12 marzo 2014

arte – KLIMT, BEETHOVEN E LA SECESSIONE VIENNESE


 

KLIMT, BEETHOVEN E LA SECESSIONE VIENNESE

Gustav Klimt è il maestro indiscusso della Secessione viennese, movimento artistico sviluppatosi tra la fine dell’800 ed esauritosi alla fine degli anni ’10 in Austria e che dilagò anche in città come Monaco e Berlino. È uno degli artisti più amati, ammirati e idolatrati di sempre, benché il corpus delle sue opere sia relativamente esiguo, 250 lavori circa. Nulla a confronto della prolificità di artisti come Picasso, Warhol o Kandinsky, per citare solo alcuni degli artisti ospitati di recente a Palazzo Reale.

Ed è proprio qui che da mercoledì 12 marzo sarà possibile scoprire e ammirare anche i capolavori del maestro viennese. “Klimt. Alle origini di un mito” è l’ultima mostra promossa dal Comune di Milano e dal Sole24 Ore.

arte10FBÈ bene dire fin da subito che non è una monografica su Klimt, ma piuttosto una panoramica su Klimt, sui fratelli Georg e Ernst e su alcuni degli artisti più significativi della Secessione. Di lavori puramente klimtiani ce ne sono una ventina. Piuttosto quella proposta da Palazzo Reale è una mostra, con un allestimento molto accattivante e suggestivo, con opere notevoli e lavori che faranno capire il senso di quella straordinaria rivoluzione artistica che va sotto il nome di Art Nouveau, Art Decò o, appunto, Secessione.

Il motivo è presto spiegato. I capolavori di Klimt non sono più assicurabili, spiega il curatore della mostra, Alfred Weidinger, che cura l’esposizione insieme a un’altra grande esperta klimtiana, Eva di Stefano. I premi assicurativi sono altissimi, le opere troppo significative perché i musei se ne possano separare con facilità. Retrospettive importanti a livello numerico sono ormai rarissime. Per gli amanti dei numeri basti ricordare che ‘Il ritratto di Adele Bloch Bauer’ fu acquistato nel 2006 da Ronald Lauder per 135 milioni di dollari, diventando uno tra i quadri più costosi di sempre.

Nonostante tutto le opere in mostra sono comunque tante, un centinaio, divise in sezioni. Si inizia con la sezione sulla famiglia Klimt, significativa perché mostra qualcosa di forse poco noto, l’origine della vocazione artistica del maestro. Il padre, orafo, passa ai tre figli maschi la passione e la pratica dell’arte, che i ragazzi portano avanti studiando presso la Kunstgewerbeschule (scuola d’arte e mestieri), dove si esercitano in pittura e in svariate tecniche, il tutto ancora seguendo uno stile storicista ed eclettico. Particolare attenzione è stata dedicata all’opera giovanile, alla formazione di Klimt e ai suoi inizi come decoratore dei monumentali edifici di rappresentanza lungo il nuovissimo Ring di Vienna.

La sezione successiva è dedicata alla Kunstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che Klimt creò con i fratelli Ernst e Georg insieme a Matsch, e alla quale vennero affidate prestigiose commissioni ufficiali e onorificenze, riprendendo e portando avanti lo stile pomposo del loro maestro Hans Makart.

Ma il nuovo stava per arrivare. Abbandonato lo stile storicista Gustav Klimt e compagni, nel 1898, dopo lo scandalo causato con i dipinti per l’università di Vienna (bruciati in un incendio ma riproposti in mostra tramite incisioni) inaugurano la prima mostra della Secessione viennese, con la pubblicazione della rivista ufficiale, Ver Sacrum. È l’anno in cui l’architetto Otto Wagner crea il famoso Palazzo della Secessione, decorato internamente dagli stessi artisti.

È in questo ambito che nascono alcuni dei capolavori esposti, come la bellissima Giuditta II. Salomè, prestito della veneziana Ca’ Pesaro, Adamo ed Eva, Acqua Mossa, Fuochi fatui (una chicca di collezione privata difficilmente prestata in mostra) e altre opere preziose, ricche di decorazioni eleganti e sinuose, in cui il corpo femminile diventa protagonista. La donna prima madre poi femme fatale, intrigante e sensuale, portatrice di estasi e di tormento è il soggetto prediletto da Klimt.

Paesaggi (con l’incredibile Girasole) e ritratti sono altre sezioni della mostra, disseminate qua e là dagli straordinari disegni su carta. Opere che mostrano tutta l’abilità del grande maestro che con un solo tratto di matita riusciva a creare un languido corpo femminile.

Ma varrebbe il costo del biglietto anche solo la straordinaria ricostruzione del Fregio di Beethoven, a metà percorso, ispirato dalla nona sinfonia del musicista e creato per il Palazzo della Secessione di Vienna. Copia dell’originale, irremovibile e danneggiato, realizzata durante il complesso lavoro di restauro compiuto negli anni ‘70-80, è stato ricostruito così come Klimt l’aveva allestito nel 1902, con 7 pannelli di 2 metri di altezza per 24 di lunghezza.

Tributo a un musicista considerato leggendario dagli artisti viennesi, il Fregio rappresentata l’eterna contrapposizione tra il bene e il male, il viaggio dell’uomo – cavaliere e l’aspirazione al riscatto e alla salvezza possibili solo attraverso l’arte, rappresentata dalla donna; un’opera forte di quel messaggio allegorico sempre presente nelle opere di Klimt. Maestro indiscusso di eleganza e raffinatezza.

Klimt. Alle origini di un mito Palazzo Reale, fino al 13 luglio Aperture e costi: Lunedì dalle ore 14:30 alle ore 19:30, da martedì a domenica dalle ore 9:30 alle ore 19:30, giovedì e sabato orario prolungato fino alle ore 22:30 Biglietto intero 11 euro, ridotto 9,50.

 

 

ADDIO A CARLA ACCARDI, DONNA D’ARTE E DI IMPEGNO

Il mondo dell’arte perde una delle più significative artiste italiane. Si è spenta il 23 febbraio scorso, ad 89 anni, la pittrice Carla Accardi. Il decesso, dopo un ricovero in ospedale, è avvenuto a Roma, città che l’aveva accolta dopo che, giovanissima, aveva lasciato la sua Sicilia, era originaria di Trapani, per raggiungere la capitale ed esordire in un periodo ricco di sperimentazioni artistiche.

Ventenne, unica donna, è tra i fondatori del gruppo «Forma 1», che nasce nel 1947 per iniziativa di Dorazio, Perilli, Consagra, Turcato e di Antonio Sanfilippo, che diventerà suo marito nel 1949. Il gruppo era solito riunirsi intorno alla Libreria Age d’Or di via del Babuino, nel cuore di Roma, e proprio questo indirizzo sarà quello in cui la Accardi vivrà per tutta la sua vita, senza mai smettere di lavorare. Poco prima della morte l’artista, quasi 90enne, stava preparando opere per una futura mostra in Belgio.

Regina dell’informale, sulla scia di quegli “irascibili” americani che amava tanto, Pollock, Kline e Rothko, elabora una sua cifra stilistica caratterizzata da segni bianchi su fondi neri, poi colorati in tinte e forme diverse sul fondo della tela. Nel 1965 la Accardi abbandona i colori classici a favore di vernici colorate e fluorescenti che applica su supporti plastici trasparenti, il sicofoil, uscendo così dalla dimensione bidimensionale del quadro e coinvolgendo lo spazio, con opere che diventano installazioni. Modello che sarà guardato come imprescindibile dagli artisti della futura Arte Povera.

Notata a livello internazionale nel 1964 alla Biennale di Venezia, a cui tornerà in anni recenti come Consigliere, la Accardi è stata anche militante e pioniera del femminismo italiano, insieme a un’altra grande presenza a cavallo tra politica e arte: Carla Lonzi. Entrambe fecero parte del gruppo “Rivolta femminile”.

La ricerca di Carla Accardi, portata vanti soprattutto nella direzione dell’automatismo segnico, rimane una tappa fondamentale della pittura italiana del secondo Novecento. Arte astratta dunque, ma con un’idea bene precisa: «Io sono per una pittura che è veramente astratta, però con un contenuto attuale», ha detto una volta.

Addio dunque a questa grande artista, che possiamo scoprire o riscoprire dal vivo andando al Museo del 900, dove sono esposti alcuni dei suoi lavori segnici e gestuali.

 

 

 

VAN GOGH ALIVE

Appassionati di Van Gogh? In attesa, forse, della retrospettiva dedicata all’artista prevista per l’autunno 2014, si potrà prender confidenza con le opere del grande maestro olandese già da oggi, attraverso una esperienza sensoriale che ha già avuto un incredibile successo di pubblico.

Van Gogh Alive è un progetto ambizioso e itinerante. Chiamarlo mostra è sicuramente fuorviante perché di dipinti, disegni, carte o creazioni originali non ce ne sono. Ci sono però grandi megaschermi che proiettano oltre tremila immagini in altissima definizione grazie al sistema Sensory4, e che permettono una visione ravvicinata di dipinti, lettere, disegni, appunti e particolari di opere, in alcuni casi non facilmente godibili con la classica esposizione museale.

Quello che si compone davanti agli occhi del visitatore è un museo impossibile nella realtà, che raggruppa per nuclei tematici le fasi della vita dell’artista, con i suoi viaggi e i suoi periodi: dagli esordi “contadini” di Van Gogh, agli autoritratti, dalla passione per le stampe giapponesi alle lettere scambiate con l’amato fratello Theo, fino naturalmente ai capolavori più noti, amati e soprattutto sofferti durante la creazione stessa.

Alcuni effetti sono di grande impatto: le luci delle finestre della “Terrazza del caffè di notte” che si accendono pian piano, le stelle meravigliose della “Notte stellata” che prendono vita, i rami di mandorlo in fiore che scorrono tutti intorno allo spettatore come in un rullo continuo, i corvi che prendono il volo e scappano dopo l’assordante sparo nei campi di grano, segno della parabola finale della vita di Van Gogh.

Musiche, luci e proiezioni, per la durata di un’ora circa, serviranno per suggestionare lo spettatore, che magari digiuno dell’opera di Van Gogh, potrà gradatamente avvicinarsi al suo mondo, così tormentato e a volte infelice, ma dal quale, grazie anche alle citazioni proiettate, potrà scoprire un uomo turbato ma vitale, amante della pittura, innamorato della sua arte e a volte sognatore.

Certo è che il biglietto d’ingresso non è tra i più economici. Forse, una maggiore oscurità della sala e un’atmosfera più raccolta nel complesso, avrebbe reso il tutto ancora più suggestivo.

Van Gogh Alive. The experience, Milano Fino al 16 Marzo, presso la Fabbrica del Vapore via Procaccini Orari: lunedì, martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 10:00 alle 20:00; giovedì e sabato dalle 10:00 alle 23:00 Costo del biglietto: intero € 12, ridotto € 10, scuole € 6

 

 

105 DISEGNI DI GRANDI ARTISTI PER IL MUSEO DIOCESANO

Una nuova collezione arricchirà il già nutrito percorso artistico del Museo Diocesano di Milano. Da venerdì 24 gennaio sarà infatti possibile ammirare un nuovo lascito, esposto insieme alla collezioni vescovili e della diocesi, donato al Museo dal grande collezionista e uomo d’affari Antonio Sozzani. Centocinque disegni, perlopiù inediti, saranno esposti in maniera permanente dopo un lungo restauro che ha visto protagonisti non solo queste preziose e delicate opere, ma anche le loro cornici originali.

Sozzani, uomo di spicco della finanza milanese e grande collezionista di arte dell’Ottocento francese, su consiglio di Giovanni Testori, amico e consigliere, inizia a comprare e collezionare disegni su carta di molti significativi maestri, italiani e non, mettendo insieme una ricca collezione di cui Testori stesso assunse la guida scientifica.

Forse fu su consiglio di un altro amico, quell’Alberto Crespi già donatore dell’omonima collezione Crespi di fondi oro italiani, depositata presso lo stesso Diocesano, che Sozzani decise di donare anche i suoi disegni al Museo. Con delle clausole ben precise: i disegni dovevano essere esposti tutti e tutti insieme, con le loro cornici, e mai conservati o esposti diversamente.

La raccolta Sozzani è costituita da disegni databili dal XV al XX secolo, eseguiti da artisti principalmente italiani e stranieri, soprattutto francesi, offrendo una ricca varietà di fogli riconducibili a ‘scuole’ diverse, per epoca e geografia. Tra questi, per la sezione antica, spiccano i nomi di Matteo Rosselli, Luca Cambiaso, Bartolomeo Passarotti, Ludovico Carracci, Guercino, Elisabetta Sirani, Gian Lorenzo Bernini, Carlo Francesco Nuvolone, Francisco Goya, e altri ancora.

Cospicuo è anche il nucleo di disegni attribuiti a maestri dell’Ottocento francese e dell’Impressionismo, come Jacques Louis David, Jean-Auguste-Dominique Ingres, Camille Corot, Eugène Delacroix, Théodore Gericault, Gustave Courbet, Édouard Manet, Auguste Rodin, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir, Camille Pisarro, Paul Gauguin, Vincent van Gogh.

Per il Novecento sono presenti alcuni lavori di autori quali Lucio Fontana, Jaques Lipchitz, Marcello Dudovich, Jean Cocteau, Balthus, Toti Scialoja, Graham Sutherland.

L’apertura di questa nuova sezione sarà accompagnata da un catalogo scientifico, a cura di Paolo Biscottini e Giulio Bora, che propone, oltre ai saggi introduttivi sulla storia e sullo studio scientifico della collezione Sozzani, la pubblicazione integrale dei disegni, quasi tutti inediti, corredata da una documentazione fotografica e da schede scientifiche.

La collezione Antonio Sozzani – Museo Diocesano di Milano (Milano, c.so Porta Ticinese 95) Dal 24 gennaio 2014 Orari di apertura: martedì – domenica, 10.00-18.00 (la biglietteria chiude alle ore 17.30) Ingresso: intero: € 8.00, Ridotto: € 5.00, martedì 4 euro

 

 

KANDINSKY E LA NASCITA DELLA PITTURA ASTRATTA

Che cos’è l’astrattismo? Che significato hanno cerchi, linee, macchie di colori a prima vista casuali ma di gran impatto visivo? C’è qualcosa oltre la superficie del quadro? Per rispondere a questi leciti interrogativi arriva a Milano una grande retrospettiva dedicata a uno degli artisti più significativi del secolo scorso: Vassily Kandinsky.

Sono oltre 80 le opere in mostra, tutte provenienti dal Centre Pompidou di Parigi e tutte firmate dal padre dell’astrattismo. Una esposizione che offre una panoramica completa dell’evoluzione dell’artista, partito da una figurazione semplice e legata alla tradizione, ma che è arrivato a concepire alcune delle teorie artistiche più interessanti del ‘900. Un percorso di ricerca lungo e fatto di molte sperimentazioni, che caratterizza l’arte di Kandinsky come qualcosa di complesso ed estremamente affascinante.

L’apertura è di grande impatto, con la ricostruzione, per la prima volta portata fuori dalla Francia, dell'”ambiente artistico totale” ricreato nel 1977 dal restauratore Jean Vidal, ovvero pitture parietali eseguite riportando fedelmente i cinque guazzi originali con cui Kandinsky decorò il salone ottagonale della Juryfreie Kunstausstellung di Berlino, esposte tra il 1911 e il 1930.

Il percorso prosegue poi in ordine cronologico, esaminando le tante fasi vissute da Kandinsky. Già dalle prime opere l’artista russo dimostra una passione per il colore, le atmosfere di gusto impressionista e fauve con un’attenzione ai temi leggendari e legati al passato, come ad esempio i cavalieri, soggetti che si trova ad affrontare all’inizio del ‘900. Abbandonata la Russia, Monaco sembra offrire una vita migliore a Kandinsky, che frequenta l’Accademia di Belle Arti e si lega ad artisti che sperimentano con lui un tipo di arte ancora di gusto Art Nouveau: è il momento del gruppo Phalanx.

Dopo viaggi che lo conducono in giro per il mondo insieme alla nuova compagna, la pittrice Gabriele Munter, Kandinsky si trasferisce a Murnau, in Baviera, ed è lì che, passo dopo passo, nascerà l’astrattismo. Gradatamente i disegni si fanno piatti, il colore prende piede e nel 1910 vedrà la luce il primo acquerello astratto, dipinto con i colori primari che hanno, agli occhi dell’artista, una valenza e un significato unico e fondamentale.

Nel 1912, in compagnia dell’amico Franz Marc, nascerà il celebre Blaue Reiter, quel Cavaliere Azzurro protagonista degli esordi di Kandinsky e che diverrà anche un fortunato almanacco artistico. Seguirà a breve Lo spirituale nell’arte, trascrizione del pensiero e della dottrina di Kandinsky sull’arte astratta.

Con lo scoppio della guerra Kandinsky è costretto a tornare in Russia, momento in cui tornerà a una fugace figurazione e in cui conoscerà la futura moglie Nina. Nel 1922 accetta il prestigioso invito del Bauhaus di Gropius e si trasferisce a Dessau come insegnante. Dopo la chiusura nazista di questa prestigiosa scuola, Kandinsky decide di recarsi a Parigi, sua ultima meta e città allora pervasa dalle grandi novità del cubismo e del surrealismo, corrente quest’ultima, che influenzerà fortemente gli ultimi lavori dell’artista.

Figure biomorfe sembrano galleggiare leggere e impalpabili su cieli blu, diagonali di colore, griglie e colori pastello. Il cielo e la luce tanto amata della ville lumiere lasceranno un’ultima suggestione nelle grandi composizioni così come nei piccoli dipinti su cartone che Kandinsky creò durante la Guerra.

In mostra sono presenti alcune delle opere più significative dell’artista, quelle che tenne per sé costantemente appese in casa o che donò all’amata moglie Nina, e che danno quindi il resoconto esatto di un’arte che si è rivelata fondamentale anche per i pittori moderni. Molto dovettero a Kandinsky Pollock e i suoi “irascibili”, così come, l’arte astratta e l’Informale ebbero un debito enorme nei confronti di quest’uomo che ebbe il coraggio di dire che le forme e i colori sono fondamentali, spirituali, e che la pittura deve trasmettere l’essenza più profonda di chi la crea e di chi la guarda.

Kandinsky: la collezione del Centre Pompidou fino al 4 maggio 2014 Orari: lunedì:14.30 – 19.30 dal martedì alla domenica: 9.30 – 19.30 giovedì e sabato: 9.30 – 22.30 Biglietti: intero 11,5, ridotto 9,5

 

 

LA LENTA RINASCITA DEL MAGA DI GALLARATE

A dieci mesi dal terribile incendio che devastò il museo, il MAGA di Gallarate riapre i battenti. Sabato scorso, alla presenza delle autorità cittadine e di un grandissimo pubblico, si è svolta l’inaugurazione, che ha svelato una parte del museo restaurata e rinnovata, pronta a ospitare una mostra tutta particolare: “With a little help from my friends. Artisti per il Maga“. 180 artisti italiani, tra cui anche qualche grande nome di risonanza internazionale, hanno voluto donare un’opera destinata a essere esposta temporaneamente al museo per poi essere venduta, e i cui proventi serviranno a finanziare parte dei futuri lavori di restauro del museo.

Il progetto è sicuramente molto sentito, come dimostrano le tante decine di visitatori presenti all’inaugurazione, così come sentito da parte degli artisti è stato il bisogno e la necessità di smuovere qualcosa per ricreare “in fretta” un museo sul territorio, rovinato e distrutto da quel terribile incendio del febbraio scorso, le cui cause, ancora oggi, sono avvolte nel mistero.

Se il piano terra è stato in parte restaurato e reso pronto per l’utilizzo, la struttura nel suo complesso ancora necessiterà di tempo, soldi e attenzioni. Molto è già stato fatto con i contributi della Regione Lombardia (150mila euro) e della Fondazione Cariplo (250mila euro). Senza dimenticare la Triennale di Milano e la Villa Reale di Monza, che hanno messo in mostra la collezione permanente del museo, dando un senso di continuità e speranza alle opere d’arte che con tanta fatica sono state strappate alle fiamme.

«L’idea è quella di organizzare una mostra che permetta di riaprire il MAGA con un evento informale e discorsivo capace di far percepire il museo come un luogo davvero aperto alla collaborazione della comunità da cui è nato” – spiega Giovanni Orsini presidente del Premio Gallarate – “Le opere in mostra saranno cedute a fronte di un contributo anche modesto, i contribuiti raccolti dal Premio Gallarate avranno l’obiettivo di costituire un fondo per permettere lo sviluppo delle attività del MAGA nel 2014, e di rispondere alle necessità di recupero dello stabile. With A Little Help from My Friends è dunque il segnale di come il Premio Gallarate, come accade dal 1949, sostenga con forza la presenza di un museo cittadino dedicato alla contemporaneità e che questo museo, il MAGA, sia supportato e accolto da un’ampia comunità di artisti, curatori, ma anche appassionati di arte e cultura, in primis da Gallarate e dalla nostra regione».

Sino al 22 dicembre il MAGA ritorna a essere spazio di incontro e condivisione, con una mostra che permette non solo di acquistare arte, ma anche e soprattutto, di farlo per un’ottima e validissima causa.

MAGA – Fondazione Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea ‘Silvio Zanella’ – via De Magri, 1, Gallarate Orari: martedì – mercoledì – venerdì 11.00 – 18.30 giovedì 11.00 – 21.00 sabato – domenica 11.00 – 19.30 Chiuso il lunedì INGRESSO GRATUITO

 

 

PERCHÈ IL MUSEO DEL DUOMO È UN GRANDE MUSEO

Inaugurato nel 1953 e chiuso per restauri nel 2005, lunedì 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto le sue porte e le sue collezioni il Grande Museo del Duomo. Ospitato negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo del Duomo si presenta con numeri e cifre di tutto rispetto. Duemila metri quadri di spazi espostivi, ventisette sale e tredici aree tematiche per mostrare al pubblico una storia fatta d’arte, di fede e di persone, dal quattordicesimo secolo a oggi.

Perché riaprire proprio ora? Nel 2015 Milano ospiterà l’Expo, diventando punto di attrazione mondiale per il futuro, così come, in passato, Milano è stata anche legata a doppio filo a quell’editto di Costantino che quest’anno celebra il suo 1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la Veneranda Fabbrica ha scelto di inserirsi in questa felice congiuntura temporale, significativa per la città, dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.

Il Museo è un piccolo gioiello, per la qualità delle opere esposte così come per la scelta espositiva. L’architetto Guido Canalico lo ha concepito come polo aperto verso quella varietà di generi e linguaggi in cui è riassunta la vera anima del Duomo: oltre duecento sculture, più di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal XV secolo alla contemporaneità.

E l’allestimento colpisce e coinvolge già dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue di santi e cherubini, da apostoli, da monumentali gargoyles – doccioni, tutti appesi a diversi livelli attraverso un sistema di sostegni metallici e di attaccaglie a vista, di mensole e supporti metallici che fanno sentire l’osservatore piccolo ma allo stesso tempo prossimo all’opera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ciò che è stato sul “tetto” del Duomo per tanti secoli.

Si è poi conquistati dalla bellezza di opere come il Crocifisso di Ariberto e il calice in avorio di san Carlo; si possono vedere a pochi centimetri di distanze le meravigliose guglie in marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del ‘400 e ‘500, alcune su disegno dell’Arcimboldo, sopraffini esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.

C’è anche il Cerano con uno dei “Quadroni” dedicati a San Carlo, compagno di quelli più famosi esposti in Duomo; c’è un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potrà gustare il Paliotto di San Carlo, pregevole paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto, con bozzetti e sculture in terracotta; per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che più che un congegno in ferro del 1700, sembra un’opera d’arte contemporanea. E al contemporaneo si arriva davvero in chiusura, con le porte bronzee di Lucio Fontana e del Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.

Il Duomo è da sempre il cuore della città. Questo rinnovato, ampliato, ricchissimo museo non potrà che andare a raccontare ancora meglio una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che è il Duomo stesso.

Museo del Duomo Palazzo Reale – piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero 6 euro, ridotto 4 euro Orari: Martedì-Domenica: 10.00 -18.00.

 

 

 

questa rubrica è a cura di Virginia Colombo

rubriche@arcipelagomilano.org

 


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