30 maggio 2023

PESCE VELOCE DEL BALTICO

Problema della casa e area metropolitana. Un nuovo favore alla rendita?


Copia di Copia di rification (3)

Il 21 maggio la Giunta di Milano ha approvato il documento “Una nuova strategia per la casa” diffondendone i punti principali. Il primo, “cambiare strategia”, è sicuramente ottimo. Finalmente ci si rende conto che quanto messo in campo finora (recupero stock esistente e quote nelle trasformazioni urbanistiche) non è sufficiente. Era evidente anche molti anni fa, ma meglio tardi che mai (il Sindaco adesso dice: stiamo lavorando per le generazioni future. Peccato che se ne fosse accorto una decina di anni fa, avrebbe lavorato per le generazioni presenti. Ma, pensiero positivo, vedere il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto. Onore al merito di chi almeno ammette di avere sbagliato).

Il secondo punto è molto più controverso: “visione metropolitana”. Dopo aver ignorato questo tema per anni (il sindaco metropolitano a quante sedute del consiglio metropolitano ha presenziato? Forse nessuna, temo) l’argomento torna alla ribalta quando si riprende a parlare di case popolari. In altre parole, mentre viene giudicato uno scandalo che lo stadio del Milan o dell’Inter vada nell’hinterland, non c’è problema se i poveri devono uscire da Milano per andare ad abitare fuori (d’altra parte è sempre successo così, di cosa stupirci?

Anche negli anni ’20 del Novecento succedeva così, anche negli anni Cinquanta, siamo uomini di mondo. Ma questa non doveva essere la città dei 15 minuti, quella dove trovi tutto muovendoti a piedi da casa o al massimo in bicicletta? Certo, ma per i ricchi. I poveri si muovano cortesemente in una visione metropolitana, accomodandosi sui comodi e poco affollati mezzi di Trenord oppure pagando il ticket di area B per la loro macchinaccia inquinante. Nulla di nuovo. Solo, potevano dircelo prima.

Infine (senza trattare tutti i temi), il “fondo sostegno affitti”. In altre parole, lo Stato paga la differenza fra quello che sei in grado di pagare d’affitto e quello che chiede il proprietario di casa. La misura ha forse un senso per situazioni eccezionali, temporanee (ad esempio, quando uno viene licenziato). Ma se è sistematica e protratta nel tempo, l’esperienza ci insegna che può diventare una bella distorsione del mercato (i prezzi si formano, secondo la teoria classica, dall’incontro fra domanda e offerta; in particolare, il prezzo è la cifra più alta che l’acquirente è disposto a spendere per un dato prodotto.

Se ho a disposizione 500€/mese per il canone, e lo Stato me ne dà 200, automaticamente il prezzo sarà 700. Se lo Stato me ne dà 300, il prezzo sarà 800. In altre parole, il sostegno rischia di tradursi in un trasferimento di risorse dallo Stato alla rendita fondiaria; un sostegno dei prezzi, più che un sostegno agli affitti – il vero calmiere si fa mettendo in campo case a prezzi concorrenziali, che possano costituire un’alternativa a cui rivolgersi).

“Pesce veloce del Baltico” era una vecchia barzelletta (ne ha fatto una canzone Paolo Conte) in cui un oste, stufo di propinare ai suoi avventori il solito polenta e baccalà, decide di rinfrescare il menù offrendo qualcosa di più trendy e più smart. Il giorno dopo la novità: oggi pesce veloce del baltico con purea di mais. Insomma la solita zuppa, ma con un nome nuovo.

Ma speriamo, speriamo sempre…

L’Osservatore Attento

 



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  1. Annalisa FerrarioNel frattempo è stato pubblicato il documento completo approvato dalla Giunta. Molte perplessità. Ci sono sempre ad esempio i soliti errori di impostazione, per cui ad esempio non sarebbe possibile stimare la domanda abitativa non solvibile complessiva. E quindi si procede "a sentimento", per sentito dire, ponendosi poniamo l'obiettivo di 2.000 alloggi in più, senza neanche chiedersi se sono tanti o sono pochi (sono probabilmente quelli che contano di fare, il modo da poter dire: obiettivo raggiunto. Ma immaginiamo che si ragionasse così ad esempio in occasione di una pandemia: forniremo diecimila vaccini. Ma se i potenziali contagiati fossero un milione? Questa sarebbe la prima cosa da capire). Poi, si dà come grande novità quella di occuparsi del ceto medio che non trova casa: per carità, è un tema anche quello, ma è dal 1980 che se ne parla (forse perché è elettoralmente più pagante). Poi si dà sempre per scontato che i meno abbienti abbiano la casa popolare assicurata, ma non è così (finendo per mettere gli uni contro gli altri, ceto medio impoverito e meno abbienti). Infine, unico dato sulla domanda, le domande valide presentate per una casa popolare. Dimenticando che in base ai requisiti volutamente assurdi della regione (dichiarazione emessa dal catasto di non possesso di un'altra abitazione, ad esempio) molte domande di migranti sono automaticamente tagliate fuori (al loro paese il catasto non c'è, quindi quella dichiarazione non può essere prodotta). Insomma, c'è poco da sperare. Saluti.
    31 maggio 2023 • 09:20Rispondi
    • Annalisa FerrarioAggiungo che nel documento comunale appare un dato sconcertante: circa il 70% dei milanesi è nuovo rispetto a 15 anni fa. Mettendoci dentro anche una quota di nascite e decessi, vuol dire che negli ultimi anni più della metà dei milanesi ha deciso di andarsene: su questo però non un commento o una spiegazione. Ma come? La città rutilante, attrattiva, nuova, scoppiettante... la gente invece se ne va, e non ti chiedi manco perché? Lo trovo davvero incredibile non solo da un punto di vista politico, culturale e direi giornalistico, ma direi quasi umano: questi sono (o meglio erano) i tuoi concittadini, i tuoi vicini, i tuoi elettori... E non te ne frega niente?!?
      31 maggio 2023 • 14:43
  2. Pietro VismaraRicordo due questioni che nel documento comunale non vengono trattati: - fondi Gescal: erano trattenute sullo stipendio dei lavoratori, finalizzati a fare case popolari. Si parla di miliardi di euro che giacciono nelle casse dello Stato, e che si dice verranno utilizzati per finanziare lo stretto di Messina. I partiti che sono stati al governo dovrebbero sapere dove sono, e farli utilizzare per quello a cui servivano (e poi dicono che non ci sono soldi...) - detraibilità degli affitti dalla dichiarazione dei redditi (magari fino a una certa quota). Basterebbe questa semplice misura (già in uso in altri paesi) per: 1) eliminare il nero; 2) calmierare di conseguenza gli affitti; 3) favorire la mobilità. Non ci vuole molto...
    31 maggio 2023 • 11:17Rispondi
  3. Cesare MocchiA mio parere nel documento comunale mancano alcune valutazioni essenziali, di quelle che una volta venivano insegnate all'Università (ora non so). La prima è la natura essenziale del bene-casa: mentre ci sono dei beni a cui volendo possiamo rinunciare senza problemi (si tratta di scelte), alcuni beni sono essenziali per la sopravvivenza: aria, acqua, cibo, vestiti e, appunto, un tetto sotto cui ripararsi (senza il quale saremmo appunto dei "senzatetto" o degli "homeless" ovvero automaticamente facenti parte della quota di popolazione più disagiata); ma mentre molti di questo beni sono abbondanti e gratuiti o - grazie alla rivoluzione industriale - di prezzo molto basso (un tempo, quando i vestiti erano costosi, "vestire gli ignudi" era appunto un'opera di carità, oramai per fortuna largamente residuale), la casa, se pur essenziale, ha due caratteristiche: di essere un bene scarso; e di essere un bene costoso (servono decine di annualità di stipendio per comprarla). Sul primo punto, se anche ricoprissimo di case la Val Padana, anche a prescindere dal disastro ambientale che ne seguirebbe, sappiamo che non tutte queste case avrebbero uguali caratteristiche in termini di accessibilità, prossimità ai luoghi di lavoro, eccetera; sul secondo, sappiamo che, nonostante le varie sperimentazioni che nel dopoguerra hanno portato ad abbattere i costi di realizzazione (e che continuano ad essere presenti nel Nord Europa, non si capisce perché per dire i fondi del PNRR non vengano utilizzati anche per questo, anziché costituire di fatto fonte di inflazione), alcuni costi sono incomprimibili. Ma sappiamo anche che la soluzione data finora (ovvero la casa in proprietà alla maggioranza delle famiglie, rastrellando il loro risparmio) si scontra ad oggi con due fattori: la conseguente immobilizzazione del capitale (che come insegnava Cattaneo nelle "interdizioni israelitiche" se investito in beni immobili alla lunga è improduttivo - vedi decadenza delle ricche famiglie nobili con tutti i loro palazzi) ma soprattutto l'immobilità delle persone, legate in questo modo ai luoghi, al di là delle situazione lavorative e anagrafiche (quanti grandi appartamenti sono abitati da vecchine sole, che non hanno peraltro alternativa?). Come se ne esce? Pensare che sia l'investitore privato che realizza appartamenti a prezzo calmierato uno qua e uno là, come si è pensato stoltamente negli anni scorsi, è velleitario. Solo l'Ente Pubblico può intervenire con una produzione che raggiunga la dimensione-soglia in grado di calmierare i prezzi (come succede nel Nord Europa). Abitare in una casa a prezzo calmierato (pubblica o di grandi fondi) deve diventare la normalità (come è avvenuto per il sale, carissimo finché era privatizzato, ora accessibile a tutti), e non uno stigma. Anziché "vestire gli ignudi" adesso è il tempo di dare una casa a tutti, è nell'interesse della società (e non solo delle famiglie).
    13 giugno 2023 • 11:36Rispondi
  4. Franco PugliaCondivido solo in parte quanto scritto in merito al sostegno economico per l'affitto destinato agli incapienti. Si, è vero che il prezzo di mercato dell'alloggio dipende dalla domanda e se la domanda viene sostenuta da denaro pubblico il prezzo può lievitare, ma questo in assenza di altre condizioni. Il problema di un proprietario di immobili che destina alla locazione non è tanto il ricavo economico in assoluto, quanto la conservazione del bene, la sua rapida disponibilità se richiesta, un rapporto economicamente sostenibile tra costi del bene (valore investito, costi di gestione e tasse) e ricavi. Io sono convinto che il proprietario sia ben disposto a cedere il suo bene in locazione a prezzi equi se la conservazione del bene e la sua disponibilità sono garantite da chi abbia un potere effettivo, superiore al suo, di garantire questi due elementi. In altre parole, si può anche sostenere un incapiente ai fini della locazione di un bene immobile, ma a condizioni imposte dall'Ente pubblico, non dal locatario o dal locatore. L'Ente pubblico può offrire al locatore l'opportunità di cedere in locazione il suo immobile a terzi individuati dall'Ente e con tutte le garanzie dell'Ente. Un tale contratto può essere molto conveniente per il locatore e libererebbe un numero enorme di immobili a prezzi contenuti. Il tutto con un altro enorme vantaggio: evitare di creare dei GHETTI, come fatto sin qui, distribuendo ovunque le famiglie più fragili, nel tessuto sociale generale, invece di creare delle "banlieux" alla francese ...
    29 giugno 2023 • 19:14Rispondi
    • Annalisa FerrarioCerto, nel senso che l'ente pubblico si potrebbe fare garante delle morosità: questo aiuterebbe gli affitti. Ma si tratterebbe pur sempre di un caso eccezionale. Il problema è quando il sostegno agli affitti diventa ordinario, ovvero un'integrazione fissa del canone. Questo è un utilizzo di fondi pubblici a sostegno dei prezzi (una distorsione del mercato a favore della rendita, in altre parole)
      7 luglio 2023 • 18:23
  5. Annalisa FerrarioFelice che Arcipelago sia tornato in pista. Ne approfitto per tornare sulla questione, sempre all'ordine del giorno. L'assessore alla casa adesso va in giro a dire che nel suo PGT non c'era nulla (o quasi) sul tema della casa affrontabile, perché "i dati indicavano che il problema non c'era". Be', peccato che nel suo PGT questi dati non ci siano (come in generale manca qualunque dato utile, se non qualche vignetta o qualche torta colorata a titolo esornativo). E quindi delle due l'una: o questi dati se li è inventati; oppure ci sono davvero e se li è tenuti nascosti. Non si sa quale delle due sia la l'ipotesi peggiore. Perché non è solo un tema di trasparenza e di correttezza decisionale (cosa di cui la nostra amministrazione sembra essersi del tutto dimenticata), è anche perché la soluzione del tema della casa, come ci mostrano ad esempio le esperienze straniere come quella di Vienna, è proprio nella loro continuità nel lungo periodo (le case affrontabili non nascono dall'oggi al domani): e quindi pochi slogan, poche iniziative estemporanee, ma politiche ben ancorate sui fatti, trasmissibili anche ai propri successori nel tempo. E quindi, caro assessore alla Casa, se hai dei dati che indicano che il problema fino a poco fa non c'era, tirali fuori. Altrimenti stattene zitto (e passa il compito a qualcuno che ne capisce di più). Saluti
    22 settembre 2023 • 08:13Rispondi
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