22 febbraio 2022

IN CHE MODO E CON QUALE LINGUAGGIO RELAZIONARSI CON I GIOVANI

Un problema scottante e attuale


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Capitolo importante: i Giovani. Per i giovani ci viene richiesta oggi un’assunzione di responsabilità netta, non possiamo più demandare uno stato di necessità se non vogliamo abdicare al nostro ruolo di educatori.

Salvaguardare il loro futuro significa adempiere anche al senso della nostra vita, legittimarla. 

Per i giovani come per i figli dobbiamo costruire un futuro più fertile, leggibile. Educare è arte maieutica e dispendiosa, faticosa e se a volte non avvertiamo troppo il peso di quella competenza è perché siamo privi di sensibilità costruttiva ponendoci al di fuori da un tragitto di cura e di protezione del ragazzo. Investire risorse su chi deve crescere e saper maturare le sue capacità è sempre elemento arricchente anche per l’adulto che impara ad approfondire il sé attraverso l’esperienza del giovane. 

Si cresce vicendevolmente, a volte mettendo in discussione i parametri del confronto, a volte sbattendo una porta, ma non deve mai mancare quella passione alla ricerca, del significato di una relazione profonda che va costruita giorno dopo giorno. 

Il lavoro più antico e faticoso è quello del genitore, di chi educa. È un mettersi sempre alla prova camminando anche su carboni ardenti, su un percorso ad ostacoli dove si sperimenta anche la nostra fragilità, l’incapacità dell’essere, il senso di inadeguatezza. 

Quel mettersi in crisi è sempre foriero di avanzamento e di trasformazione dell’interiorità che non è mai fatto acquisito e statico nel suo torpore. Spesso arriviamo a dimenticare la nostra gioventù, quel “bambino ferito” che ci faceva sentire agli antipodi dell’essere adulto, reattivi anche spietatamente contro ciò che percepivamo come ipocrisia e spesso aleggiare intorno a noi. 

Quel bambino ferito che è assai comune nelle esperienze di vita va accolto, riconosciuta e abbracciato. 

I ragazzi hanno bisogno di contenuti valoriali, di trovare nell’adulto un punto di riferimento, di conoscere e saper riconoscere la forza del femminile e l’autorità del maschile. Non possiamo lavorare all’educazione sentimentale senza l’utilizzo della parola come cura. Dal punto di vista emotivo bisogna creare possibilità di conoscenza e di scambio vicendevole. 

Il ragazzo ha bisogno di costruire la sua emotività, di veicolarla verso ambiti opportuni di crescita e senza la nostra esperienza, senza nostre capacità culturali il giovane non può imparare ad approfondire i propri sentimenti, la fatica dell’errore e concorrere alla sua elaborazione.

Vi sono forme di nutrimento che al ragazzo andrebbero garantite e sono sottese al lato creativo della vita, al gioco, allo sport come spazio condiviso, al valore dell’alterità, di chi rappresenta il diverso da noi.

Bisogna imparare ad entrare nelle fatiche della vita e diventare noi i primi testimoni del valore della caduta, di una sofferenza vissuta, di una pratica produttiva verso una risalita per riconoscere nuove possibilità di apertura.

Per essere protagonisti della nostra vita e tutelare la loro crescita non possiamo arrampicarci sugli specchi e vantarci di una certa provvisorietà, ma dobbiamo essere i primi a metterci in gioco, a richiedere il coraggio che ci compete e che a loro è dovuto. Solo dagli errori e dalle fatiche possiamo costruire in ardimento giovanile e far intuire che gli stessi loro sentimenti, di oggi, sono stati i nostri: è prerogativa essenziale questo rispecchiamento nell’esperienza che ci accomuna, riguardevole per significato e valore umano.

Essere impegnati su diversi fronti con i giovani e per i giovani è atto meritevole e conquista quotidiana, quell’impegno costante non è mai vuoto a perdere ma sostanza vitale per noi e per il loro futuro. Gambe in spalla, dunque, e giudizio! 

Siamo chiamati a costruire una politica europea della salute (citazione di David Sassoli) e senza contare sul talento e sui meriti dei nostri giovani è solo speranza vana riuscire , inammissibile

Sonia Scarpante

Da Sulle ali della scrittura

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