10 luglio 2018

libri – UNA RAGAZZA AFFIDABILE di Silena Santoni


SILENA SANTONI
Una ragazza affidabile
Giunti, Firenze, 2018
pp. 271, euro 18,00

libri_26A un mese dal lancio, “Una ragazza affidabile” (Giunti) ha conquistato il secondo posto della classifica dei libri più letti pubblicata dal Corriere della Sera. L’esordio della fiorentina Silena Santoni è esplosivo. Lei, che per molti anni ha insegnato Lettere, che scrive brani e adattamenti teatrali per la compagnia Katapult nella quale recita, è diventata una delle protagoniste del mondo editoriale.

Qual è il suo segreto? Santoni ha scritto un thriller psicologico antimoralista e anticonformista, che scava nelle fondamenta della famiglia, in un groviglio affettivo oscuro. Agnese e Michela sono sorelle dal carattere opposto. Non si vedono da molto tempo e il meccanismo mentale della rimozione del passato ha preso il sopravvento sui loro ricordi. Ma la morte della zia costringerà le sorelle a rincontrarsi a Firenze e a riaprire il vaso di Pandora.

La voce narrante è quella di Agnese: “Come sarà adesso mia sorella? È così tanto tempo che non ci vediamo che non riesco a immaginarla.” L’appuntamento è imposto da un’inaspettata eredità, alla quale Agnese vuole rinunciare, e non è idilliaco perché “Michela, pur non essendo una disgrazia in senso letterale, è qualcosa che le assomiglia molto”. Agnese non si stanca di ribadire che Michela è “mia sorella pazza”, “una sorella fantasma”.

Prima di arrivare a pagina 17, il quadro è già chiaro. Michela ha sessant’anni, ed è una donna che ha vissuto nella precarietà. A partire dagli studi: una maturità superata con il minimo dei voti e un migrare da una facoltà all’altra senza concludere mai. Le sue passioni, leggere, sono state il frutto di quell’insolente sicurezza che possiedono le ragazze belle abituate a essere corteggiate dagli uomini. Ora abita in un modesto appartamento a Firenze, e rivende chincaglierie ai mercatini dell’antiquariato, ed è “sola come un palo della luce”. Ma una storia importante l’ha avuta, con un uomo sposato, che è morto d’infarto. “Non sono nemmeno potuta andare al funerale”. E gli amici? Nemmeno quelli. “Ho imparato che sono l’unica persona con cui vado veramente d’accordo.”

Agnese invece è “una ragazza affidabile”, assennata, prudente, i colpi di testa non le si addicono. Non si accontenta delle briciole. Vive nel quartiere più esclusivo di Ancona, un marito benestante, due figlie allevate nell’agio, una laurea. A lei piacciono le citazioni latine, che ha sempre ostentato davanti alla sorella anche per rimarcare la superiorità intellettuale. Ma allora perché quando Agnese è sul treno per raggiungere la Michela, a Firenze, ha un attacco di panico e la montagna le “balza addosso come un animale domestico che non riconosce il padrone”?

Mentre Agnese procede nel racconto, alternando la descrizione delle giornate fiorentine ai ricordi degli anni Sessanta-Settanta, i tempi del liceo e dell’università, i moti studenteschi raccontati con grande partecipazione, il romanzo familiare si trasforma in qualcosa d’altro e di molto più inquietante. Da un orizzonte nero emergono l’invidia, l’emarginazione, l’umiliazione, la prevaricazione. “Non sono tanto gli spazi aperti a scatenarmi il panico” dice Agnese “quanto gli spazi senza bordo, senza confine.” Ma quando una vita ha troppi bordi, oltrepassarli diventa un dramma.

 

Rubrica a cura di Cristina Bellon
rubriche@arcipelagomilano.org



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