6 aprile 2021
GLI OZI DI CAPUA AL COMUNE DI MILANO
Bilanci in perdita e inerzia della macchina amministrativa
6 aprile 2021
Bilanci in perdita e inerzia della macchina amministrativa
I due bilanci in perdita a causa dell’epidemia rappresentano per il Comune di Milano una grave ipoteca operativa per gli anni a venire, anche ammesso il possibile ripiano da Roma o da Bruxelles perchè, data per scontata la deroga per il mancato pareggio a causa di forza maggiore, determineranno una crescita dell’indebitamento con annessa prospettiva di un possibile taglio di molti servizi sin qui erogati, specie se la ripresa attesa dovesse avvenire in modo troppo graduale, allungando il periodo di sospensione di molti balzelli su cui si sono retti i pareggi degli ultimi anni, oltre agli usati artifici contabili imposti da leggi nazionali per noi punitive.
Nel disastro apparecchiato dall’epidemia colpisce in modo significativo l’incapacità da parte del Comune sia di offrire un ruolo di supplenza al suo principale competitor politico, Regione Lombardia, vittima della bulimizzazione leghista di ogni più minuto strapuntino di potere con il reclutamento di una sottoclasse politica strappata alle sedie dei bar di provincia, sia di operare in modo aziendale una razionalizzazione dei suoi costi operativi, come fatto da tutte le altre attività private sia pur con l’aiuto sparagnino offerto dallo Stato, sia infine di avviare attraverso le sue partecipate operative un vasto piano anticiclico di investimenti pubblici, a partire da quelli energetici che oggi, tra risparmio e incentivi fiscali, non costano un euro e generano flussi di opere miliardarie se solo si fosse capaci di farle partire: il Comune è apparso, e continua ad apparire, come un pugile suonato seduto nel suo angolo, preoccupato solo che la borsa promessa venga mantenuta intatta anche dopo un eventuale KO tecnico.
Gli ozi cumani e il Tito Livio che manca
Eppure una struttura di oltre 130 Direttori con uno stipendio medio (premi compresi) di 130.000 euro annui, e quindi un costo per la collettività superiore ai 25 mln anno, avrebbe teoricamente in sè le risorse per elaborare piani di resilienza contabile che invece non sono nemmeno stati immaginati, pur in presenza di una contrazione nei servizi forniti a causa dell’obbligatorio smart working: banalmente non è stata presa in considerazione la sospensione nell’erogazione dei premi di risultato in quanto basati prevalentemente sulla produzione cartacea prodotta e non sui risultati che ne avrebbero dovuto derivare, mancando del tutto un fact checking premiale nelle procedure interne di controllo.
E proprio sul servizio di audit interno affidato alla dott. Fabiano per 137000 euro/anno occorrerebbe soffermarsi.
Se esistessse un Tito Livio che raccontasse le gesta del Comune di Milano come il suo omologo fece con le Guerre Puniche, troverebbe in un qualche anno tra il 1970 e il 1980 la svolta capuana dell’apparato comunale, passato da gloriosa macchina da guerra (non solo i Ghisa, oggi diventati gli eredi dei Camalli genovesi, ma anche gli addetti alla progettazione e cura delle strade, dell’acquedotto e fognatura, dell’illuminazione e degli indefettibili orologi stradali, della conservazione e decoro dei palazzi comunali) ad informe ammasso ministeriale, in cui i RUP assumono sicuramente gli onori economici delle azioni intraprese ma non assicurano certo l’onere di un risultato in tempi certi e ottimali per la Città e il Cittadino: io stesso sono stato testimone di come, presa ufficiale contezza di un danno annuo da 800.000 (ottocentomila) euro a causa di scelte tecniche dissennate prese a suo tempo dall’Ufficio Tecnico del Comune sotto la Direzione dell’ora pregiudicato Ing.Acerbo, lo stesso Ufficio Tecnico responsabile non abbia ritenuto opportuno provvedere risolvendolo, come indicato in apposita perizia asseverata, e quindi perdurando ad addossare tali costi anche in questi due anni di bilanci periclitanti al proprio munifico datore di lavoro.
Ovviamente i due Assessori alla partita, debitamente informati, se ne sono guardati bene dal contraddire l’operato dei propri sottoposti (che peraltro li comandano a bacchetta).
I tentativi di riforma: Albertini e Parisi
Vi fu in realtà un momento, Albertini Sindaco e Parisi DG, in cui tale andazzo raggiunse e valicò limiti insostenibili tali da imporre appunto la nascita di un Audit interno (Franchitta/Albanese) in cui incapparono Rita Amabile (vice Direttore Generale e responsabile Risorse Umane, forte del suo passato di sindacalista CGIL, professione che garantisce sempre un grande potere all’interno della PA, poi passata armi e bagagli alla corte di Letizia Moratti e di Forza Italia) e suo marito l’Ing.Nunziata, coinvolto nel solito appalto calore che il Comune non riesce a gestire in modo trasparente neppure ora, entrambi rimossi (Nunziata morì poco dopo) salvo rientrare trionfalmente proprio con la Moratti, consumare vendette a suon di nomine dirigenziali ancor oggi in sella, e ricadere in altra storiaccia per i legami con Rodolfo Citterio, gestore dell’Hollywood, che nel 2010 le costò il definitivo passaggio all’attività di lobbysta.
Il tentativo moralizzatore fallito di Albertini/Parisi, la restaurazione del potere della Politica in stile formigoniano operato dalla Moratti e la sostanziale incapacità di Pisapia e Sala di metter mano all’anarchia ereditata, portarono in dote al Comune la spregiudicatezza morale della propria classe dirigente e la sostanziale autodichia (https://it.wiktionary.org/wiki/autodichia) dell’apparato comunale, chiamato da allora a conferirsi stipendi senza interlocuaizone politica alcuna, attribuirsi premi e controllarsi.
Sala e la carta Malangone
Sala, essendo stato Direttore Generale proprio con la Moratti, conosceva perfettamente la cosa tanto da pretendere la nomina di Malangone a DG, avendolo visto operare in piena era formigoniana, con la corazzata di Infrastrutture Lombarde sotto la guida di Rognoni e poi con lui in Expo, dove peraltro ebbero entrambi mano libera e contratto a termine: ma la Infrastrutture Lombarde del tempo del Celeste, era il braccio armato di un sistema di potere dotato di obiettivi e risultati da raggiungere, ovvero l’ammodernamento delle infrastrutture sanitarie lombarde trasformate in centri di eccellenza, quindi il piano di battaglia era stabilito dalla politica e diretto dei tecnici.
Arrivare al Comune e trovarsi i Proci a tavola dev’essere stato un brusco risveglio, oltre alla presa di coscienza che per diventare un secondo Rognoni, ovvero governare senza intoppi opere e denari, serviva un Formigoni alle spalle, mentre Sala non solo non ha l’esercito di CL e della CdO alle spalle bensì solo un gruppetto di Partiti tremebondi timorosi di sbagliare, ma non ha neppure le ambizioni egemoniche di Formigoni e quindi senza direzione un Direttore poco può fare per raddrizzare la baracca.
Ecco che torna di attualità l’impietoso confronto con la Milano che fu, e non per nostalgia ma perchè l’unica arma che possiede la Politica per usare l’economia pubblica in funzione anticiclica è quella di poter poggiare i propri progetti su di una macchina amministrativa e tecnica affidabile, cosa che oggi non solo non abbiamo, ma che spesso rema pure contro, come occorso negli ultimi appalti puntualmente riformati da TAR e Consiglio di Stato, o nelle proroghe di appalti pluriennali lasciati inspiegabilmente scadere senza soluzioni, nella mancata progettazione degli interventi di riqualificazione edilizia ed energetica dei propri immobili e, ciliegina sulla torta, nell’estensione di proposte per il Recovery Plan irricevibili da Roma e da Bruxelles per palese mancanza dei piani industriali a supporto.
Così grazie ai propri valenti e ben stipendiati tecnici Milano si presenterà all’appuntamento del principale piano infrastrutturale europeo facendo propria una proposta di A2a per l’uso dei cascami termici della fonte energetica oggi più inquinante (la produzione termoelettrica da fossile non rinnovabile), proposta già bocciata dalle Autorità italiane perchè industrialmente non sostenibile e priva dei requisiti per l’ottenimento dei certificati bianchi, mentre ora chiediamo all’Europa soldi a fondo perduto vantandone il ruolo per la transizione ecologica (dai fossili non rinnovabili).
Alla prossima tornata elettorale questo della macchina comunale in panne, è il primo problema da affrontare, magari sollevando con metodi militari i dirigenti dagli ozi cumani in cui si sono adagiati da oltre dieci anni.
Giuseppe Santagostino
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