23 marzo 2010

PGT E CITTÀ METROPOLITANA


Nel mio precedente intervento ho sostenuto che storicamente a Milano il piano – qualunque esso sia- ha un ruolo marginale rispetto alle grandi trasformazioni urbane, si limita a registrarle, ma raramente le indirizza e le governa. Ribadisco quindi la mia scarsa fiducia nel futuro PGT, non solo per le ragioni già dette, ma anche per un ulteriore aspetto: la limitata attenzione che il PGT sembra riservare al livello sovracomunale della pianificazione. È singolare che un piano in teoria così moderno non contempli al suo interno il concetto di Città Metropolitana. In realtà la cosa non deve stupire perché nella legge regionale 12/2005, che ha istituito il PGT, il tema della città metropolitana è del tutto assente. Cinico realismo o pregiudizio ideologico? La risposta tra qualche paragrafo.

Nel ventesimo compleanno della legge n°142 dell’8 giugno 1990, che aveva introdotto il concetto di Città Metropolitana -ma anche dei PTC-, è desolante constatare che tutte le 14 aree metropolitane previste dalla legge sono rimaste sulla carta. Ad oggi solo sette di queste hanno individuato il futuro confine. Le altre 8 città -perché nel tempo si è aggiunta all’elenco pure Reggio Calabria-, non sono arrivate a tanto. Ovviamente Milano appartiene al secondo gruppo.

A nulla sono servite le varie leggi “Bassanini”, la riforma del titolo V della Carta Costituzionale e persino il disegno di legge presentato l’11 febbraio 2009 per l’istituzione della Città Metropolitana di Milano suona un po’ beffardo. Ricordo che l’iniziativa della costituzione della Città Metropolitana spetta al comune capoluogo o al 30% dei comuni della provincia o delle province interessate oppure ad una o più province insieme al 30% dei comuni della provincia. Sulla proposta la regione deve poi esprimere un parere così come i cittadini mediante un referendum.

Vedete quindi che le modalità di attuazione sono piuttosto contorte, nella migliore tradizione burocratica italiana. Vi è inoltre il “conflitto di interessi” della provincia, l’ente più bistrattato in ogni campagna elettorale nazionale (“aboliremo le provincie e le comunità montane”, dicono tutti, salvo poi il giorno dopo, a urne ancora calde, ostentare amnesie collettive, a destra e a sinistra). Faccio fatica ad immaginare la Provincia di Milano che decide di fare harakiri, che si suicida immolando sé stessa sull’altare della Città Metropolitana.

Di più. Ritengo piuttosto improbabile uno scenario in cui i sindaci di Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo, Cormano, Bresso, etc, offrono spontaneamente una fetta del loro potere in nome di un interesse collettivo. Credo che l’effetto “cadrega” sia ancora troppo intenso. Salvo poi protestare perché il Comune di Milano e l’ATM tagliano le linee extraurbane.

Nello specifico possiamo sintetizzare così le posizioni dei vari enti. Il Comune di Milano è favorevole ad un’aggregazione spontanea con i comuni dell’hinterland, ma senza fretta e di fatto non mette nulla per iscritto (nel PGT); la Provincia vorrebbe semplicemente cambiare nome e diventare lei Città Metropolitana; la Regione non valuta necessaria la costituzione della Città Metropolitana, ritenendo valido l’assetto attuale, anche se vorrebbe una maggiore integrazione tra i vari livelli istituzionali. Ecco spiegata l’assenza del tema nella legge regionale, come dicevamo all’inizio.

Ad oggi il più acceso sostenitore della Città Metropolitana sembrerebbe quindi Guido Podestà che nel novembre 2009 diceva al Corriere della Sera: “Credo nello sviluppo di una grande Milano, dell’area metropolitana, che si interconnette alla città con le metropolitane, che ha una dotazione di verde molto importante, che permette la realizzazione di case per le giovani coppie. Tutto ciò è più facile farlo nella grande area metropolitana e garantirebbe una migliore vivibilità della città e dell’hinterland che ormai sono tutt’uno”. E inoltre. “Il presupposto è che le metropolitane vengano prolungate in ogni direzione in modo tale che lo scambio tra gomma e ferro avvenga fuori città. Questo significherebbe anche minori costi perché i metrò sarebbero allo scoperto. Permetterebbe uno sviluppo armonico di tutte le città intorno a Milano che hanno la loro esigenze di crescita”. Mi chiedo chi vedrebbe bene alla guida di questo nuovo ente, il nostro Podestà?

Tornando al PGT, da una prima lettura dei documenti pubblicati, fatta la tara con la retorica, che annuncia tonnellate di “policentrismo”e chilometri di nuove metropolitane (linee, non città) ma di fatto non impegna nemmeno una risorsa per questi temi, emerge ben poco. Ai comuni limitrofi non si guarda. Né in ottica di trasporti né in ottica di servizi in zone periferiche che possano essere utilizzati anche dai cittadini dell’hinterland. Al contrario si parla di densificazione (all’interno di Milano) e tra le righe -ma neanche tanto- aleggia il vetusto fantasma della città monocentrica.

A dirla tutta se si auspica un incremento demografico, necessario ad abitare la città densa, a meno che non la si voglia densa, ma vuota, l’unica via è quella di attrarre popolazione dall’esterno, dai comuni della provincia. Se questa non è centralizzazione, come la vogliamo chiamare?

 

Pietro Cafiero



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