28 gennaio 2015

musica – DIE SOLDATEN


 

DIE SOLDATEN

Con l’opera di Bernd Alois Zimmermann, in scena in questi giorni alla Scala, comincia la vera stagione di Pereira; “Die Soldaten” è infatti il primo dei sette famosi spettacoli che il nostro nuovo Sovrintendente ha venduto con la sua mano sinistra (quella di Sovrintendente a Salisburgo, quando era ancora in carica) a quella destra (cioè del già designato Sovrintendente a Milano) mettendo a repentaglio la sua carriera e la nostra stagione Expo. Bisogna però dire che non tutto il male vien per nuocere visto che l’opera pare sia molto affascinante e l’impatto sul pubblico considerevolmente positivo. Anche chi – come me – non l’ha ancora vista, è già preso dall’evento e si è messo a studiarlo.

musica04FBDie Soldaten è il capolavoro di un musicista tedesco dalla vita tormentata, ma è anche l’unica opera sua che, insieme a un “Requiem per un giovane poeta” e a un “Concerto per violoncello e orchestra en forme de pas de trois“, viene oggi rappresentata con un minimo di regolarità: Zimmermann nasce vicino a Colonia nel 1918 e vive molto male la giovinezza fra nazismo e guerra (viene arruolato nella Wehrmacht ma presto congedato per una malattia della pelle), ha trent’anni quando frequenta i Corsi estivi di Darmstadt ma soffre di problemi sempre più gravi alla vista e soprattutto soffre di una depressione cronica che lo porterà a buttarsi dalla finestra, sempre nei pressi di Colonia, ad appena cinquantadue anni.

Se la vita del musicista è tragica, non è da meno quella dell’autore del testo, lo scrittore e commediografo Jakob Lenz (1751-1792), che fu allievo di Immanuel Kant ed amico di Goethe (con il quale però litiga clamorosamente per un problema di attribuzione di alcune sue opere); rappresentante importante dello “Sturm und Drang“, all’inizio della carriera ha un discreto successo ma poi avrà la vita segnata da una grave malattia mentale che lo porterà dapprima a girovagare senza senso fra i Vosgi, poi a farsi curare fra la Svizzera e la Lettonia (il paese di origine) ed infine a morire a Mosca, solo e senza mezzi di sostentamento. Con “Die Soldaten” Lenz rompe la regola della “unità di tempo, di luogo e di azione” della commedia, contribuendo non poco al rinnovamento del teatro europeo.

Se a questa singolare accoppiata di biografie aggiungiamo l’atmosfera del teatro musicale tedesco della prima metà del novecento, dominata dal cupo espressionismo della Lulù e del Wozzeck di Alban Berg, non possiamo meravigliarci che Die Soldaten sia un drammone intriso di pessimismo e di desolazione, un’opera di denuncia della miseria morale, della crudeltà e della corruzione che guerra e vita militare impongono all’umanità; ancor più è una fortissima protesta contro ogni genere di sopraffazione.

L’azione è ambientata nelle Fiandre francesi in un’epoca indefinita – “ieri, oggi e domani” – e la vicenda è ormai nota: la protagonista Maria cede alle profferte amorose di un nobile potente e, attratta dal sogno dell’ascesa sociale, tradisce una precedente promessa di matrimonio. Quando il prepotente la lascia, comincia l’ineluttabile declino che la porta a diventare la «puttana dei soldati» e – dopo un fallito tentativo di recupero – a perdere ogni forma di dignità fino a mendicare per strada, irriconoscibile persino al proprio padre.

Ciò che rende il capolavoro di Zimmermann tanto difficile da rappresentare è la quantità di artisti e di strumenti ch’esso richiede: 25 cantanti solisti, un’orchestra di 112 elementi – fra cui ben 15 percussionisti – che non riescono a star tutti “in buca” ma devono dilagare fra palchi e sale-prova ed essere riprodotti con altoparlanti collocati nel soffitto e infine, come non bastasse, un complesso “Jazz Combo” di 4 elementi collocato nella barcaccia stampa! Uno sforzo produttivo straordinario per cui si comprende come mai l’opera costituisca una rarità e un evento culturale di grande rilevanza.

Scritta a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta, e andata in scena per la prima volta a Colonia nel 1965, la si è vista abbastanza raramente nell’ambito dell’avanguardia (unica volta in Italia, a Firenze, negli anni ’70), poi è apparsa a Stoccarda nel 1988, a New York nel 1991, a Dresda nel 1995, ad Amsterdam negli anni 2000, alla Biennale della Ruhr nel 2006, a Monaco di Baviera nel 2010, al Festival di Salisburgo nell’agosto del 2012 (nell’allestimento che ora è arrivato alla Scala) e infine a Zurigo nel 2013, e pare che sempre e ovunque abbia ottenuto grande consenso di pubblico.

Rispetto alla versione di Salisburgo ha dovuto subire qualche adattamento, per le diverse dimensioni dei due palcoscenici, ma ha conservato lo stesso direttore Ingo Metzmacher, lo stesso regista Alvis Hermanis (un lettone concittadino di Lenz) e in gran parte gli stessi cantanti; la vera novità consiste dunque nel passaggio dai Wienerphilharmoniker all’Orchestra del Teatro alla Scala. Vi saprò dire la prossima settimana!

 

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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