12 febbraio 2014

musica – OFFERTA MUSICALE


OFFERTA MUSICALE

Pochi giorni prima di Natale, nel ridotto dell’Auditorium di Milano, veniva presentato con molta discrezione e senza fanfare uno dei più bei volumi di storia della musica ch’io conosca, fresco di stampa (era uscito dalle tipografie de “Il Saggiatore” da sole due settimane) ma soprattutto fresco di inchiostro (appena finito di scrivere) e fresco per la leggerezza (nel senso calviniano del termine) con la quale è stata trattata una materia abbondantemente indagata in tutti i risvolti, storici e culturali.

musica06FBL’Autore, Enzo Beacco, è un personaggio a dir poco singolare; avendo fatto nella vita l’industriale non si può definire in senso proprio un musicista, né uno studioso, né uno scrittore, eppure è a pieno titolo tutte e tre le cose. La passione per la musica deve averlo divorato se per trent’anni ha scritto i programmi di sala per i concerti della Società del Quartetto (della quale è stato anche Consigliere e Direttore Artistico), se da qualche anno li scrive per i concerti de “laVerdi” (e per essi fa spesso conferenze introduttive insieme a storici e a critici musicali “professionisti”), se quattro anni fa si è lanciato nella incredibile avventura di scrivere una “sua” originalissima storia della musica o meglio – come dice il sottotitolo dell’opera “la musica dalle origini ai nostri giorni“.

Cominciamo dal titolo del volume: “Offerta Musicale“, come quella “Musicalisches Opfer” scritta da Bach per l’Imperatore Federico II di Prussia che – un po’ per gioco e un po’ per sfida – gli aveva proposto un tema apparentemente poco accattivante e sviluppabile; il Kantor, da par suo, ne trasse due Ricercari, nove Canoni, una Fuga e una Sonata in trio suddivisa in quattro movimenti, che oggi consideriamo fra i massimi vertici raggiunti nella storia della musica colta occidentale.

Dunque Beacco decide di non partire dalla storia dei musicisti, degli strumenti, delle tecniche di composizione, degli stili e dell’evoluzione delle prassi interpretative; parte invece proprio dalla musica, o meglio dalle musiche, dalle opere musicali, e le mette in fila cronologicamente per capire e spiegare come una nasca dall’altra, come tutto si leghi, esattamente al pari di ciò che accade nella vita di una persona, di una famiglia (ricordate “Il signor Mani” di Abraham Yehoshua?), di un popolo. Vuole raccontare la musica, non quello che le sta intorno e sul quale è stato già scritto di tutto e di più, vuole indagare l’intrinseca complessità di questa immensa unica opera umana che è la creazione musicale. “Vaste programme, messieurs …” avrebbe detto De Gaulle, e infatti – scherzi a parte – ci son voluti quattro anni di lavoro, 144 capitoli, 953 pagine e un apparato di indici e di rinvii ad ascolti e letture che fanno di questo libro un monumento.

Beacco si è dato delle regole orientate a rendere il libro non solo piacevole, da leggere tutto d’un fiato o da consultare prima o dopo un concerto, ma anche con un ritmo preciso e riconoscibile (si comincia a leggere un capitolo e si sa già dove conduce e quanto è lungo, o meglio breve); 12 serie – o epoche – ciascuna con un titolo e una introduzione, ciascuna a sua volta articolata in 12 capitoli facenti capo a un’opera musicale (e dunque a un autore e soprattutto a una data), ciascuno composto da circa 2000 parole con relative bibliografia (“letture”) e discografia (“ascolti”). Non sono numeri a caso: 12 sono le note della scala cromatica (non solo nelle regole della dodecafonia) e così 12 + 12 sono i preludi e le fughe di ciascun libro del Clavicembalo ben temperato di Bach, 12 i Preludi di Chopin e 12 + 12 quelli di Debussy, ma 12 sono anche i mesi dell’anno e i segni dello Zodiaco: astrologia, numerologia e musicologia si prendono a braccetto per comporre un grandioso mosaico.

La prima serie – “Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole” – è un magnifico racconto sulle origini della musica, da Pitagora a Monteverdi; con la seconda siamo già nel repertorio del nostro quotidiano, da Monteverdi a Bach; seguono le serie che si riferiscono a tutto il settecento e l’ottocento fino alla penultima, che ci fa percorrere la strada fra Alban Berg e Pierre Boulez (1925 – 1954), e l’ultima che ci porta fino a Berio e a Stockhausen (2007). Scrive Mara Vitali, in una bella recensione, che “si forma un groviglio che ben rappresenta le complessità dell’arte musicale. Le composizioni sono autonome, da immaginare come tessere squadrate di un antico mosaico bizantino. Oppure come macchie diffuse di una moderna tela di Jackson Pollock o di Robert Rauschenberg. Permettono letture discontinue. Suggeriscono connessioni, ma non impongono mappe definitive. Si rivolgono a chi ascolta e fa buona musica, in casa o fuori“. Ed è scritto come credo che piaccia ai miei lettori, a quegli ascoltatori che sanno ascoltare, “attenti e informati”, cui questa rubrica è da sempre dedicata.

Ho provato a consultarlo prima di andare ai due concerti della settimana scorsa e l’avere letto i due capitoli intestati agli anni ’80 dell’ottocento e ai ’10 del novecento mi ha consentito di godere appieno, contestualizzandoli e analizzandoli, due grandi capolavori. Mi riferisco alla arcinota Quinta Sinfonia Pëtr Il’ič Čajkovskij – eseguita all’Auditorium dall’ottima Russian National Orchestra diretta dal suo fondatore e mentore Mikhail Pletnev – e una misconosciuta Sonata per violino e pianoforte di Ottorino Respighi, realizzata per la Società del Quartetto dal duo Leonidas Kavakos ed Enrico Pace.

Della Quinta di Čajkovskij c’è poco da dire, tanto è conosciuta e amata, ma ascoltarla da una orchestra e da un direttore russi ha sempre qualcosa di magico, assai difficile da riprodurre fuori da quei confini; peccato che sia stata preceduta da una pessima edizione del (peraltro meraviglioso) Secondo Concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov, inopportunamente affidato a un pianista – Roberto Caminati – in alcuna sintonia con il direttore, tanto dubitare che l’abbiano provata almeno una volta prima del concerto. Imprevedibile invece la bellezza della Sonata in si minore di Respighi, a mio avviso di gran lunga più fascinosa delle sue più celebri opere come le Feste, le Fontane o i Pini di Roma. Il violinista greco ha trovato nel pianista riminese un partner perfetto con il quale si è anche cimentato nella celebre Sonata n. 7 in do minore opera 30 numero 2 di Beethoven e nelle due non indimenticabili Sonate di Debussy e di Ravel. Due concerti applauditissimi e degni della ricca stagione milanese.

Due concerti che, insieme al libro di Beacco, fanno parte della grande “Offerta musicale” della nostra città.

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


9 aprile 2024

VIDEOCLIP: LA MUSICA COME PRODOTTO AUDIOVISIVO

Tommaso Lupi Papi Salonia






20 febbraio 2024

SANREMO 2024: IL FESTIVAL CHE PUNTA SUI GIOVANI

Tommaso Lupi Papi Salonia



20 febbraio 2024

FINALMENTE

Paolo Viola



6 febbraio 2024

QUANTA MUSICA A MILANO!

Paolo Viola



23 gennaio 2024

MITSUKO UCHIDA E BEETHOVEN

Paolo Viola


Ultimi commenti