11 giugno 2014

musica – LA GRANDE FESTA DEL QUARTETTO


LA GRANDE FESTA DEL QUARTETTO

Il 29 giugno del 1864 alle ore 2 nella basilica di Santa Maria della Passione si teneva il 1° “esperimento” (leggi “concerto”) di una neonata istituzione musicale che proponeva il seguente programma: Quartetto opera 1 di Mozart, Quartetto opera 2 di Mendelssohn, Settimino opera 20 di Beethoven e Sonata per pianoforte opera 31 n. 2 ancora di Beethoven. Esecutori i signori Bassi, Andelmann, Santelli, Truffi, Montignani, Negri, Torriani e Mariani.

musica22fFBDetto così, non fosse che per l’ora insolita (quelle “ore 2” che suppongo siano state le ore 14), sembrerebbe una notizia di poco conto; invece è stato l’inizio di una formidabile rivoluzione culturale, tanto rivoluzionaria che persino Giuseppe Verdi – che le rivoluzioni non le aveva certo in disistima – si dice non l’abbia vista di buon occhio.

L’Italia aveva avuto un ruolo fondamentale nella nascita e nella crescita della musica cosiddetta “alta”, soprattutto nel sei e nel settecento e non solo a Napoli, a Venezia, a Bologna o a Roma, ma anche a Milano dove – come tutti sanno – veniva volentieri Mozart a suonare e a far conoscere la sua musica; ma con l’esplosione della grande opera lirica, appunto verso la fine del settecento e i primi dell’ottocento, l’Italia aveva sostanzialmente voltato le spalle alla musica da camera e sinfonica privilegiando quasi esclusivamente il teatro e quel “bel canto” che la rese nuovamente celebre nel mondo.

La musica da camera, come quella sinfonica, aveva scelto come terre d’elezione l’Austria e la Germania, e da lì era presto dilagata in tutta Europa a nord delle Alpi, mentre dalle nostre parti allignava assai poco. Per questo in quell’estate di centocinquant’anni fa pensare a una “Società di concerti” dedita esclusivamente alla musica da camera (pur prevedendo qualche escursione nella sinfonica), e in particolar modo all’esecuzione di quartetti, era una sfida rivoluzionaria, voleva dire andare controcorrente e mettersi contro l’intero establishment musicale della città – si pensi anche solo alla Scala – per portare a Milano musiche e musicisti stranieri, in gran parte contemporanei, per lo più sconosciuti. Tanto per dare un’idea, a Milano prima di allora non era stata mai eseguita la Nona sinfonia di Beethoven, e Bach – benché i giovani e vecchi pianisti si esercitassero sul suo “Clavicembalo ben temperato” – era praticamente disconosciuto come compositore.

Ebbene la “Società del Quartetto” non solo da allora non ha mai mollato la presa ma, anno dopo anno e per ben centocinquant’anni, ha fatto conoscere ai milanesi lo straordinario repertorio della musica da camera, e ancora oggi è uno dei pilastri della cultura musicale cittadina. Nei suoi programmi sono comparsi i più grandi ensemble e solisti del mondo e grazie ad essa Milano è entrata a far parte del ristretto cerchio delle capitali mondiali della musica affrancandosi dal monopolio dell’opera lirica.

Questa lunga premessa mi è parsa necessaria per segnalare ai lettori di ArcipelagoMilano che per celebrare l’anniversario del primo “esperimento”, giusto domenica 29 giugno, al Conservatorio di Milano e nell’adiacente Basilica della Passione vi sarà una serie di eventi musicali “a porte aperte” che culmineranno con un grandioso concerto del Trio di Parma e del Quartetto di Cremona, con Andrea Lucchesini (pianoforte), Enrico Bronzi (violoncello) e Giuseppe Russo Rossi (viola). Una vera Festa musicale, come a Milano non se ne vedeva da anni.

Ma anche per segnalare il volume commemorativo “La musica borghese, Milano e la Società del Quartetto” (313 pagine, edizione Archinto, 25 euro) magistralmente curato da Oreste Bossini, che racconta la storia della Società e contiene una grande quantità di notizie, interviste, commenti e documenti.

Leggere la storia di questa avventura lunga un secolo e mezzo è un po’ come leggere la storia di Milano o più precisamene – come dice il titolo – la storia della borghesia milanese, quella che una volta era la migliore, la più colta, quella che tutti i martedì andava ad ascoltare musica al Conservatorio. Molti sono i contributi, nel libro, sul problema del pubblico che diminuisce, che cambia e che invecchia, dei giovani che ai concerti “classici” vanno assai poco, della scarsa accoglienza degli autori contemporanei: che si debbano ripensare il “rituale” dei concerti, gli orari, la durata, il palinsesto dei programmi? domande difficili e risposte ancora più complicate!

Il libro è pieno anche di storie affascinanti come quella della bagarre – che molti ancora ricordano – provocata da Maurizio Pollini nel 1972 con la sua dichiarazione contro la guerra americana in Vietnam; o come la difficile decisione di qualche anno fa, se aprire i concerti al pubblico o continuare a riservarli ai soli Soci; o ancora l’epopea dell’integrale delle Cantate di Bach, durata dieci anni e realizzata nelle più belle chiese di Milano, con il contestuale e accesissimo dibattito intorno alle esecuzioni cosiddette “filologiche” (basterebbe l’intervento di Philippe Daverio, che racconta delle chiese e degli angoli di Milano che scoprimmo in quelle occasioni, per consigliare la lettura del libro anche ai non musicologhi).

Una segnalazione a parte va fatta per le duecento e più fotografie di Vico Chamla racchiuse nel volume, che raccontano i concerti del Quartetto meglio di qualsiasi parola; Chamla è quel personaggio – dedicato ormai per intero alla fotografia della vita musicale milanese – che tutte le sere, non solo per il Quartetto, si aggira silenzioso e discreto fra le poltrone del Conservatorio, senza disturbare né gli esecutori né il pubblico, per rubare scatti meravigliosi al palcoscenico. Ne è risultata una formidabile galleria di ritratti di musicisti che meriterebbe un volume a sé e che rappresenta molto bene una parte non secondaria della memoria di tutti noi ascoltatori.

Auguri, caro vecchio Quartetto!

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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