16 aprile 2014

libri – LA PATRIA CI VUOLE EROI


 

UMBERTO BOTTAZZINI e PIETRO NASTASI

LA PATRIA CI VUOLE EROI

Matematici e vita politica nell’Italia del Risorgimento

Saggi Zanichelli, 2013

pp. 432, euro 27

 

Mercoledì 16 aprile, ore 18,15, il libro verrà presentato a Palazzo Sormani, Sala del Grechetto, Via F. Sforza 7, Milano con Giuseppe Ferrari,Giulio Giorello, Armando Massarenti, modera Paolo Bonaccorsi a cura di Unione Lettori Italiani Milano

libri15FBDue storici della matematica, Umberto Bottazzini, dell’Università Statale di Milano e Pietro Nastasi dell’Università di Palermo, affrontano in una stupenda cavalcata storica il tema, troppo spesso lasciato nell’ombra, dell’apporto degli uomini di scienza, e in primo luogo dei matematici, al Risorgimento politico e civile italiano, dal periodo napoleonico al compimento dell’Unità.

Lo studio, agile più di un romanzo, e documentato più di una dissertazione accademica, copre il secolo che va dall’ingresso del Bonaparte in Italia alla formazione e al consolidamento del Regno unitario. Attraverso il tumultuoso succedersi degli eventi, rievocati – lo ricordiamo ancora- con il piglio e l’efficacia del miglior romanzo storico, eventi che vanno dalla nascita delle “repubbliche sorelle” di quella francese, alla fiammata del ’48, al miracolo rivoluzionario (come lo definì Manzoni) del ’59-’61, gli Autori introducono il lettore nel cuore di quello straordinario fenomeno di modernizzazione accelerata del nostro Paese, che siamo abituati a chiamare, un po’ distrattamente, Risorgimento.

Il processo rivoluzionario italiano del secolo XIX, del resto, non fu frutto di un’insorgenza a scala vasta di ceti emergenti contro un “ancien règime“, né la rottura di un secolare ordine sociale a seguito di una disastrosa vicenda militare, e nemmeno il frutto virtuoso di accordi negoziati da ristrette élite diplomatiche e politiche nelle sale ovattate delle cancellerie di Londra, Parigi, Berlino e Vienna.

Il Risorgimento italiano, come emerge a tutto tondo dalle pagine del volume, fu la risultante di due principali forze cospiranti (oltre a quelle di natura economica): l’anelito a una identità che non fosse solo culturale e l’attrazione incontenibile verso la modernità. E nel secolo XIX la modernità veniva fatta coincidere dai ceti alfabetizzati con la Scienza, intesa quale luce che scaccia le tenebre e come forza che rovescia l’insostenibile gravità del passato.

Assunte, dunque, la Modernità e la Scienza come matrici della Nuova Italia, ricercatori e matematici non potevano che venir riconosciuti come i maieuti della grandiosa operazione. Ed ecco Mascheroni, il celebre Mascheroni, che, reduce da Parigi, ove aveva discusso di geometria con Napoleone, nell’illustrare ai lombardi il piano per la pubblica istruzione della Repubblica Cisalpina, affermava il 4 agosto del 1798 “La Repubblica è nata dai lumi … e dunque è figlia dell’istruzione. E l’istruzione pubblica è come un ramo del potere del governo, distinto, ma non secondo a quello legislativo, all’esecutivo e al giudiziario”.

Così anche l’eroica e sfortunata Repubblica partenopea del 1799 è presieduta dal matematico Lauberg, allievo di Lavoisier e di Lagrange all’Ecole Normale, sfuggito fortunosamente alla feroce repressione borbonica (il re di Napoli – scrissero le Gazzette europee di quei tempi – ha fatto impiccare tutta l’Accademia delle scienze e ha proibito gli studi filosofici e matematici).

Anche dopo la Restaurazione, i regimi assolutistici ripescati dal Trattato di Vienna non potranno fare a meno degli uomini di scienza e di matematica, per ricostruire le istituzioni liberate dagli “spiriti rivoluzionari”. Questo fu il ruolo di Gabrio Piola a Milano analogamente a quello di Cauchy a Parigi; ma nel medio periodo la palude della Restaurazione venne prosciugata dalla Storia, che fece emergere, specie dopo gli anni ’40 e ’50, nuove eminenti figure di matematici, fisici e ingegneri, che romperanno l’isolamento scientifico della penisola, riallacciando fruttuosi dialoghi con i colleghi europei e le grandi scuole francese e tedesca. Si tratta, tra gli altri di Menabrea, Plana, Mussotti e del grande Francesco Brioschi, braccio destro del Ministro De Santis e fondatore del Politecnico di Milano, punto di forza di quella generazione che costituì a pieno titolo il gruppo dirigente della politica culturale dello Stato unitario.

E a Brioschi è dedicata la penultima parte di questa bella opera, al suo fiero anticlericalismo e al suo progetto politico e culturale di portare il nuovo Stato al livello delle più avanzata Nazioni del Continente, progetto ripreso da Ernesto Pascal e soprattutto da Federigo Enriques, a cavallo del XX secolo.

Paolo Bonaccorsi

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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