17 settembre 2021

UN VOTO PER CHI ED ANCHE PER CHE COSA

Una riflessione sullo stato dell'istituzione locale ieri ed oggi


ballabio

La nostra beneamata Repubblica ha raggiunto i tre quarti di secolo, un’età del tutto rispettabile malgrado vicissitudini di vita non sempre lineari e confortanti. Tuttavia sotto il profilo politico ed istituzionale è divenuto usuale dividerne la storia in due fasi ovvero tra una “prima” e una “seconda repubblica”.

Limitando tale distinzione al campo degli enti locali (nell’imminenza di un’ampia tornata elettorale che coinvolge le più importanti città) credo non sia arbitrario porre lo spartiacque tra i due periodi al momento dell’istituzione dell’elezione diretta dei sindaci e della conseguente diversa distribuzione dei poteri locali.

La frattura tra il “prima” ed il “dopo” risulta infatti assai profonda, tale da modificare sostanzialmente la qualità della democrazia proprio nel livello più vicino ai cittadini. Se in meglio o in peggio è tutto da vedere, tanto da meritare – seppure a grandi tratti – un confronto ed un sommario giudizio.

Il primo mutamento riguarda evidentemente il ruolo del sindaco. Nel precedente sistema, rigorosamente proporzionale, tale figura risultava condizionata su più fronti: politico, burocratico e inter-istituzionale.

L’elezione diretta infatti riguardava solo il consiglio comunale, la cui centralità appariva formalmente esclusiva. Nella sostanza tuttavia l’assemblea elettiva rifletteva le porzioni di potere reale saldamente tenute nelle mani dei partiti. Per la proprietà transitiva pertanto il sindaco era obbligato a rispettare la maggioranza consiliare e, attraverso di essa, i partiti che la componevano (a cominciare dal proprio! ).

Per altro le liste elettorali corrispondevano ai simboli dei partiti che le formavano mediante un’accurata preselezione, oltre ad orientarne mediante l’indicazione delle preferenze (ma qui entravano in gioco le correnti interne) gli eleggibili. Evidentemente il sindaco predestinato doveva rientrare in questa rosa per prestigio e meriti riconosciuti, la cui valutazione ricadeva tuttavia ancora sugli organi interni di partito.

Certamente, trattandosi di partiti di massa con larga base e collegamento stretto con i corpi intermedi della società civile, il legame con i cittadini era intenso e costante, tuttavia mediato da entità spesso ingombranti ed alla fine degenerate in quella che fu dichiarata “partitocrazia” da spiriti indipendenti quali Indro Montanelli ed Enzo Biagi.

L’altro aspetto del sistema imperniato sui partiti riguardava la loro struttura territoriale, organizzata per livelli decrescenti dalla nazione al quartiere, tra i quali tuttavia spiccava la “federazione” provinciale, vero snodo di rilievo politico e potere decisionale. Pertanto l’azione dei sindaci nei singoli comuni era orientata ad una “linea” per quanto possibile coerente, in un orizzonte più ampio dei confini municipali.

Sotto il profilo burocratico inoltre tutte le delibere comunali dovevano essere sottoposte ad un controllo, dapprima prefettizio di merito e poi regionale di legittimità, tale da limitare il campo dell’autonomia entro confini talvolta ristretti.

Tutto questo sino ai primi anni ’90, allorché il crollo del sistema partitico fece tabula rasa dei rapporti politici e istituzionali preesistenti, comunque basati sul bilanciamento anche “ideologico” tra maggioranza ed opposizione, coronato anche da compromessi però evidenti alla luce del sole.

Per garantire un “minimo sindacale” di governabilità occorse allora “ricominciare da tre” ovvero: elezione diretta del sindaco, premio di maggioranza, responsabilizzazione degli apparati amministrativi. Nasce così anche a livello locale una “seconda repubblica”, inizialmente lastricata di buone intenzioni.

La lodevole finalità di separare le funzioni politiche di indirizzo e controllo da quelle esecutive si traduce nella doppia (sottolineo doppia) elezione diretta (sottolineo diretta) del Consiglio e del Sindaco. Il premio di maggioranza riservato ad una coalizione predeterminata appare per altro inevitabile rispetto ad un proporzionalismo puro divenuto incontrollabile dopo la dissoluzione di gruppi consiliari stabili.

La responsabilità amministrativa viene spostata da un ceto politico di nuovo conio verso un apparato tecnico-burocratico che dovrebbe “orientarsi al risultato” e considerare il “fattore tempo” nelle procedure, ribaltando una prassi gerarchica e formalistica di derivazione militare (definita “lentocrazia” da Massimo Severo Giannini, ispiratore del primo ancora virtuoso Bassanini!).

Tuttavia a tutt’oggi i partiti non sono scomparsi. Per quanto geneticamente mutati e socialmente screditati compaiono sulla scena dominata da una perversa graduatoria di fatto. Il potere del sindaco viene personalizzato ed enfatizzato (ancor più attraverso le “primarie”) per assumere la guida politica pressoché totale a dispetto del consiglio, formato in buona parte da eletti nelle “liste del sindaco” che di fatto si riappropria indebitamente delle funzioni di indirizzo e controllo!

Inoltre la giunta, da organo di collaborazione col sindaco formata da assessori nominati e privi della firma sugli atti, diviene invece terreno di caccia ancora una volta a discapito del consiglio. L’assalto riguarda gli assessorati (per altro non più previsti dall’ordinamento, costituendo la giunta un organo collegiale). La disparità nell’assegnazione delle indennità dovute ad assessori e consiglieri si rovescia a discapito degli eletti!

Infine l’orizzonte dapprima aperto, mediante le citate “federazioni”, almeno alla dimensione provinciale (prima della scissione brianzola pressoché coincidente con l’area metropolitana) si rinchiude negli invalicabili confini municipali.

Quanto basta per considerare esaurita questa “seconda repubblica” ma col dubbio – ricordando l’apologo della successione dei tiranni di Siracusa – di poterne prevedere una terza!



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  1. Vitaliano SerraHo conosciuto Valentino Ballabio ai tempi in cui é stato sindaco di Cologno Monzese ed io Assessore all'Urbanistica del Comune di Bussero e quando entrambi frequentavamo la Federazione Provinciale del PDS / exPCI , lui con ruoli senza dubbio più importanti del mio che da dirigente del SUNIA seguivo il tema della casa e della condizione già allora ( e da allora sempre peggio) in avanzato stato di degrado, sociale, urbanistico e edilizio. E ho gustato la lettura di questo suo articolo che tocca un tema, quello della sempre annunciata concretizzazione di un governo unitario e non Milanocentrico dell'Area Metropolitana milanese. Un tema solo in apparenza meramente istituzionale e burocratico, ma a mio parere di enorme importanza ai fini di più equa ed efficace distribuzione dei poteri all'interno di questa area, se l'obiettivo che si da la politica é quello, di cui non v'é traccia negli ultimi 30 anni, é quello del maggior benessere anzitutto sociale dei cittadini che ci abitano. Anche io ero all'epoca un determinato fautore di quel processo di decentramento dei poteri e di multipolarizzazione della città, dei servizi pubblici dal centro alle periferie. Nonostante un profluvio infinito e anche per molti aspetti qualificato di iniziative e di buone intenzioni, dopo 30 anni siamo ancora al punto di partenza, anzi abbiamo fatto dei grandi passi all'inverso. I poteri si sono riaccentrati, ancora di più, le periferie sono rimaste periferiche sia ai poteri che ai servizi, i Comuni , neppure troppo lentamente, si sono svuotati di risorse, di capacità di governo del territorio, e di democrazia. Ballabio nel suo intervento spiega con efficacia il percorso politico amministrativo che ci ha portati fin qui, il partiticidio operato proprio in quegli anni grazie all'attacco congiunto di poteri sovranazionali ademocratici e di ampie parti dell'apparato politico amministrativo subalterno a quei poteri con il non dichiarato, ma evidente a posteriori, obiettivo di ridurre al silenzio la politica partecipativa ( pur a dispetto della potente propaganda di quel tempo ) e confondendo la crisi dei partiti ( la loro degradazione ) con la punizione della politica, soppiantata poi dall'economia e soprattutto dalla finanza globalizzata. se devo fare un appunto al tema sollevato da Ballabio é proprio quello del tenere sottotraccia, o non sufficientemente evidenziata, la questione delle questioni che ha prodotto sia il deleterio processo di spoliazione della politica e della democrazia, sia i processi di riaccentramento dei poteri locali che per Milano ha significato la fine del progetto metropolitano, la esasperata personalizzazione del ruolo dei sindaci e lo svuotamento del ruolo dei consigli comunali, e la finanziarizzazione delle politiche di bilancio con il suo devastante seguito di privatizzazioni gestionali, di esternalizzazioni dei servizi, di aumento delle tariffe, di tagli indiscriminati , di cementificazione del territorio, di accondiscendenza agli interessi del settore privato, di continuazione della visione "Milanocentrica" ( nei confronti dei Comuni della Provincia ) e centrocentrica ( riguardo alle periferie milanesi sempre più oggetto di abbandono e degrado salvo le rare occasioni di propaganda preelettorale o puramente occasionale come é avvenuto con la visita del Papa al Quartiere Salomone di qaulche tempo fa ). Mi scuso per la lungaggine del testo, ma credo che una riflessione approfondita e non casuale su questi temi sarebbe auspicabile e necessaria. Grazie per lo spazio concessomi e fraterni saluti a Ballabio e a tutti Voi. Vitaliano Serra ( serra.vitaliano@gmail.com )
    22 settembre 2021 • 21:14Rispondi
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