19 ottobre 2019

QUALE TERRITORIO VOGLIAMO GOVERNARE? COME?

Se i pendolari scioperassero la città si fermerebbe


Nel suo appello alle forze intellettuali-professionali di Arcipelago e dintorni, riguardo il presente PGT, il direttore pone tra le altre la seguente osservazione critica: “sembra paradossale che nel PGT del Comune di Milano non vi sia un collegamento con la Città Metropolitana e che dunque i cittadini metropolitani non possano esprimere alcun parere”.

ballabio

La ragione purtroppo è molto semplice ovvero che la Città metropolitana di fatto non esiste. Se Italo Calvino fosse vivo la includerebbe tra le Città Invisibili, ed al suo sindaco, in quanto pure “metropolitano,” attribuirebbe di certo la parte del Cavaliere Inesistente.

Esiste invece, non da oggi, un’area metropolitana reale costituita da un sistema territoriale, economico e sociale integrato, interdipendente sotto il profilo delle relazioni materiali e di prossimità che resistono e si distinguono rispetto ai collegamenti sconfinati propri della globalizzazione.

Certamente difficile individuare con esattezza la dimensione, e pertanto i confini, di tale area che tuttavia si può assimilare con buona approssimazione al bacino del mercato immobiliare e di quello connesso del mercato del lavoro. Il fenomeno tutt’ora ingente del pendolarismo fornisce la misura del problema, tanto per la periferia dell’area ove il pendolare dorme (e vota), quanto per il centro in cui apporta quotidianamente lavoro, cultura, cura e intrattenimento al pari dei residenti.

L’espressione city users appare pertanto fuorviante e può essere tranquillamente rovesciata: certo utilizzatori ma insieme utilizzati appieno dalla città. Un immaginario sciopero dei pendolari la bloccherebbe seduta stante! La città di giorno pertanto vive una comune “cittadinanza metropolitana”, un’usuale appartenenza che solo la città di notte separa in base alla residenza anagrafica.

Sotto il profilo politico-istituzionale tuttavia le cose cambiano. Anacronistici confini vengono conservati per forza d’inerzia o addirittura inventati per opportunismo di casta e chiusure pseudo identitarie. La vicenda della neo provincia di Monza ne è la prova più evidente: ma veramente riguarda solo la Brianza e non invece la stessa Milano ed il suo hinterland? Il decennale di questa non eclatante avventura sarebbe buona occasione per una reciproca riflessione critica su entrambi i lati della improvvida scissione!

Qui torniamo alla questione del governo del territorio che ha subito nei decenni l’evoluzione, o la degenerazione, della cultura dominante. Se nella seconda metà del secolo scorso erano considerati valori positivi la solidarietà e la condivisione, agli albori del nuovo millennio l’edonismo reaganiano (tradotto in dialetto da Umberto Bossi nella formula “padroni a casa propria”) ha pervaso non solo gli individui ma anche i rappresentanti degli enti locali.

Allora i Comuni furono disposti a condividere la pianificazione territoriale strategica verso un superiore livello intercomunale (il PIM quale organo tecnico-politico, non ancora ridotto a mero centro studi) sotto la responsabilità, nel bene e nel male, dei partiti che avevano nelle autorevoli federazioni provinciali il punto di forza.

Ora invece i Sindaci eletti direttamente e armati di “sacro egoismo locale” trattano il proprio territorio appunto come proprietà, tendendo pertanto a massimizzare la disponibilità dello jus aedificandi nelle maglie di una normativa lasca e malleabile, tra pressioni privatistiche ed spinte a raggranellare preziosi spiccioli per i magri bilanci (la “zecca per battere moneta”, per riprendere una metafora di Mario De Gaspari).

Non stupisce pertanto che in questo contesto l’attuale ente “Città Metropolitana” venga percepito dai comuni, a cominciare ovviamente dal capoluogo dominante (con cui condivide il sindaco questa volta in veste di Visconte Dimezzato), come marginale sul piano amministrativo e insignificante su quello politico. Si spiega pertanto il paradosso iniziale: i cittadini metropolitani, affidati ad un’istituzione di cartapesta, non hanno facoltà neppure di esprimere un emblematico parere!

Valentino Ballabio



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