). L’esperienza ultratrentennale e la larga conoscenza delle esperienze europee consente all’Autore di riprendere, ampliare e aggiornare le sue precedenti proposte avanzate nei numerosissimi interventi sulla stampa, in particolare sul Corriere della Sera, in Parlamento e nelle due sue opere più note: “Il lavoro e il mercato” e “A che serve il sindacato?“.
In tema di tutela dei diritti dei lavoratori, Ichino indica e sostiene con ampie motivazioni il c.d. sistema danese, fatto proprio anche da Svezia e Norvegia e attualmente allo studio in altri grandi Paesi europei. Tale sistema è fondato su una sostanziale continuità del reddito per il lavoratore nel periodo necessario per trovare un nuovo lavoro, non solo nel caso di licenziamento, ma anche nel caso in cui sia il lavoratore stesso a cambiare lavoro.
La garanzia della mobilità nel mercato del lavoro costituisce così la migliore tutela della libertà e della forza contrattuale per qualsiasi lavoratore. Del resto, il maggior costo che in tal modo si accollerebbe all’impresa, sarebbe ampiamente compensato per l’impresa stessa dal potere effettuare, senza ritardo, l’aggiustamento degli organici, essendo esentata dal controllo giudiziale sui relativi motivi economici o organizzativi.
È questo il progetto “flexsecurity”: una riforma, o meglio una nuova prospettazione del diritto e dei rapporti di lavoro, organica e incisiva e non episodica come quella in atto. È alla nostra portata? Mancano le condizioni politiche e sociali? Potrebbe essere così, ma prima di rassegnarci aspettiamo il 10 marzo. (Paolo Bonaccorsi)
questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero