24 maggio 2016

PIANO STRATEGICO DELLA CITTÀ METROPOLITANA, CONFLITTI FUTURI

Tra Statuto, piano strategico, legge Delrio e Regione conflitti inevitabili. Così non va.


Lo Statuto della Città Metropolitana di Milano approvato a dicembre 2014 delinea in dettaglio contenuti e modalità di formazione del Piano strategico introdotto dalla Legge 56/2014, nota come Legge Delrio. Prevede un piano ambizioso, solido e preciso, che però non trova riscontro nel documento adottato dal Consiglio metropolitano. Secondo lo statuto il Piano strategico “… configura gli scenari e determina gli obiettivi generali di sviluppo della comunità metropolitana e le relative condizioni di sostenibilità economico-sociale e territoriale-ambientale” (art 34 comma 1) e “comprende le azioni della Città metropolitana e del complesso delle amministrazioni pubbliche per il raggiungimento dei suoi obiettivi” (art 34 comma 3). Come affermato nella Relazione stessa del Piano strategico “nella formulazione statutaria il Piano strategico non si limita a definire una visione di sviluppo, ma si preoccupa di indirizzare il processo di pianificazione in chiave decisamente operativa”, determinando i contenuti della strumentazione economica finanziaria dell’ente e degli atti di pianificazione della provincia e dei comuni: “gli altri atti di pianificazione e gli atti di carattere generale della Città metropolitana mettono in evidenza con specifica motivazione le loro relazioni col piano strategico” (art 35 comma 1).

07pompilio19FBSi tratta di compiti molto ampi, di indirizzo strategico e operativo allo stesso tempo, che richiedono un’elevata flessibilità, dovendo da un lato dialogare sulle grandi scelte con gli strumenti di programmazione e pianificazione della Regione, e dall’altro definire le priorità sulle quali concentrare le risorse, alle quali associare le voci degli strumenti di programmazione economica e finanziaria dell’ente.

Ci si aspetterebbero contenuti precisi, articolati in obiettivi e azioni, accompagnati da strumenti e modalità attuative, e basati su una circostanziata analisi di scenari alternativi e motivazione della scelte effettuate, e sulla verifica di fattibilità attuativa, partendo dalla reperibilità delle risorse.

Si è invece, come affermato nella relazione stessa del Piano (pagina 70), volutamente scelto di evitare “ambizioni pianificatorie forti e dall’alto e politiche d’intervento diretto invasive” adottando invece un “approccio abilitante”, più evocativo che dispositivo, “finalizzato a rimuovere i fattori inibitori lo sviluppo”, in modo da favorire la libera espressione di potenzialità che secondo il Piano sono già tutte presenti nel territorio. Questo approccio porta per la verità anche a qualche decisione forte, come a pagina 116 la netta (e condivisibile) presa di posizione contro la proposta della nuova TOEM (Tangenziale Ovest Esterna di Milano), ma sono poche.

Può essere che si tratti di un primo strumento, concluso un po’ affrettatamente prima della fine del mandato amministrativo, e che sarà sostituito il prossimo anno da un aggiornamento più sostanzioso? La Legge 56/2014 prevede in effetti che il Piano strategico abbia validità triennale e sia aggiornato annualmente.

Intanto il tempo passa, nei prossimi mesi ci sarà bisogno dei contenuti del Piano strategico, che tuttavia così impostato è difficile da collocare nel processo decisionale sul governo del territorio. Il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) vigente che ora si chiama PTM (Piano Territoriale Metropolitano) include indicazioni territoriali su molti temi più incisive di quelle del Piano strategico, nonostante negli anni sia stato indebolito dalle diverse amministrazioni che hanno governato la Provincia.

Tra pochi mesi il PTM dovrà presumibilmente essere modificato a seguito delle indicazioni prescrittive del nuovo PTR (Piano Territoriale Regionale) attualmente in discussione, che sono molto invasive, e per come sono configurate creeranno non poche difficoltà alla pianificazione degli enti intermedi e dei comuni (1). Per il PTM sarà difficile scostarsi dall’indirizzo cogente del PTR facendo valere le peculiarità della Città Metropolitana rispetto alle province, se non potrà contare su indicazioni forti e chiare del Piano strategico cui riferirsi.

Non penso, come altri hanno scritto, che l’impostazione scelta per il Piano strategico possa avere il fine autolesionistico di collocare la Città metropolitana a margine rispetto alle scelte che contano. Sarebbe una scelta illogica e controproducente per lo stesso Comune capoluogo. Una metropoli Milanese che non funziona per la mancanza di coordinamento tra capoluogo e altri comuni è un male per la Lombardia e per l’Italia, ma prima di tutto è un danno incalcolabile per Milano stessa.

Intanto però, lo ripeto, il tempo passa, siamo già a due anni dall’approvazione della Riforma Delrio, e si sta rischiando non solo di mancare un’occasione storica per dare a Milano una qualche forma di organizzazione metropolitana, ma di fare addirittura un salto indietro rispetto a quanto sviluppato con fatica dalla precedente provincia. Pur nella sua costitutiva debolezza la provincia aveva svolto un lavoro di mediazione, promuovendo tavoli di collaborazione tra comuni, e il PTCP, senza volere né potere sostituire un piano strategico, alcune scelte strategiche le aveva comunque assunte, aveva indicato alcune priorità, e si era dotato di strumenti per attuarle. Anche nella sua ultima edizione del 2013, pur impoverita rispetto al primo piano di dieci anni prima, aveva per esempio indicato in modo chiaro quattro strategie per rafforzare il policentrismo: densificazione qualificata, connessioni trasversali, tutela spazi aperti, rete degli spazi verdi.

Il Piano strategico ha nella flessibilità, interdisciplinarietà, inclusività, alcuni dei suoi più significativi punti di forza, ma deve comunque mantenere una stretta relazione con la pianificazione territoriale più tradizionale, senza i cui strumenti attuativi e giuridici rischia di rimanere sulla carta. È significativo, e preoccupa al tempo stesso, che gli uffici tecnici della Città metropolitana, che hanno maturato una pluriennale esperienza nella gestione del PTCP e nel coordinamento della pianificazione comunale, non abbiano avuto un ruolo nello sviluppo dello strumento, che è stato completamente affidato a una struttura di consulenza esterna.

Il Piano strategico se da un lato non colloquia con la pianificazione territoriale rischiando di rimanere per propria scelta isolato rispetto al flusso decisionale sul governo del territorio, dall’altro non sfrutta a fondo le proprie doti di flessibilità e inclusività. Il sistema metropolitano Milanese si estende molto al di là dei confini amministrativi della Città Metropolitana, includendo le principali aree urbane e buona parte del territorio delle province confinanti (2). Si pone il problema di come raccordare strategie e politiche territoriali della Città Metropolitana con realtà oltre confine sulle quali il PTM non ha efficacia giuridica.

Il Piano strategico potrebbe costituire, per la sua natura flessibile e non cogente, lo strumento giusto entro cui definire la linea per un coordinamento metropolitano di vasta scala, un patto territoriale che, una volta sottoscritto dagli enti interessati, (altre province e principali comuni), possa essere successivamente attuato a cura di ogni ente secondo le proprie competenze utilizzando i propri PTCP e PGT. Un accordo di questo tipo servirebbe anche come riferimento per valutare le richieste di annessione alla Città metropolitana, per il momento circoscritte, ma che potrebbero ampliarsi come numero verso la fine dell’anno, successivamente al referendum e all’entrata in vigore della riforma della Costituzione.

In definitiva, se il Piano strategico deve costituire “atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto  territorio”, come previsto dalla stessa Legge Delrio (L 56-2014, art 1, c.44), deve affrontare alcuni contenuti imprescindibili per il funzionamento del sistema metropolitano, che sono già da altri stati elencati in precedenti interventi su questa pagina web, e deve mantenere un raccordo più stretto, internamente all’ente con il PTM, e all’esterno con gli altri strumenti di pianificazione territoriale, della regione e dei comuni, e anche delle province confinanti.

 

Marco Pompilio

 

(1) La variante del PTR in discussione condiziona le decisioni comunali sulle aree programmate contenute nei PGT, e prevede l’intervento regionale diretto nella rigenerazione delle aree dismesse delle aree urbane più importanti.

(2) Si veda il sistema metropolitano regionale individuato dall’OCSE nella sua pubblicazione Territorial Reviews. Milan Italy, 2006.

 

 



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