25 febbraio 2021

CITTÀ METROPOLITANA: QUALE MODELLO PER QUALE TERRITORIO

Cosa ne pensano i candidati a sindaco?


La scadenza elettorale per il rinnovo dell’amministrazione comunale di Milano, riporta in auge la trentennale questione della Città metropolitana (CM) che presenta tre nodi fondamentali: l’elezione diretta del sindaco metropolitani da parte di tutti i cittadini metropolitani; la permanenza del comune di Milano o la sua articolazione in più comuni; l’estensione territoriale della Città metropolitana. ArcipelagoMilano da molto tempo si occupa della questione. A pochi mesi dalle elezioni comunali sarebbe utile sapere cosa ne pensano candidati e forze politiche.

Grande Milano (SRN 7A)

L’elezione del sindaco metropolitano.

Secondo la legge 56/2014 (Delrio) il sindaco eletto a Milano diventa, ope legis, sindaco della Città Metropolitana. Quindi il sindaco metropolitano non è eletto da tutti i cittadini, ma solo dai residenti anagrafici del capoluogo. Un’evidente distorsione del principio democratico di rappresentanza. Non si capisce come la norma sopravviva, considerato l’evidente profilo di incostituzionalità, se non per il disinteresse della politica per un’istituzione considerata di scarsa rilevanza. La legge prevede che l’elezione diretta possa avvenire se si suddivide il capoluogo in più comuni.

Luigi Corbani ha recentemente lanciato un appello al Presidente del Consiglio per sostenere l’elezione diretta del sindaco metropolitano da parte di tutti i cittadini metropolitani; spero che riesca a raccogliere molte firme. L’elezione diretta del sindaco comporta l’elezione dei consiglieri, la nomina di una giunta e un adeguato compenso per chi amministra tre milioni e mezzo di cittadini. Così era per le province prima che la Delrio le smontasse. Dunque l’elezione diretta del sindaco della città metropolitana da parte di tutti i cittadini che vi risiedono e dove per lo più lavorano è il primo indiscutibile punto della questione. Dico indiscutibile perché se si vuole affrontare seriamente la questione della CM il punto non può essere messo in discussione.

Milano comune, sì o no?

Due modelli di Città metropolitana

Il secondo nodo pone due alternative di non semplice soluzione: ovvero se il comune di Milano debba o no articolarsi in più comuni; se debba esserci un solo sindaco della Città metropolitana o due sindaci “pesanti”, quello di Milano e quello della CM.

Quali sono i poteri che conferiscono peso ai sindaci milanesi?

– L’urbanistica: ovvero il potere di decidere i grandi interventi di trasformazione – Scali ferroviari,

Fiera, Stadio di San Siro, City Life, ecc. – e quindi di contrattare con i gestori dei fondi di

investimento internazionali, ecc. Un potere che hanno anche alcuni sindaci metropolitani: Sesto S. Giovanni, Rho, Segrate, ecc. per la presenza di grandi aree di trasformazione.

– La programmazione dei trasporti, e i relativi investimenti.

– I rapporti con le istituzioni: Governo, Regione. Università, ecc.

– La titolarità delle società partecipate: ATM, MM, A2A, Sogemi e altre 8

– La direzione di consorzi “pesanti”, come il Consorzio acqua potabile;

– La disponibilità delle risorse di bilancio conseguenti.

Chiarite le leve di comando (ma ce ne sono senz’altro altre) si pongono due modelli di Città metropolitana.

Il primo modello, più complesso, prevedrebbe l’elezione diretta del sindaco e il mantenimento del comune di Milano; in questo caso avremmo:

– due sindaci con poteri forti; quello di Milano e il sindaco metropolitano;

– i comuni (133)

– i municipi di Milano con poteri ridotti rispetto ai comuni esterni.

Il peso del sindaco di Milano dipenderebbe dunque da quali poteri sarebbero trasferiti al sindaco metropolitano e quali ai municipi.

Il secondo modello, teoricamente più semplice e razionale, prevedrebbe comunque l’elezione diretta del sindaco ma anche lo scioglimento del comune di Milano; in questo caso avremmo:

– un sindaco forte, quello della Città metropolitana;

– gli altri 132comuni

– i comuni milanesi derivanti dallo scioglimento del capoluogo, ovvero Milano Centro storico, Milano Barona, Milano Corvetto, ecc., con pieni poteri comunali.

Milano è una città monocentrica e compatta, con una storia di progressive aggregazioni di comuni confinanti. La disarticolazione del capoluogo in più comuni autonomi, pur nell’ambito della città metropolitana, sarebbe una forte cesura della storia della città; qualche dubbio è legittimo (non me ne voglia Valentino Ballabio, compagno di battaglie che so essere, con determinazione, per il secondo modello).

Entrambi i modelli comporterebbero comunque uno sforzo titanico di riorganizzazione delle due macchine amministrative e dei 17.000 dipendenti. E di titani non sene vedono molti all’orizzonte.

La dimensione territoriale della Città metropolitana.

Nell’ottica di riformare / rifondare la CM, torna in evidenza la questione dei confini e della dimensione ottimale. I confini presentano sempre incongruenze rispetto alla complessità del territorio reale. Bisogna farsene una ragione perché qualsiasi delimitazione presenterà difetti.

La città metropolitana è un’istituzione prevista dalla Costituzione; deve avere un territorio, definito da un confine e dei cittadini residenti in quel territorio che eleggono i loro amministratori; dunque superiamo definitivamente le ipotesi “governance a geometria variabile” che per anni sono state funzionali all’inerzia. (1)

L’attuale territorio della CM è risultato dalla separazione della provincia di Monza e Brianza dalla provincia di Milano, divenuta operativa nel 2009. La maggioranza dei cittadini della provincia di Milano non ha però potuto esprimersi e ha subito la volontà della minoranza, i cittadini residenti nelle nuove provincia, in ossequio all’imperante localismo.

L’istituzione della provincia MB è stato sempre oggetto di conflitto e a mio avviso, un errore. Cercherò di dimostrarlo.

L’Istituto Nazionale di Urbanistica in questi giorni sta svolgendo una serie di interviste a esperti di diverse discipline per aprire una riflessione sui principi sui quali fondare una nuova visione del governo del territorio e delle città. (2) Gli studi di Antonio Accetturo, economista del centro studi di Bankitaila, recentemente intervistato, dimostrano come esista un rapporto diretto tra dimensione delle agglomerazioni urbane e produttività e un rapporto inverso tra produttività, congestione e inquinamento ambientale; le analisi rilevano come le città italiane abbiano livelli di congestione e inquinamento superiore a quelli medi delle città europee.

Anche la concentrazione di capitale umano (lavoratori professionalizzati) ha un effetto diretto sulla produttività del sistema urbano; in questi ultimi anni anche nei tradizionali territori manifatturieri, la produttività si è, in parte, mantenuta ad alti livelli laddove si è avuto lo sviluppo di imprese di medie e grandi dimensioni che concentrano capitale umano. Anche in questo caso sarebbe interessante capire quali siano stati gli andamenti dell’economia brianzola.

La valutazione degli effetti economici e sociali (livello dei servizi, riduzione dei divari territoriali, offerta di lavoro, ecc.) di provvedimenti di legge e amministrativi, in Italia è una prassi recente e ancora poco sviluppata. In particolare non risultano valutazioni degli effetti economico sociali della pianificazione urbanistica e territoriale, come avviene invece nei paesi anglosassoni.

Sarebbe interessante dunque valutare obbiettivamente gli effetti dell’istituzione della provincia di Monza e Brianza e capire se il divario tra i territori sia aumentato o si sia ridotto dopo l’istituzione della nuova provincia.

In attesa che i decisori politici promuovano un’analisi sistematica, mi limiterò alla valutazione empirica del perché l’istituzione della provincia MB fu, a mio avviso, un errore e perché oggi dovrebbe rientrare nella città metropolitana di Milano.

Sotto il profilo del sistema insediativo.

La CM e la provincia MB costituiscono un continuum urbanizzato con densità per Kmq di popolazione e attività produttive analoghe tra loro e molto più elevate di tutte le altre province lombarde. (CM 2.072 ab /Kmq; MB 2.146 ab/Kmq; media delle altre province 269 ab/Kmq)

La distanza stradale tra i due capoluoghi è di 19 Km (40 minuti per via della congestione). Tra Milano e gli altri capoluoghi dell’area metropolitana lombarda è mediamente poco più di 50 Km. (Brescia 90 Km).

Possiamo dire che CM e provincia MB costituiscono un’unica grande città (metropolitana) compatta e densa che richiede un governo unitario.

Sotto il profilo funzionale, ovvero del mercato del lavoro

Secondo l’ISTAT (dati 2011) la CM e la provincia MB fanno parte di un unico Sistema Locale del Lavoro individuato sulla base degli spostamenti pendolari.

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Gli scambi di flussi pendolari tra CM e MB sono di analogo peso: da CM a MB 234.655 spostamenti; da MB a CM, 247.695 spostamenti (regione Lombardia, Matrice regionale O/D 2014); Gli scambi tra le altre province sono mediamente di alcune decine di migliaia contro le duecento mila e passa tra CM e MB.

Non è un caso che la Camera di Commercio, ente pubblico che cura gli interessi delle imprese, comprenda la CM di Milano, la provincia MB e la Provincia di Lodi (la vera area metropolitana milanese). Del resto gli imprenditori conoscono bene i vantaggi delle economie di scala.

Sotto il profilo del sistema infrastrutturale.

Le previsioni del Piano Territoriale della provincia MB, per la viabilità principale e per la rete del ferro, completano, come è giusto, il quadrante nord est della grande rete a raggera che innerva l’area metropolitana. Il Piano non traccia, né lo avrebbe potuto realisticamente fare, un sistema infrastrutturale con un’autonoma configurazione locale, ma completa la rete delle infrastrutture dell’area metropolitana.

In più la previsione del prolungamento nel territorio della provincia MB di ben tre linee metropolitane provenienti da Milano, M1, M2 e M5 che connetterà la Villa Reale, salda finalmente la Brianza a Milano e completa la rete metropolitana. Il che ridurrà la congestione, aumenterà gli scambi (a fine pandemia), ridurrà l’effetto della Brianza come (ricca) periferia milanese e riporterà la Villa Reale e il suo straordinario parco nel “core” della CM di Milano, la più grande città del Paese; opere volute da Maria Teresa d’Austria e da Eugenio de Beauharnais figliastro di Napoleone, per affermare il ruolo di capitale europea di Milano.

Forse se trent’anni fa quando la legge 142 istituì le città metropolitane, fosse stata fondata la Città metropolitana di Milano, come istituzione politicamente forte ed economicamente attrezzata, cioè se si fosse modernizzato il Paese anziché rincorrere i localismi più miopi, la produttività del Paese sarebbe stata più elevata, (che vuol dire più occupazione, crescita dei redditi dei lavoratori. riduzione del deficit, ecc.) la congestione si sarebbe ridotta (con vantaggio sui tempi di vita e la salute) e le condizioni sociali tra centri e periferie metropolitane sarebbero state meno diseguali, ecc.

Ugo Targetti

(1) Altra questione è la governance della vasta e complessa area metropolitana lombarda che non ha un confine preciso, si sviluppa su un territorio molto più ampio della CM (circa il 16 % della Lombardia) coinvolge centinaia di comuni, sette province, e contiene circa 6,5 milioni di abitanti. La governance dell’area metropolitana regionale è compito dalla Regione che deve dare una visione condivisa e richiede la leale collaborazione tra le istituzioni.

(2) Le interviste costituiscono la base di un progetto editoriale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, “lintelligenza della città”, che sarà pubblicato prossimamente.



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  1. valentino ballabioI tre punti illustrati con esemplare chiarezza sono imprescindibili per affrontare sul serio la questione metropolitana. Circa il secondo, che contempla due diverse opzioni, mi rendo conto che la scomposizione del capoluogo in municipi autonomi sia impresa ardua, tuttavia credo che la discussione al riguardo (caso mai dovesse aprirsi!) non possa eludere il secondo corno dell'antico dilemma: ciò che è reale è razionale o razionale è ciò che dovrebbe realizzarsi?
    3 marzo 2021 • 12:10Rispondi
  2. Emilio VimercatiPensiero di getto. Impallidisco al pensiero di una Milano suddivisa in 9 Comuni dotati di ampi poteri ciascuno con maggioranze politiche diverse impegnate in una campagna elettorale permanente fra di loro e con il potere centrale. Come avviene ora con le colorazioni territoriali del Covid frutto di scontri fra Presidenti di Regione e Governo centrale per apparire non so se i meno peggiori o i più furbi. Potremmo vedere espansioni cementizie in alcune zone più "accoglienti" e in altre accuse di negazione verso lo sviluppo. E' il male oscuro italiano oppresso dai voti più che dalla recherce del buon governo. Triste.
    3 marzo 2021 • 12:41Rispondi
  3. alessandro pollio salimbeniOttime considerazioni, cui faccio solo un appunto, anche se piuttosto rilevante: elezione diretta? no grazie. In epoca di centenario, la spinta propulsiva della'elezione diretta (sindaci, presidenti di provincia, presidenti di regione) non solo è esaurita ma - esattamente come l'altra, più famosa - produce da tempo fortissime controindicazioni operative, politiche e di sistema.
    3 marzo 2021 • 16:05Rispondi
  4. OmarCompletamente d’accordo.
    4 marzo 2021 • 12:06Rispondi
  5. ugo targettiPer Valentino Ballabio Caro Valentino io prediligo sempre la soluzione razionale ma come ci ha insegnato la nostra comune esperienza, molto spesso non è quella politicamente vincente. Per Emilio Vimercati Caro Emilio. il modello prospettato prevede una ripartizione dei poteri tra Comuni e CM diversa dall'attuale: la pianificazione urbanistica e le grandi opere sarebbero in capo alla Città metropolitana, non solo per Milano ma per tutti i comuni della CM. L'edilizia, le opere minori e la gestione dei servizi sarebbero in capo ai comuni sia quelli "milanesi" che gli altri 132. Dunque non sussisterebbe il pericolo di una gestione amministrativa contraddittoria perché l'indirizzo politico sarebbe garantito da un'amministrazione metropolitana unica e resa forte dall'elezione diretta del sindaco e degli amministratori. Per Pollio Salimbeni Caro Alessandro non ho capito le tue considerazioni contrarie all'elezione diretta. Se ho capito bene vorresti tornare all'elezione dei sindaci e quindi anche di quello metropolitano, da parte dei rispettivi consigli? La questione centrale è che la CM non deve essere un'istituzione di secondo livello ovvero gli amministratori della CM non devono essere eletti dai consigli comunali ma direttamente dai cittadini come condizione essenziale per avere un' istituzione forte e autonoma. Quanto all'elezione diretta del sindaco io penso che nei comuni abbia funzionato bene e garantito stabilità.
    12 marzo 2021 • 12:16Rispondi
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