12 febbraio 2014

libri – TESORI RUBATI


 

PAOLO BRUSASCO

TESORI RUBATI

Il saccheggio del patrimonio artistico nel Medio Oriente

Bruno Mondadori, sett. 2013

pp.178, euro 18

 

Mercoledì 12, ore 18,15, il libro verrà presentato a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7, Milano, con Giulio Giorello e Paolo Maralla (Carabiniere del Nucleo TPC nell’operazione “Antica Babilonia” nel 2003, II Guerra del Golfo) a cura di Unione Lettori Italiani Milano

libri06FBDi grande interesse il saggio di Paolo Brusasco, docente di Archeologia del Vicino Oriente Antico all’Università di Genova perché, prendendo spunto dal “crimine del secolo” quale il saccheggio selvaggio e la parziale distruzione dell’Irak Museum a Bagdad nel 2003, durante la seconda Guerra del Golfo, scatenata da Bush contro Saddam Hussein, pone una domanda cruciale “A chi appartiene il passato?”.

E se si può affermare che il patrimonio artistico di un paese attiene alla identità della sua gente, ne esprime il pensiero e la sua storia, ne perpetua la memoria, è possibile anche affermare che la cancellazione della memoria di quel passato, mediante la distruzione o la sistematica depredazione di quel patrimonio, attraverso insediamenti militari nei pressi di fragili siti archeologici, come quelli americani attorno all’antica città di Ur, o il contrabbando internazionale di antichi reperti, configuri un crimine premeditato?

Questo è ciò che pensa l’autore, che nelle sue pagine ci racconta con passione e chiarezza le vicende che da anni affliggono i beni artistici dell’Irak, oggetto di rapina da parte di una filiera internazionale di contrabbando organizzato, che agisce su due fronti: l’uno parte dal contadino iracheno, “tombarolo” per necessità di sopravvivenza, passa per intermediari locali che affidano i proventi degli scavi a mafie internazionali, che immettono nel mercato clandestino le opere d’arte trafugate, che finiscono nelle aste mondiali per la delizia di collezionisti facoltosi. Attualmente il traffico illecito passa dal web, più sicuro per la privacy.

L’altro fronte è il saccheggio sistematico di musei e siti archeologici, perpetrato in occasione di guerre,come la II guerra del Golfo, nonostante Trattati internazionali quali la Convenzione di Ginevra del 1936 e quella dell’Unesco del 1970 dichiarino che non solo il paese aggredito è tenuto a mettere in sicurezza i suoi beni artistici, ma lo stesso invasore deve attivarsi per la salvaguardia di musei e ospedali .

Nulla di tutto questo è avvenuto in Irak, l’antica Mesopotamia, collocata nella feconda pianura tra il Tigri e l’Eufrate,”culla della civiltà”, con i Sumeri, gli Accadi, gli Assiri, i Babilonesi. Qui è nata l’agricoltura 7000 anni fa, qui le prime città- stato, la scrittura cuneiforme su tavolette di argilla, i primi dizionari sumeri-accadici e babilonese-aramaico, testimoni di un cosmopolitismo diffuso già allora; il primo codice delle leggi di Hammurabi nella seconda metà del 1700 a.C. Con Nabucadonosor nel VII a.C., Babilonia diventa capitale di un impero che va a dal Golfo Persico al Mediterraneo. Testimonianza indelebile la Porta di Ishtar e la Via delle Processioni con i suoi leoni in squillanti mattoni gialli smaltati, da cento anni al Museo di Berlino.

Quando in quel terribile 10 aprile del 2003 le truppe americane entrarono a Bagdad, si consumò uno dei più drammatici sfregi alla storia millenaria dell’Irak, perché nei tre giorni successivi nessuno seppe o volle difendere da ladri improvvisati o peggio altamente specializzati, i tesori contenuti nell’Irak Museum, nelle gallerie, al piano terra e persino nei caveau sotterranei, conniventi gli stessi custodi.

E così sparirono, sotto gli occhi “distratti” degli alleati e dello stesso SBAH, l’autorità museale, la Dama di Uruk, la Monna Lisa di Nimrud, i monili del Cimitero reale di Ur, i gioielli delle Regine assire di Nimrud, non inferiori per valore al tesoro di Tutankamon, migliaia di tavolette cuneiformi e sigilli cilindrici, tesori poi in parte ritrovati in luoghi improbabili, grazie a soffiate o a ricompense. Dei 15.000 reperti catalogati (a fronte di migliaia ancora innominati) solo un terzo è stato recuperato, grazie anche a una fattiva collaborazione con l’Interpol, e alle dogane di tutto il mondo.

La creazione di data base, con migliaia di fotografie immesse in rete, da parte di missioni inglesi, americane, italiane, quali i Carabinieri italiani del Nucleo TPC (Tutela Patrimonio Culturale), hanno facilitato l’opera. Alcuni ritengono anzi che l’attentato di Nassirya del 2003, dove morirono 17 nostri carabinieri, fu organizzato per vendetta contro l’efficienza italiana nella missione Antica Babilonia, che comprendeva persino l’uso di elicotteri per sorprendere i ladri all’opera nei siti archeologici.

Resta comunque sorprendente il constatare che gli alleati invasori, pur attestati subito fuori della porta di entrata del’Irak Museo, nulla fecero per fermare quello scempio di opere d’arte. Ecco allora il dubbio adombrato all’inizio che ciò fosse frutto di una precisa volontà politica, volta a cancellare la memoria di un popolo per fini di sottomissione.

L’Irak Museum di Bagdad, fondato nel 1924 dalla diplomatica inglese Gertrude Bell, sesto museo per importanza nel mondo, con i suoi quasi 12.000 m2 di estensione è diventato dunque “la metafora dell’Irak” e costituisce un modello per fatti affini, nelle turbolente aree della Tunisia, Egitto, Siria, dopo le Primavere arabe.

Ripercorrere, con l’autore, la sua storia travagliata aiuta a comprendere l’ideologia sottesa alla sua conduzione: quella orientalista eurocentrica sotto il colonialismo inglese che vedeva nella Mesopotamia la “culla della civiltà occidentale” tralasciando il profondo lascito islamico; quella propagandistica socialisteggiante sotto Saddam Hussein, che ricorreva alla memoria della Mesopotamia antica come “antidoto alla divisione etnico religiosa tra sunniti, sciti e curdi”; quella della reggenza sciita subentrata a Saddam che nel Museo vedeva un simbolo della dittatura saddamiana sunnita e dunque profanabile a scopo turistico. Perché si sa. la storia non è “magistra vitae”.

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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