23 novembre 2021
AUTOSUFFICIENZA E ENERGIA NUCLEARE
La situazione italiana
Dalla Francia, ascolto l’intervento del Presidente Emmanuel Macron. Il Presidente chiede ai francesi maggiore attenzione per via della 3° ondata pandemica per la quale rilancia energicamente la vaccinazione e la 3° dose, annuncia un irrigidimento delle misure di contenimento, poi parla di necessità della Nazione di mantenere l’autonomia energetica, ha usato il termine: “autosuffisance” che piace molto, dunque annuncia la costruzione di una nuova Centrale Nucleare che di fatto rilancia il settore pur essendo molto impegnata a pieno nelle politiche carbon-free , energia rinnovabile ecc.
Mi ha colpito il termine: autosufficienza. Viene spontaneo pensare all’Italia, alla nostra situazione energetica e non solo. Sappiamo che l’Italia non è energeticamente autosufficiente, e per questo si appoggia a chi può cedere quote di produzione, in primis proprio la Francia, la quale non si lasciò intimorire dalla nube russa, forse suona familiare Černobyl’. Dunque quel viscerale effetto N.I.M.B.Y ha colpito giusto noi italiani e pochi altri, sensibili al sistema dello scarico di responsabilità collettiva a favore del: “qualcuno ci penserà”.
Ci fu la nube e tante immagini di piccoli ammalti di leucemia e come si sa, i figli sono un “piezz e core”. Tanti italiani si schierarono con l’allora neofita Pecoraro Scanio, primogenito di colore verde italico, il quale cavalcò l’ondata del terrore che veniva dal freddo e che faceva ammalare i bambini, innescando il meccanismo dei possibili incidenti atomici, per indire un referendum contro il nucleare allora ben saldo in Italia con diverse centrali in servizio e altre in costruzione (Trino Vercellese con la nuova centrale quasi finita, Caorso, Latina, Montalto di Castro, Garigliano), il risultato fu che improvvisamente virammo di 180° gradi per tornare a carbone, gas naturale, nafta, olii combustibili, si direbbe non male per un verde.
Sia chiaro che questo scherzetto emotivo, poiché tale fu , ci costò non solo dal punto di vista economico per via del processo di riconversione e dei costi di mantenimento degli impianti tutt’oggi in essere (molti non sanno che le centrali dismesse hanno ancora le vasche di contenimento in esercizio per via dell’impossibilità allo smaltimento per molti anni) ma soprattutto come costi a livello di strategia nazionale, su un tema per il quale eravamo tra i primi della classe a livello mondiale ( la centrale di Latina era ai tempi la più potente d’Europa) , facendoci ricadere in ere lontane in cui la nazione traballava tra le Signorie mentre altri costruivano e consolidavano i loro stati e la loro potenza economica (increbibile come gli altri abbiamo fatto tesoro degli insegnamenti Romani mentre noi li abbiamo persino osteggiati) . Cosi un comparto intero dell’industria nella quale primeggiavano società come Ansaldo Energia, Belleli, Breda, Carlo Gavazzi, oltre a IRI Italstat, Marconi, Nuovo Pignone ecc., oltre a tutto il comparto di ricerca come il CRTN Enel, si trovarono a doversi ricollocare sul mercato. Da allora non ci siamo più rialzati e molte di queste società sono scomparse o sono state cedute a potenze straniere (Francia e Stati Uniti per lo più).
Ma quali sono i numeri italiani? I dati più attendibili data la materia, che abbiamo a disposizione sono riferiti al 2019, era pre-pandemica. Secondo i dati della Relazione annuale situazione energetica nazionale redatta dal Ministero dello Sviluppo economico, due anni fa l’energia elettrica totale richiesta in Italia è stata uguale a 318,6 TWh (Terawattora), di cui l’88% è stato prodotto internamente (centrali a gas, carbone o olio combustibile, idroelettrico e fonti rinnovabili, quest’ultime in modo molto limitato) e il restante 12 % importato dall’estero. Il dato lordo sulle importazioni di elettricità, aggiornato al 2019, corrisponde a 44 TWh annui (un Terawattora corrisponde a un miliardo di kwh).
Secondo i dati Eurostat, 15,2 TWh dei 44 TWh importanti, provengono dalla Francia, esattamente il 4,7 per cento dell’energia totale richiesta in Italia. Il ministro Cingolani quindi ha ragione quando dice che l’Italia «compra il 5 per cento di energia dalla Francia». Il resto delle importazioni proviene invece dalla Svizzera (28,2 TWh, l’8,9 per cento del totale (dunque più della Francia) e in misura minore da Slovenia (5,2 TWh) e Austria (1,2 TWh). Detto cosi sembrerebbe una percentuale sopportabile, un 5% non si nega a nessuno, il punto è che non ce la faremmo a coprire il fabbisogno energetico nazionale se non ci dessero energia gli amici confinanti a prezzi non proprio bassi, in Italia 100 kwh costano 23 euro, in Francia 17,5 euro, dunque siamo nell’ordine dei miliardi di euro. A causa della crisi derivante dalla pandemia, sembra che nel 2020, i costi siano addirittura aumentati (girano valori intorno ai 16miliardi di euro di spesa per energia elettrica importata). Se volessimo aggiungere i costi delle energie diverse (ad esempio gas e altro), il valore arriva a circa 50miliardi. I dati disponibili sono da prendere con il beneficio del dubbio, data l’impossiibiltà di valutazione puntuale (ad esempio sull’effettivo apporto da fonti rinnovabili, di per se aleatorie).
Declinando i costi a livello familiare, pensando di essere circa 25 milioni di famiglie, l’energia importata totale ci costa circa 2000 euro a famiglia l’anno (considerando tutte le energie importate), in più una discreta % di energia importata deriva dal nucleare. La Svizzera ha 5 centrali nucleari, la Slovenia ha 1 centrale contro le 18 Centrali della Francia. Vista cosi, la questione della sicurezza in caso d’incidente in Francia o Svizzera, dell’aspetto ecologico circa le scorie e quanto ne consegue, assume la dimensione del grottesco con buona pace dei Verdi Europei e gruppi affini poiché nessun guasto di rilievo ha mai minacciato l’Italia, nonostante si sia circondati da impianti nucleari, per contro un possibile incidente nucleare, certamente ci coinvolgerebbe come se le centrali fossero in Italia (qualcuno pensa ancora che le Alpi ci proteggano, non ce la fecero neanche contro Annibale).
Di recente il Ministro Cingolani, parlando di rilancio del nucleare italiano, è stato aggredito da chiunque si occupi di argomenti ecologici in tema d’energia, con argomenti che sono completamente incoerenti e strumentali. Temi che solo un interessato a ostacolarne la ripresa, potrebbe portare sul tavolo della discussione come il fatto che non abbiamo competenze, un falso poiché noi italiani non abbiamo mai lasciato il settore nucleare, siamo allineati e in piena sinergia con i francesi e altri paesi, con i quali abbiamo sviluppato progetti e dunque non sarebbe per noi un partire da zero. Aggiungo che già adesso, gestiamo delle centrali nucleari fuori dall’Italia, soprattutto nell’est Europa, ad esempio in Romania e vendiamo energia nucleare e tecnologie, oltre che competenze ad altri. Se riprendessimo a costruire centrali, avremmo anche una forte riduzione dei costi per i riscaldamenti, grazie all’utilizzo di enormi quantità d’energia termica che sarebbe disponibile, distribuita con il teleriscaldamento.
Dunque la Francia si pone come caposaldo europeo a sostegno energetico, assumendosi la responsabilità di tale ruolo, consolidando la sua leadership nel settore, al tempo stesso porta avanti tranquillamente la ricerca di fonti energetiche alternative, rilancia il concetto di benessere e tutela del cittadino e sostiene le politiche di assistenza alle Famiglie, grazie alla ricchezza prodotta (prodotto interno lordo) e al fatto che può tranquillamente auto sostenersi, cosa che noi italiani non potremmo fare per via di una nostra predisposizione ad essere emotivamente condizionati dalle situazioni.
Purtroppo ci manca quella fredda determinazione che invece hanno i popoli anglosassoni, quel senso del rimboccarsi le maniche e produrre ricchezza per la collettività, l’idea della partecipazione come il Débat Public (anche questo non l’abbiamo saputo neanche copiare), il senso di appartenenza e una sana legittima consapevolezza della grandeur, che ci suona male ma tradotto significa sentirsi parte di un qualcosa che è di tutti, l’orgoglio della propria Nazione e se questo vuol dire essere allineati con delle scelte strategiche sia pure critiche, lo si fa in nome e per conto della Nazione, cioè del Bene comune e di una crescita collettiva. D’altra parte, se volessimo pensare ai temi ecologici, la transizione energetica come tema di fondo, non lascia molto spazio all’ideale quando c’è una nazione da gestire dal punto di vista dell’energia e il tema delle rinnovabili è ancora molto lontano da essere un’alternativa valida.
Non siamo meno degli altri, anzi, potremmo primeggiare ma il nostro opportunismo e la scarsa dedizione al bene comune ci impongono di dover dipendere dagli altri, qui ci si occupa sempre e comunque di mettere il lato B al sole, spesso ai danni di qualcun altro, possibilmente guadagnandoci qualcosa a livello personale come a Milano, emergenza sanitaria a parte, la politica nostrana si è trasformata nella paradossale “etica privata” e il contradittorio “altruismo d’interesse” ai danni della cittadinanza, una politica nostrana condita di derive personalistiche e maschere d’altruismo con le quali conquista la maggior parte dei cittadini oramai poco critici per sfinimento mediatico e per assenza di una classe intellettuale capace o abbastanza motivata per contrastare il potere politico, spesso un perire consapevolmente da fuoco amico.
Gianluca Gennai
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