9 gennaio 2024

UNA CHIAVETTA RISCHIOSA: FAR FELICI GLI AMICI E CORROMPERE LO STATO

Ultime notizie dal fronte della corruzione


Progetto senza titolo (20)

Voglio parlare di “corruzione” e dell’assetto legislativo che riguarda le leggi che dovrebbero contrastarla e che fallirono e falliscono il loro obiettivo che era, ed è, quello di consentire che la spesa dello Stato garantisse tre cose: impedire la corruzione, garantire il miglior rapporto prezzo/qualità e, per finire, la libera concorrenza tra gli operatori dei vari settori che forniscono allo Stato beni e servizi.

Un tema di interesse per gli specialisti e che sfugge alla pubblica opinione per la sua complessità ma che la lascia interdetta ogni volta che scoppia uno scandalo, per questo cercherò di parlarne in modo semplice e sommario ma indispensabile perché il contenuto “politico” è lampante.

Che la corruzione nel nostro Paese sia sempre esistita lo sappiamo, tanto che potremmo dire che è il secondo mestiere più antico dopo la prostituzione: rallegriamoci perché siamo in buona compagnia anche se nella classifica dei Paesi in ordine decrescente di corruzione siamo al 41° posto e comunque tra gli ultimi nella UE.

Curiosamente corruzione e prostituzione spesso vanno a braccetto: quante volte vediamo che i corrotti vengono premiati con prestazioni di “escort”?

La corruzione riguarda principalmente il settore dei lavori pubblici ma comprende anche tutte le forniture della pubblica amministrazione.

Credo che ci ricordiamo tutti la celebra frase di Di Pietro: «Più che di corruzione o di concussione, si deve parlare di dazione ambientale, ovvero di una situazione oggettiva in cui chi deve dare il denaro non aspetta più nemmeno che gli venga richiesto; egli, ormai, sa che in quel determinato ambiente si usa dare la mazzetta o il pizzo e quindi si adegua.».

Quindi si trattava di un “costume” e per questo assai più difficile da sradicare anche oggi.

Il primo tentativo di sradicazione fu l’emanazione della  Legge 11 febbraio 1994, n. 10, la nuova legge quadro in materia di lavori pubblici chiamata brevemente Legge Merloni che ebbe tre modificazioni fino ad arrivare al DECRETO LEGISLATIVO 31 marzo 2023, n. 36, CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI.

Prima del 1994, prima della legge Merloni, la manipolazione degli appalti per favorire un  fornitore era essenzialmente consistita nel ridurre i tempi a disposizione dei fornitori per rendere difficile la formulazione delle offerte, spesso complesse e che avrebbero richiesto studi lunghi e approfonditi, il tutto in modo da privilegiare gli “amici” ai quali erano già forniti i contenuti dei bandi di appalto assai prima della pubblicazione ufficiale; oggi per farlo c’è la fantastica chiavetta di cui parla l’indagine su Verdini e compagni, un indispensabile strumento per fornire informazioni, capitolati, descrizioni e tavole di progetto, con un aggeggio  grande quanto un accendino. Per non parlare della posta elettronica, poco usata perché lascia tracce.

Inoltre poi indicare come data di presentazione delle offerte il mese di agosto era un banale stratagemma per ridurre la possibilità di concorrenza: scegliere  un periodo nel quale le ferie rendevano tutto più difficile a cominciare dal produrre certificati rilasciati da enti pubblici, anch’essi in ferie.

L’altro sistema era quello di formulare bandi di appalto “sartoriali”, la bella definizione che ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) coniò qualche anno fa per definire i bandi fatti su misura per un concorrente, in particolare indicando mirate particolari caratteristiche necessarie per partecipare.

Faccio un esempio per chiarezza. Dovendo bandire una gara per la costruzione di un ostello per la gioventù di 500 posti si indicava che per accedere alla gara bisognava averne realizzato uno delle stesse caratteristiche, naturalmente dopo aver accertato che un’impresa sola o comunque pochissime avessero questa condizione.

Nel caso in cui l’appalto riguardasse opere di grande complessità il giochetto era banale per la costruzione di un appalto “sartoriale”.

Ma di quanto denaro stiamo parlando? Una valanga.

Nel 2022, ultimo dato pubblicato ANAC, si tratta di 290 miliardi di euro, per un totale di 233mila procedure di gara gestite da 3.300 stazioni appaltanti qualificate solo nei primi quattro mesi del 2022; quei 290 milioni rappresentarono un incremento del 39,5% rispetto all’anno precedente e del  56,2% rispetto al 2020.

Il dato complessivo di crescita rappresenta il massimo della serie storica degli ultimi cinque anni, con un sostanziale raddoppio rispetto al 2018. Il balzo in avanti del 2022 è dovuto in buona parte agli appalti finanziati dalle consistenti risorse stanziate con il Pnrr. La crescita riguarda per lo più il settore dei lavori, per un valore nel 2022 di 108 miliardi di euro complessivi, rispetto ai circa 45 miliardi di euro del 2021.

Il settore che ha fatto registrare il maggior aumento di importi è quello dei lavori, con un incremento del 139,7%, con 108,1 miliardi di euro del 2022 rispetto ai 45,1 miliardi del 2021. Tale aumento è dipeso soprattutto da alcuni appalti in ambito ferroviario, autostradale ed energetico, tra cui in particolare un appalto di oltre 19 miliardi di euro della Concessioni autostradali lombarde S.p.A., in linea con l’aumento del 352,9% del numero di appalti nella categoria strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, metropolitane. Si segnala anche l’aumento del 229,1% per la categoria verde e arredo urbano.

In leggera crescita il settore delle forniture pari a circa 101,5 miliardi di euro aumentato del 13,3% per una importante bando per fornitura di farmaci e servizi connessi per 14,7 miliardi di euro esperito dalla centrale di committenza della Regione Lombardia, ARIA.

Gli appalti di servizi, pari a 80,2 miliardi di euro, ha un incremento del 9,9% rispetto al 2021. L’aumento più significativo si ha per i servizi relativi ai rifiuti urbani e domestici, +39,3%, ed ai programmi di software e servizi di consulenza con +28,9%. Diminuiscono i servizi di ingegneria del 34,7% e quelli per servizi assistenza sociale del 6%.

Prepariamoci alla valanga dei miliardi del PNRR.

Chi appalta in Italia?

Lo Stato, gli enti locali con le loro partecipate, ovviamente ma ci sono altre stazioni appaltanti le cosiddette “centrali di committenza qualificate” alle quali tra l’altro si affidano le migliaia di  piccoli Comuni visto che su 7.900 Comuni soltanto forse il 20% ha un ufficio tecnico in grado di bandire appalti.

Tra le centrali di committenza qualificate le principali sono:

– Consip S.p.A, dell’esistenza della quale l’opinione pubblica ne conobbe l’esistenza per il cosiddetto “scandalo Consip

–   INVITALIA, balzata all’onore dell’opinione pubblica anche lei per un suo scandalo.

Tutto quello che ho detto sino ad ora riguarda il CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI di cui ho parlato all’inizio, una norma di 556 pagine con 229 articoli e 305 allegati: un monstrum legislativo che non ha l’eguale in nessun Paese della UE.

Si era sperato che questo Codice, in realtà l’ultima versione della Legge Merloni, portasse ad una semplificazione, ossia ad un testo che non fosse come quello precedente, le cui norme oltre che a non raggiungere gli obbiettivi (impedire la corruzione, garantire il miglior rapporto prezzo/qualità e, per finire, la libera concorrenza tra gli operatori dei vari settori che forniscono allo Stato beni e servizi) sollevasse la pubblica amministrazione, gli operatori imprese, progettisti … sollevando da un gravame di adempimenti del tutto inutili.

Non è stato così, tutto come prima, il mondo delle imprese non batté ciglio – a lui va bene così ed è facile capire perché. Non un sussurro da parte della burocrazia alla quale non dispiace una norma che lo solleva da tante responsabilità. Gli unici che hanno fatto sentire la loro voce sono alcuni professionisti.

Mauro Grassi, sicuramente un esperto della materia, all’inizio del 2022 pubblicò un articolo dal titolo: Ritorno all’antico: gare al “massimo ribasso”. Ma era lì che volevamo ri-tornare? Io non sarei stato capace di tanta chiarezza.

Un articolo che illustra perfettamente lo stato dell’arte del settore degli appalti e che fa giustizia delle sciocchezze che andavano dicendo sulle famose gare al massimo ribasso accusate di essere la causa di sfruttamento della mano d’opera, del subappalto selvaggio e del fallimento di tante Imprese che avevano vinto le gare con offerte chiaramente persino al di sotto dei costi puri. Dopo tante chiacchiere siamo ancora lì.

Per concludere: eccoci qui ad affrontare gli appalti per i  Giochi olimpici invernali e per le opere previste da PNRR con le folli norme del CODICE DEI CONTRATTI che alla fine saranno baypassate dai Commissari speciali, svincolati dall’osservanza delle norme del CODICE pur di fare in tempo.

Per molte Imprese ben “introdotte”: piatto ricco mi ci ficco. 

Ma il Governo questa volta cerca di parare il colpo: il Ministero dell’economia retto da un ministro serio, Giancarlo Giorgetti, ha lanciato un “alert” a tutti i ministri coinvolti nel piano PNRR perché si attivino costituendo gruppi di lavoro con l’obbiettivo di vigilare perché nella gestione dei fondi non vi siano potenziali rischi di frode nella gestione dei fondi PNRR. I tipi di frode sono addirittura indicati per favorire il lavoro di questi gruppi di sorveglianza.

Spero molto nell’efficacia di questo lavoro e soprattutto che si arrivi alla conclusione che il CODICE DEI CONTRATTI, attualmente in vigore, non vada solo “emendato” ma rifatto da capo a piedi.

Si riaccende un lumicino di speranza.

Luca Beltrami Gadola

Post scriptum

Il “sistema Verdini”, compensare i corrotti con avanzamenti di carriera, se ha già funzionato e funzionerà in futuro, ci porterà ad una burocrazia non solo corrotta ma ai cui vertici ci saranno degli incapaci saliti di grado non certo per competenza. Ne avevamo proprio bisogno! 

***

Sulla complessità delle leggi trascrivo un brano tratto dal Documento presentato dal Gruppo di lavoro sulla qualità della legislazione e adottato dalla Conferenza di Lisbona, maggio 1999, in occasione della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea:Pertanto, in queste circostanze, la complessità normativa pone un grave problema di deficit democratico, non solo come è noto tra le istituzioni comunitarie, ma anche nell’ambito nazionale. Gli effetti della complessità intaccano il funzionamento della democrazia agli occhi dei cittadini. Dal punto di vista dei cittadini sono infatti seriamente minacciate quelle condizioni di conoscibilità, trasparenza e responsabilità che costituiscono la sostanza della democrazia nell’esercizio concreto del potere. L’intreccio della normativa comunitaria con quella nazionale (legislativa, regolamentare e tecnico-amministrativa), oltre allo sviluppo delle autonomie territoriali determina in ciascun paese i seguenti fenomeni: a) scarsa trasparenza e conoscibilità delle fonti normative; b) crescente divaricazione tra gli obiettivi e gli effetti reali delle norme; c) impoverimento del ruolo delle Assemblee elettive e diminuzione della responsabilità dei pubblici poteri. In questo contesto, la qualità della legislazione non può più essere limitata agli aspetti formali e tecnici di chiarezza e coerenza, ma richiede una politica istituzionale della legislazione molto più ampia che assicuri condizioni di conoscenza diffusa e di effettiva responsabilità dei centri produttori di norme.”

 

 



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  1. gianfranco pascazioDa Tempi.it, 9 giugno 2014 «La madre della corruzione, vent’anni fa come oggi, non è solo l’avidità umana, ma la complessità delle leggi. Se devi bussare a cento porte invocando cento leggi diverse per ottenere un provvedimento è quasi inevitabile che qualcuna resti chiusa e qualcuno ti venga a dire che devi imparare a oliarla». Dichiarazione del procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio sul giro di tangenti per la costruzione del Mose. Diagnosi chiara, terapia assente per mancanza di volontà politica.
    13 gennaio 2024 • 10:03Rispondi
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